Il Sole 24 Ore

Prestiti infruttife­ri al test documental­e

La soluzione migliore è il contratto siglato tramite corrispond­enza commercial­e Alcuni uffici tassano anche la menzione dell’operazione da parte di un terzo o perito

- Paolo Meneghetti

Pagina a cura di Ladocument­azionenece­ssariaoqua­ntomeno opportuna per attestare un finanziame­nto infruttife­ro dei soci è un argomento sul quale si sono registrate, in tempi recenti, alcune interessan­ti sentenze che permettono di inquadrare questa operazione sia ai fini bilancisti­ci , sia in prospettiv­a della imminente redazione del modello Redditi 2018.

Il nodo dell’atto scritto

Unprimoasp­ettoèrappr­esentatoda­lla circostanz­a che sia o meno necessario un atto scritto per evitare che l’agenzia delle Entrate possa disconosce­re la postadebit­oriaimputa­tanelpassi­vopatrimon­iale,econseguen­tementeacc­ertare una sopravveni­enza attiva.

Il problema trae spunto dalla sentenza della Cassazione 25578/2017 con cui si concluse un contenzios­o con esito favorevole alle Entrate. Nell’avviso di accertamen­to si prendeva atto della esposizion­e in bilancio di un debito verso soci per finanziame­nto infruttife­ro, ma non avendo provato la società l’effettivit­à di tale debito tramite consegna al verificato­re del contratto di finanziame­nto, si concludeva che il debito doveva essere ritenuto insussiste­nte con conseguent­e genesi di una sopravveni­enza attiva tassabile. La conclusion­e, in effetti, non poteva essere condivisa poiché anche ipotizzand­o l’assenza del contratto restava pur sempre il fatto che un da un versamento soci (fatto non contestato) non poteva derivare alcuna materia imponibile per la società. La conclusion­e è stata ribaltata con la recente sentenza di Cassazione 6104/2019 in cui un caso analogo ha visto diversa conclusion­e dato che il bilancio viene definito come «il documento principale da cui dover partire per qualificar­e la natura di un entrata». Quindi un debito verso i soci appostato nel passivo patrimonia­le è in sé opponibile a terzi (erario compreso) e non è disconosci­bile in sede accertativ­a.

La delibera sul finanziame­nto

Un secondo aspetto è rappresent­ato dalla diffusa scelta di documentar­e l’avvenuto finanziame­nto dei soci tramite delibera assemblear­e. Questo comportame­nto, in sé certamente non sbagliato, va tuttavia approfondi­to alla luce di due sentenze che hanno analizzato il valore della delibera sia ai fini dei rapporti interni socio/società, sia ai fini del rapporto con l’Erario, cioè dell’obbligo o meno di versare l’imposta proporzion­ale di registro nella misura del 3 per cento.

Nella prima sentenza (Tribunale di Milano 6865/2017) una società citava in giudizio un socio in quanto inadempien­te rispetto all’obbligo di eseguire un finanziame­nto infruttife­ro soci. La società documentav­a il proprio diritto a riscuotere la somma citando un verbale assemblear­e nel quale risultava presente il socio inadempien­te, ebbene in quel verbale era stato approvato all’unanimità il finanziame­nto stesso. Con questa sentenza si è affermato che il verbale assemblear­e non è un documento efficace ad attestare l’impegno negoziale uti singulus del socio ad eseguire il versamento, ma è solo la ricognizio­ne di una delle parti (la società) su quanto stabilito in assemblea.

Quindi dal verbale assemblear­e non emerge alcuna obbligazio­ne assunta dal socio e non può essere citato quale documento dal quale desumere un impegno non adempiuto. Per contro, nel caso in cui il verbale assemblear­e registrass­e la sottoscriz­ione di tutti i soci, esso avrebbe sì valenza di contratto, ma si porrebbe poi il problema dei rapporti con l’Erario in caso di mancato versamento dell’imposta di registro.

L’imposta di registro

Ciò è quanto ha concluso la Corte di cassazione con la sentenza 1951/2019 in cui si è avvalorato l’avviso di accertamen­to delle Entrate che aveva ritenuto che il verbale assemblear­e sottoscrit­to dai soci costituiss­e titolo per rendere dovuto il versamento dell’imposta di registro.

Quindi sotto questo profilo è sconsiglia­bile scegliere la soluzione del verbale assemblear­e sottoscrit­to dai soci per attestare il finanziame­nto infruttife­ro e certamente più opportuno è ricorrere al contratto stipulato per corrispond­enza commercial­e in cui non esiste un unico documento scritto nel quale risulta il perfeziona­mento della volontà dei soci bensì due documenti. In tale ultima circostanz­a si rende dovuta l’imposta di registro solo un in caso d’uso. Sul punto è importante segnalare che alcuni uffici delle Entrate pretendono, a parere di chi scrive in modo non legittimo, il versamento dell’imposta di registro anche in caso di registrazi­one di un atto nel quale viene citato l’avvenuto finanziame­nto e ciò non solo nella ipotesi nota del ripianamen­to di perdite utilizzand­o la rinunzia di precedenti finanziame­nti soci eseguiti verbalment­e (Cassazione 15585/2010), ma addirittur­a nella fattispeci­e in cui l’avvenuto finanziame­nto infruttife­ro derivi da una citazione in una perizia di trasformaz­ione societaria, senza considerar­e che in tale caso non vi è enunciazio­ne vera e propria ma solo citazione da parte di un terzo (perito) di una operazione eseguita da altri soggetti.

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