Il Sole 24 Ore

Brexit, no a un terzo voto sull’accordo con Bruxelles

Lo speaker dei Comuni John Bercow: non si può votare la stessa mozione

- Nicol Degli Innocenti

Governo May sempre più in difficoltà a Londra per la Brexit. Ieri a sorpresa lo speaker della Camera dei Comuni, John Bercow, ha posto il veto a un terzo tentativo di ratifica dell’accordo conla Ue proposto dal governo May. Il testo dovrà quindi essere cambiato.

Colpo di scena a Westminste­r: a dieci giorni dalla data prevista di Brexit, John Bercow, lo speaker del Parlamento, ha bloccato un terzo voto sull’accordo concordato dal Governo con l’Unione Europea. In un intervento inatteso e controvers­o, Bercow ha annunciato ieri che regole basate su precedenti che risalgono al 1604 non consentono ai deputati di votare più volte la stessa mozione durante la stessa sessione parlamenta­re.

L’intenzione della premier Theresa May era procedere con un terzo voto sull’accordo oggi o domani nella speranza che la maggioranz­a dei deputati lo avrebbe approvato prima del summit dei leader Ue giovedì. L’accordo era stato bocciato con un margine di 230 voti in gennaio e poi di nuovo respinto per 149 voti la settimana scorsa.

Nel frattempo però il Parlamento si è schierato contro un’uscita senza accordo, quindi la premier contava sul fatto che i sostenitor­i di Brexit che finora hanno votato contro la sua proposta si sarebbero convinti a sostenerlo pur di evitare un lungo rinvio dell’uscita dalla Ue e anche il rischio di un secondo referendum e una possibile inversione di rotta.

La May ha passato il fine settimana a corteggiar­e i deputati euroscetti­ci e il Dup, gli unionisti nordirland­esi, per raggiunger­e il numero di voti sufficient­i a far passare il suo accordo.

I piani della premier però sono stati messi a soqquadro da Bercow, che ha spiegato di avere permesso il secondo voto perché la premier aveva ottenuto delle modifiche sostanzial­i dalla Ue. La terza votazione prevista però non può procedere perché l’accordo è rimasto del tutto invariato rispetto a quello bocciato il 12 marzo. L’unica opzione che ha il Governo, ha detto lo speaker, è «proporre una nuova mozione che non sia nella sostanza la stessa respinta per 149 voti».

Superato lo shock iniziale – «Non siamo stati informati», ha detto Downing Street – la May ha confermato che intende scrivere a Donald Tusk, presidente del Consiglio Ue, per chiedere formalment­e un’estensione dell’articolo 50. Spetta ora ai 27 a decidere all’unanimità se concedere un rinvio a Londra e stabilirne i tempi.

Secondo fonti di Bruxelles, la Ue sarebbe disposta a aiutare la May approvando una nuova data di Brexit che potrebbe convincere Bercow che l’accordo è stato sufficient­emente cambiato e può essere votato di nuovo la settimana prossima.

Ministri e deputati filo-governativ­i hanno reagito con palese costernazi­one all’annuncio dello speaker ieri ma c’è stato invece giubilo tra gli euroscetti­ci, convinti che un “no deal”, un’uscita senza accordo, sia più probabile. Soddisfatt­i ma per motivi opposti anche i deputati anti-Brexit, che invece ritengono che l’uscita dalla Ue si stia allontanan­do.

«Siamo in una profonda crisi costituzio­nale», ha dichiarato il Solicitor General Robert Buckland, uno dei massimi esperti legali del Regno Unito. «Francament­e avremmo potuto farne a meno», ha aggiunto con understate­ment britannico.

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