Brexit, no a un terzo voto sull’accordo con Bruxelles
Lo speaker dei Comuni John Bercow: non si può votare la stessa mozione
Governo May sempre più in difficoltà a Londra per la Brexit. Ieri a sorpresa lo speaker della Camera dei Comuni, John Bercow, ha posto il veto a un terzo tentativo di ratifica dell’accordo conla Ue proposto dal governo May. Il testo dovrà quindi essere cambiato.
Colpo di scena a Westminster: a dieci giorni dalla data prevista di Brexit, John Bercow, lo speaker del Parlamento, ha bloccato un terzo voto sull’accordo concordato dal Governo con l’Unione Europea. In un intervento inatteso e controverso, Bercow ha annunciato ieri che regole basate su precedenti che risalgono al 1604 non consentono ai deputati di votare più volte la stessa mozione durante la stessa sessione parlamentare.
L’intenzione della premier Theresa May era procedere con un terzo voto sull’accordo oggi o domani nella speranza che la maggioranza dei deputati lo avrebbe approvato prima del summit dei leader Ue giovedì. L’accordo era stato bocciato con un margine di 230 voti in gennaio e poi di nuovo respinto per 149 voti la settimana scorsa.
Nel frattempo però il Parlamento si è schierato contro un’uscita senza accordo, quindi la premier contava sul fatto che i sostenitori di Brexit che finora hanno votato contro la sua proposta si sarebbero convinti a sostenerlo pur di evitare un lungo rinvio dell’uscita dalla Ue e anche il rischio di un secondo referendum e una possibile inversione di rotta.
La May ha passato il fine settimana a corteggiare i deputati euroscettici e il Dup, gli unionisti nordirlandesi, per raggiungere il numero di voti sufficienti a far passare il suo accordo.
I piani della premier però sono stati messi a soqquadro da Bercow, che ha spiegato di avere permesso il secondo voto perché la premier aveva ottenuto delle modifiche sostanziali dalla Ue. La terza votazione prevista però non può procedere perché l’accordo è rimasto del tutto invariato rispetto a quello bocciato il 12 marzo. L’unica opzione che ha il Governo, ha detto lo speaker, è «proporre una nuova mozione che non sia nella sostanza la stessa respinta per 149 voti».
Superato lo shock iniziale – «Non siamo stati informati», ha detto Downing Street – la May ha confermato che intende scrivere a Donald Tusk, presidente del Consiglio Ue, per chiedere formalmente un’estensione dell’articolo 50. Spetta ora ai 27 a decidere all’unanimità se concedere un rinvio a Londra e stabilirne i tempi.
Secondo fonti di Bruxelles, la Ue sarebbe disposta a aiutare la May approvando una nuova data di Brexit che potrebbe convincere Bercow che l’accordo è stato sufficientemente cambiato e può essere votato di nuovo la settimana prossima.
Ministri e deputati filo-governativi hanno reagito con palese costernazione all’annuncio dello speaker ieri ma c’è stato invece giubilo tra gli euroscettici, convinti che un “no deal”, un’uscita senza accordo, sia più probabile. Soddisfatti ma per motivi opposti anche i deputati anti-Brexit, che invece ritengono che l’uscita dalla Ue si stia allontanando.
«Siamo in una profonda crisi costituzionale», ha dichiarato il Solicitor General Robert Buckland, uno dei massimi esperti legali del Regno Unito. «Francamente avremmo potuto farne a meno», ha aggiunto con understatement britannico.