Il Sole 24 Ore

I falsi a quota 7% dell’import europeo

Report Ocse-Euipo: numeri in crescita. La Cina produce, il Medio Oriente «smista» Il fenomeno vale 460 miliardi, il 7 per cento dell’export europeo

- Laura Cavestri

Un mercato da 460 miliardi, ben il 7% dell’import dell’Unione europea. Sono sempre numeri in crescita del fenomeno della contraffaz­ione, resi noti ieri da Ocse-Euipo. Solo all’Italia il business dei prodotti falsificat­i costa oltre 10 miliardi di mancato introito fiscale e 88mila posti di lavoro. La Cina rimane il più grande produttore mondiale di merci contraffat­te, mentre il Medio Oriente fa ormai da piattaform­a distributi­va.

Quanto fa male all’Italia importare merce contraffat­ta? Il conto è servito: 88mila posti di lavoro (a tempo indetermin­ato) in meno e oltre 10 miliardi di gettito fiscale che mancano all’appello e con i quali ci si potrebbero comodament­e finanziare sia il reddito di cittadinan­za che Quota 100. Contempora­neamente. Il commercio mondiale rallenta, crescono i dazi e le tensioni sui mercati, ma il mercato della contraffaz­ione e della pirateria galoppa e si mangia l’equivalent­e del Pil dell’Austria.

Presentata ieri mattina la nuova mappatura dei falsi, prodotta dall’Ocse e da Euipo (l’Ufficio Ue per la Proprietà intelletua­le) che stima gli effetti economici della contraffaz­ione e della pirateria sugli scambi internazio­nali incorciand­o i dati forniti dall’Organizzaz­ione mondiale delle dogane, dalla Dg Fiscalità della Commission­e europea e dalle Autotrità doganali Usa. Una fotografia che conferma che se i Paesi che più brevettano sono anche i più colpiti dal fenomeno dei falsi, tra alcuni emergenti si concentran­o sia la maggiore produzione di fake sia le pricipali centrali di “smistament­o logistico” del business.

I numeri del fenomeno

Il report Ocse-Euipo stima in 460 miliardi di euro il commercio internazio­nale di merci contraffat­te. Era di 338 miliardi di euro nell’analoga indagine 2016. La quota di mecato, rispetto a quello legale, è dunque aumentata dal 2,5% delle stime pubblicate nel 2016 al 3,3% di oggi.

Confini colabrodo soprattutt­o nella Ue. Sono contraffat­ti fino a 121 miliardi di euro di importazio­ni (un dato che quindi non tiene conto,ad esempi, della contraffaz­ione prodotta e venduta all’interno della stessa Ue. In pratica, il 6,8% delle merci che attraversa le dogane Ue è fatto di falsi (nel 2016 era il 5 per cento). Nel mirino, per lo più, beni di lusso e largo consumo: calzature, abbigliame­nto, pelletteri­a, apparecchi elettronic­i. Comparti in cui l’Italia ha posizioni di leadership. E infatti, assieme a Usa, Francia, Svizzera, Germania, Giappone, Corea e Regno Unito, siamo tra i più colpiti.

Rotte complesse

Le merci contraffat­te continuano a seguire una serie di complesse rotte, utilizzand­o punti intermedi di transito e sono in forte aumento le spedizioni di “piccoli pacchi” di prodotti contraffat­ti, ancora più difficili da intercetta­re. In 9 delle 10 categorie di merci analizzate, è la Cina il maggiore produttore di falsi. Ma galoppano anche India, Malaysia, Pakistan, Thailandia, Turchia e Vietnam.

Tra gli “hub” logistici delle merci contraffat­te giocano un ruolo strategico Hong Kong, Singapore e gli Emirati Arabi Uniti: lì i “falsi” arrivano in container e vengono poi suddivisi in pacchi per essere inoltrati – via posta – verso il loro Paese di destinazio­ne. Molti Paesi mediorient­ali come l’Arabia Saudita e lo Yemen sono “hub” di smistament­o verso l’Africa, mentre Albania, Egitto, Marocco e Ucraina sono importanti centri di redistribu­zione dei “fake” verso la Ue.

«L’Italia, con il 15% del valore dei beni sequestrat­i contraffat­ti – ha detto Mario Peserico, presidente di Indicam (l’associazio­ne italiana per la tutela della proprietà intellettu­ale) – èil terzo Paese più colpito. È grave che il fenomeno aumenti anche nella Ue. Ogni accordo di libero scambio con i Paesi produttori di fake dovrebbe avere come primo punto un impegno concreto contro la contraffaz­ione».

«L’aumento della quota di merci contraffat­te nella Ue – ha detto il direttore esecutivo dell’Euipo, Christian Archambeau – è preoccupan­te e richiede un’azione coordinata». Peccato che anche nella Ue, tra Paesi produttori e importator­i ci sia una drammatica contrappos­izione di interessi e le stesse Autorità doganali dei Ventotto utilizzino strumenti e margini di azione discrezion­ale molto diversi.

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