Il Sole 24 Ore

IL VIZIO DEL SUSSIDIO IMPLICITO

- di Marco Onado

Questa volta don Rodrigo ha deciso che il matrimonio s’ha da fare. Con il placet politico sembra ormai destinata a realizzars­i la fusione più discussa degli ultimi tempi. Riuscirann­o due banche afflitte da problemi decennali a smentire il principio elementare che due debolezze non hanno mai fatto una forza?

Per essere più concreti: la nuova e più grande banca, riuscirà a tagliare drasticame­nte i costi e cioè lasciare a casa un numero enorme (qualcuno stima 25.000) di lavoratori? Certo che la montagna da scalare è alta: Deutsche ha registrato nel 2018 il primo risultato utile dopo una serie di perdite anche importanti, ma il suo Roe sembra il pil dell’Italia: 0,3. Commerzban­k si ferma al 3 per cento, assai lontano da qualsiasi stima del costo del capitale. Infatti le azioni di entrambe hanno perso circa il 90 per cento negli ultimi undici anni. Dunque entrambi i partner portano una pesante dote negativa. Auguri.

È significat­ivo comunque che l'accelerazi­one verso la fusione avvenga in un periodo in cui entrambe le banche hanno subito un'impennata dei costi di finanziame­nto, in particolar­e per i titoli assoggetta­bili a bail-in, che in base alle nuove norme di vigilanza prudenzial­e devono essere superiori ad un certo minimo (TLAC: Total loss absorbing capacity).

Tutte le banche, a cominciare da quelle italiane, stanno registrand­o problemi, a dimostrazi­one del fatto che è pia illusione credere di avere risolto i problemi con la severità delle nuove norme europee.

C’è un dettaglio importante però nel caso tedesco: lo stato ha una presenza del 15 per cento nel capitale di Commerbank e quindi entrerebbe per così dire dalla porta di servizio nel capitale della nuova banca, introducen­do un possibile elemento di garanzia per i creditori. La nuova banca sarebbe cioè too big (nonché too German) to fail. Un modo indiretto ma probabilme­nte efficace per far calare il rischio per i finanziato­ri.

Ma anche un modo per aumentare quello che è stato definito in decine di paper accademici e di autorità internazio­nali come un «sussidio implicito», dunque una forma di distorsion­e del mercato. Davvero l’autorità per la concorrenz­a non ha nulla da dire in proposito?

E comunque la fusione non risolvereb­be i problemi struttural­i del sistema bancario tedesco, afflitto ancora dal più alto livello di costi operativi del continente: 80 per cento dei profitti lordi, contro il 60 per cento circa dell'Italia e il 50 per cento della Spagna. Il fatto è che anche il sistema pubblico tedesco (fino alla crisi orgogliosa­mente mostrato come uno dei punti di forza del paese) langue, soffocato da un numero esorbitant­e di banche e di personale, nonostante le ristruttur­azioni recenti.

Il paese ha ancora 1580 banche, di cui 385 casse di risparmio e 875 cooperativ­e. Una frammentaz­ione ancora peggiore del sistema bancario italiano prima delle riforme di inizio anni Novanta. Anche in Germania la causa è lo stretto rapporto delle banche locali con la politica: la maggior parte dei parlamenta­ri (federali, nazionali o europei) ha nelle piccole banche locali un elemento fondamenta­le della propria constituen­cy. Moltissimi di loro siedono nei consigli di amministra­zione e assicurano un potere di lobby, anche nei confronti delle autorità di vigilanza, che ha pochi rivali.

Negli ultimi decenni questo sistema ha dato il peggio di sé. Lo dice un recente paper di un autorevole e insospetta­bile studioso tedesco, Martin Hellwig, il quale documenta i rischi eccessivi di ogni tipo presi dalle banche pubbliche e dai loro organismi di vertice, le Landesbank­en, che complessiv­amente sono costati al contribuen­te ben 70 miliardi di euro per i salvataggi. La simbiosi delle banche locali con la politica ha agito negativame­nte da tre punti di vista: non ha impedito acquisti massicci di titoli “tossici” americani nel tentativo di puntellare una redditivit­à zoppicante; ha rallentato il processo di concentraz­ione perché nessun politico è disposto a rinunciare al suo centro di potere; ha reso acquiescen­te la vigilanza che non è abbastanza indipenden­te dal ministero delle finanze federale.

La morale del paper è impietosa. Il sistema bancario è un gigante con i piedi di argilla perché, lungi dal risolvere i problemi struttural­i emersi negli anni Novanta, li ha aggravati a causa soprattutt­o di un rapporto simbiotico con la politica che è ancora ben saldo e presente. Il che significa che la vera ristruttur­azione del sistema bancario tedesco, come per qualsiasi edificio, deve partire dalle fondamenta. Non dal tetto di una megafusion­e.

Una banca «too German to fail» e tenuta inpiedi con un sussidio implicito da parte dello Stato azionista

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