Salvini incalza sulla flat tax Lite nel governo, Conte media
Il leader leghista: «Leggo cifre strampalate, ma per iniziare bastano 12-15 miliardi». Tria: nessuna stima dal Mef. No di Lezzi e Castelli, Di Maio apre
Alla vigilia del consiglio dei ministri che dovrebbe far partire lo sbloccacantieri, riscoppia il caso Flat Tax. Ad accendere la miccia è il rilancio della tassa piatta da parte del vicepremier Salvini, secondo il quale la Flat Tax «è una priorità, e le coperture ci sono». Il tema, in una riedizione dei dibattiti che hanno preceduto il contratto di governo, scalda meno i Cinque Stelle, che con la sottosegretaria al ministero dell’Economia Laura Castelli ricorda la proposta M5S a tre aliquote. Dal ministero per il Sud l’altra pentastellata Barbara Lezzi chiude dicendo che «la Flat Tax per le famiglie è una promessa che non si può mantenere», guadagnandosi un secco «pensi al Sud» da Salvini.
A cercare di contenere l’ennesima lite nella maggioranza interviene il premier Conte nel suo ormai consueto ruolo di mediatore. «La Flat Tax è nel contratto di governo e sicuramente va completata», spiega. Ma aggiunge: «Non ho sul tavolo un progetto, ci stanno lavorando le forze politiche». «Troveremo una soluzione», aggiunge l’altro vicepremier Di Maio.
Il tema oggi è più pre-elettorale che operativo. E l’assenza di un progetto definito spiega anche la presa di distanza del ministro dell’Economia Tria dal nuovo balletto di cifre di questi giorni. «Non c’è nessuna stima fatta su una riforma che né io né il Mef abbiamo mai ricevuto» spiega in mattinata il titolare dei conti italiani respingendo le polemiche su un ipotetico “studio Mef” che avrebbe calcolato in 59,3 miliardi il costo di una «Dual Tax» con aliquote al 15% per i redditi fino a 80mila euro (e deduzioni a scalare per i redditi fino a 50mila euro) e al 20% per quelli superiori.
L’ordine di grandezza, in realtà, è verosimile; ma si tratterebbe del costo lordo del semplice abbattimento di aliquote (come mostrato da una simulazione sul Sole 24 Ore del 12 maggio 2018, alla vigilia del contratto di governo). Ma nel conto bisogna considerare anche il dare-avere creato dal fatto che le nuove aliquote si porterebbero dietro una revisione integrale del sistema di deduzioni e detrazioni. Anche per questo Salvini sostiene che «per iniziare bastano 12-15 miliardi», riprendendo i dossier elaborati dal suo consigliere economico Armando Siri. Lo stesso Siri potrebbe incontrare questa mattina il ministro Tria per confrontarsi su una proposta più compiuta di primo intervento, articolato su un orizzonte pluriennale. Lo stesso Tria, sempre ieri, ha del resto ricordato che la riforma Irpef ha bisogno di tempo, perché «si può fare man mano che l’evasione viene ridotta, e man mano che si rivedono le spese dello Stato».
Non va dimenticato che il lavorio sul tema parte da lontano. Già in piena estate, prima della messa a punto della manovra, al ministero dell’Economia erano state studiate a livello tecnico diverse ipotesi di ridisegno della curva Irpef, intervenendo sia sugli scaglioni sia sulle aliquote. Sul tavolo si è affacciata anche un’ipotesi a tre aliquote, parallela a quella ipotizzata dal Movimento 5 Stelle mentre la Lega ha sempre lavorato sulla Dual Tax. Una prospettiva da ultimo rilanciata da Siri su queste pagine (Sole 24 Ore del 1° marzo), con l’ipotesi di partire da un’aliquota al 15% per i redditi famigliari fino a 50mila euro.
La scorsa estate i margini ristretti della finanza pubblica hanno imposto di concentrarsi sull’ampliamento del regime forfettario per le partite Iva fino a 65mila euro, ora in via di mini-correzione con la norma che dovrebbe introdurre l’obbligo di effettuare le ritenute da parte dei forfettari che sono anche datori di lavoro. Ma tra peggioramento della congiuntura e maxi-clausole Iva, nemmeno la prossima manovra sembra un terreno semplice per far debuttare davvero la tassa piatta delle famiglie.
Oggi possibile incontro tra il ministro dell’Economia e il leghista Armando Siri per discutere il dossier