SALVINI, DI MAIO E TRIA, LA GARA PER INTESTARSI IL RILANCIO
Se in questi giorni e in queste ore c’è un sovraffollamento di proposte e di bozze su come sbloccare i cantieri o se Tria lancia le misure urgenti per contrastare la crisi, è perché – anche se in ritardo – si è arrivati al nocciolo della questione italiana che non è più rinviabile: l’emergenza economica. Quasi un ingorgo di iniziative che ha un unico senso politico, quello che ciascuno deve giocare la sua partita per non lasciarsi scippare (in campagna elettorale) la paternità del rilancio. Ed è tanto più vero perché tutte queste iniziative nascono autonomamente, senza un concerto, una condivisione, una regia. Il Mef ha scritto il suo testo, Di Maio e Toninelli stanno preparando la loro bozza sui cantieri, la Lega fa sapere di aver inviato la sua già da tempo al premier. E il livello di diffidenza è tale che sembra il sottosegretario Giorgetti abbia chiesto una riunione politica prima di scrivere l’ordine del giorno del pre-consiglio e del Consiglio dei ministri che altrimenti avrebbe lasciato in bianco.
Dunque, sull’economia ciascuno gioca la sua partita ed è diversa per tutti. Si comincia da Di Maio, che deve scrollare di dosso da sé e dai 5 Stelle la reputazione di quelli che bloccano lo sviluppo. La vicenda del “No Tav” è stata usata dai leghisti per disegnare i loro alleati come ostili all’apertura dei cantieri e, dunque, ora mettere la prima firma dei ministri grillini su un testo che li sblocca è essenziale. Poi c’è il ministro Tria che di fronte all’emergenza non può stare fermo e lasciar fare ai due azionisti di Governo. È come se, con il pacchetto che ha messo a punto, volesse dire che il suo dovere da titolare dell’Economia l’ha fatto e che se Salvini e Di Maio non dovessero prendere in considerazione le sue misure, la responsabilità della crisi ricadrebbe solo su di loro.
Infine c’è Salvini. Per lui la partita è più articolata, innanzitutto perché le sue battaglie politiche sono agli sgoccioli: fatta l’immigrazione e la sicurezza ora resta solo la legittima difesa. Misure che ormai vengono date per acquisite dagli elettori e quindi è necessario passare ai temi economici. E su questi non può perdere la leadership nel Governo soprattutto per una ragione su cui premono i suoi fedelissimi al Nord: che deve tenersi lo zoccolo duro dell’elettorato “padano”. E l’economia è un tema chiave in quelle aree. Lo spettro è quello di Renzi che cambiando “verso” al partito e guardando al centro è prima - riuscito ad arrivare al 40% ma poi ha perso pure i voti tradizionali di sinistra. E così la Lega considera che l’elettorato del Sud sia più fluido mentre sia indispensabile non trascurare il “feudo” del Nord. Per questo Salvini non molla la presa sui cantieri e rilancia la bandiera della flat tax per la campagna elettorale. Chiaro che i 5 Stelle abbiano risposto dicendo che non ci sono i soldi. Tra l’altro, in una recente riunione di leghisti sulle europee, si è messo a fuoco questo aspetto: che l’unico lato su cui resta scoperto Salvini è proprio il versante più critico dell’economia. E che quindi su questo bisognerà battersi giocandosi la carta della credibilità e alimentando la diffidenza verso l’alleato grillino.