Il no all’«acconto colf» regalo da 500 milioni agli evasori
Non passa l’emendamento al decretone che prevedeva un anticipo Irpef del 15%
Lo stop sul nascere a un prelievo Irpef del 15% sui redditi di colf e badanti si trasforma in un regalo del Parlamento agli evasori. E stando alle stime elaborate per sostenere l’emendamento al “decretone” su cui venerdì scorso, governo, maggioranza e opposizioni non hanno trovato un punto di incontro, si tratta di un regalo da quasi 500 milioni (per l’esattezza poco più di 475 milioni) a chi le tasse continuerà a non pagarle. A tanto infatti ammontava la stima del gettito che l’Erario avrebbe potuto recuperare se si fosse approvata l’introduzione, «a partire dal 1° settembre 2019, di una ritenuta alla fonte a titolo di acconto dell’imposta sul reddito delle persone fisiche con aliquota al 15%». Una stima per difetto in quanto all’appello mancherebbe anche la tassazione a titolo di acconto delle somme versate molto spesso dai datori di lavoro per effetto di «provvedimenti dell’autorità giudiziaria o di transazioni» ai loro ex collaboratori domestici che puntualmente non dichiarano al Fisco. Ma andiamo con ordine.
Cosa prevedeva l’emendamento delle relatrici al decretone? Per garantire la copertura del pensionamento anticipato dei lavoratori impegnati in attività gravose, le risorse sarebbero state recuperate dall’introduzione di una ritenuta alla fonte a titolo di acconto di un’aliquota Irpef al 15% sui redditi di lavoro domestico. Nell’acceso dibattito parlamentare che si è innescato, le opposizioni sono arrivate a parlare di «volontà del Governo di introdurre una nuova tassa a carico del lavoro domestico (...) per tutelare i lavoratori gravosi», mentre il Governo sosteneva che è nella sua facoltà e in quella del legislatore «introdurre una nuova tassazione al fine di determinare nuovo gettito» a copertura di nuovi oneri per la finanza pubblica. Con il risultato che dell’emendamento non se ne è fatto nulla, sulla base di un presupposto errato: una ritenuta Irpef del 15% non è una nuova tassa ma il meccanismo che consente di tracciare somme erogate a titolo di reddito e dunque soggette sempre a tassazione già a legislazione vigente per la parte che eccede la no tax area. In sostanza chi supera gli 8.100 euro della non tax area non è mai esentato dal versamento dell’Irpef anche se svolge lavoro domestico.
Nessuna nuova «Colf-tax» così come è stata ribattezzata, ma un meccanismo per recuperare il sommerso dovuto all’ omessa presentazione della dichiarazione dei redditi e all’omesso versamento delle imposte. L’effetto di una tassazione ridotta e di una ritenuta alla fonte avrebbe, infatti, spinto all’emersione e al contrasto al sommerso. Sommerso che, stando alla relazione sull’economia non osservata e sull’evasione fiscale e contributiva (anno 2018), ha una base imponibile evasa pari a 8,408 miliardi per il solo settore «Personale domestico famiglie».
Anche le paure di trasformare il datore di lavoro in sostituto di imposta sarebbero state superate dal meccanismo di applicazione della ritenuta alla fonte: l’importo sarebbe stato calcolato trimestralmente dall’Inps e versato con i contributi entro il 10 del mese successivo al trimestre di riferimento. Nulla di più di quanto oggi accade per datori e lavoratori onesti che si dichiarano al Fisco e alla previdenza. In più i lavoratori sarebbero stati assistiti dalla stessa agenzia delle Entrate con la dichiarazione precompilata grazie all’incrocio dei dati con l’Inps. Una riscrittura della norma per fare chiarezza ed evitare equivoci potrebbe trovare posto nel decreto crescita.