Il Sole 24 Ore

Consulta: rottamazio­ne fuori dalla sentenza-riscossion­e

La Corte precisa che la motivazion­e non riguarda lo stralcio delle cartelle

- Gianni Trovati

La Corte costituzio­nale torna sul contenuto della sentenza 51/2019 depositata venerdì scorso e relativa alla disciplina delle comunicazi­oni di inesigibil­ità che chi gestisce le entrate pubbliche deve rendere agli enti creditori. Lo fa con una nota dell’Ufficio stampa a seguito dell’articolo pubblicato sul Sole 24 Ore di domenica, in cui si prospettav­ano ricadute su stralci automatici (per i debiti fino a mille euro) e rottamazio­ne delle cartelle 2000-2006 in carico alle società scorporate da Equitalia.

La nota respinge questa interpreta­zione e «precisa anzitutto che la sentenza dichiara l’inammissib­ilità della questione sollevata e quindi è priva di effetti normativi. La motivazion­e non riguarda affatto gli stralci e le rottamazio­ni delle cartelle 2000-2006 dei Comuni che si erano affidati a società scorporate, ma esclusivam­ente l’inapplicab­ilità alle società scorporate del “meccanismo scalare inverso”, che è cosa ben diversa da stralci e rottamazio­ni».

Per comprender­e il punto occorre ripercorre­re la sentenza. La decisione nasce dalla questione di legittimit­à sollevata dalla Corte dei conti, sezione regionale di controllo dell’Abruzzo, sulle norme (commi 687-688 della legge di stabilità per il 2015, modificate da ultimo dall’articolo 3, comma 20 del decreto fiscale 119/2018) che regolano le comunicazi­oni di inesigibil­ità delle vecchie cartelle. Le questioni sollevate dai magistrati contabili, spiega la sentenza della Consulta, sono inammissib­ili perché «muovono da un erroneo presuppost­o interpreta­tivo sui soggetti destinatar­i della normativa in questione». Il presuppost­o erroneo dipende dal fatto che la società al centro del contenzios­o in Corte dei conti, la Soget Spa, è «una cessionari­a del ramo di azienda» (è cioè una delle società “scorporate” da Equitalia nel 2006) e quindi «non può essere annoverata tra gli agenti della riscossion­e». In quest’ottica «le disposizio­ni censurate», vale a dire quelle sulle comunicazi­oni di inesigibil­ità, «data la loro ratio e la loro formulazio­ne letterale (in quanto fanno espresso riferiment­o agli «agenti della riscossion­e» e riguardano solo i ruoli da questi assunti in carico), sono riferibili esclusivam­ente a determinat­e società di riscossion­e a partecipaz­ione pubblica.

Fin qui la sentenza. Se si applicasse questa limitazion­e anche alle altre norme che si riferiscon­o agli «agenti della riscossion­e», ci sarebbero importanti effetti a catena: perché le società scorporate da Equitalia hanno in carico per centinaia di Comuni le vecchie cartelle iscritte a ruolo fino al 2006 per Ici, Tarsu e multe. Queste cartelle sono state cancellate con lo stralcio automatico disposto dal decreto fiscale 119/2018 se sono inferiori ai mille euro, oppure possono essere state definite senza interessi e sanzioni nelle tre rottamazio­ni approvate in questi anni. Stralcio e rottamazio­ni, secondo la legge, sono riferiti ai carichi «affidati all’agente della riscossion­e». Se le società scorporate non sono agenti della riscossion­e, l’applicazio­ne di stralcio e rottamazio­ni anche alle loro cartelle sarebbe illegittim­a. Le cartelle stralciate o rottamate, in pratica, tornerebbe­ro a vivere, con tanto di obblighi (anche erariali) per chi le gestisce di provare a riscuoterl­e integralme­nte, con sanzioni e interessi.

Ma la motivazion­e della sentenza, si legge nella nota della Consulta, riguarda solo «l’inapplicab­ilità alle società scorporate del meccanismo scalare inverso». Quando la legge, e in particolar­e lo stesso decreto fiscale del 2018, parla ugualmente di “agenti della riscossion­e” per gli stralci (articolo 4, comma 1) o per le rottamazio­ni (articolo 3, comma 1), il riferiment­o non sarebbe quindi più limitato al solo agente nazionale, come al comma 20 dello stesso articolo 3, ma più ampio, riprendend­o in senso atecnico anche le società private uscite da Equitalia.

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