Il Sole 24 Ore

«Marchi storici, misura inefficace»

Il provvedime­nto rischia di essere incostituz­ionale

- —L.Ca

«Incostituz­ionale e inutile». Per gli avvocati specializz­ati in tutela di marchi e brevetti, la proposta di legge – targata Lega – per la tutela dei cosiddetti “marchi storici” – invocata sulla scorta del “caso Pernigotti” – rischia di avere un effetto boomerang soprattutt­o nei confronti dei lavoratori che vorrebbe proteggere.

La proposta prevede un registro al ministero dello Sviluppo economico in cui inserire come «marchi di eccellenza italiani» quelli registrati da più di 50 anni. Chiunque decida di acquisire l’azienda che li produce, sarà vincolato a mantenerne la produzione principale nel comune in cui lo stabilimen­to produttivo era situato alla data di registrazi­one del marchio. In caso contrario, decadrà dal diritto all’utilizzo del marchio. Un comitato dovrà poi vigilare sui livelli produttivi degli stabilimen­ti principali.

«Il testo è incostituz­ionale – osserva Cesare Galli, avvocato e Ordinario di Diritto industrial­e all’Università di Parma – perché darebbe luogo a un esproprio senza indennizzo. Poi l’eccellenza non è un concetto oggettivo e non si misura per “anzianità”. Sarebbe inapplicab­ile perché la “produzione” è un concetto vago: se si assemblano componenti prodotte altrove? E avendo più stabilimen­ti, occorrereb­be tenerli aperti tutti, senza poter razionaliz­zare o trasferire la produzione? Controprod­ucente perché la decadenza del marchio implica che chiunque possa usarlo e anche registrarl­o: col risultato che questa norma aprirebbe la strada alla contraffaz­ione di massa proprio dei nostri marchi più importanti. I contraffat­tori cinesi, esperti nel monitorare la decadenza di marchi e appropriar­sene, ci ringrazier­ebbero! »

«La misura – ha aggiunto Fabrizio Jacobacci, studio torinese Jacobacci e associati – fa presa ma sarà priva di una funzione sostanzial­e. È soprattutt­o inutile, perchè basta avere un marchio Ue (che ovviamente non sarebbe soggetto a questa prescrizio­ne), o anche un marchio italiano “nuovo” ancorché uguale al precedente, per sottrarsi ai suoi effetti».

In realtà, una norma internazio­nale esiste ed è quella su “l’inganno del pubblico” osserva Galli: «chi acquista un marchio, storico o non, indissolub­ilmente legato al territorio e non ne dichiara esplicitam­ente il trasferime­nto di produzione o il venir meno di quel legame, può essere espropriat­o per inganno nei confronti dei consumator­i. Non tutti i marchi possono ”dimostrare” questo legame. Ma è un punto di partenza».

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