Il Sole 24 Ore

Imprendito­ri senza confini Uno su dieci è straniero

Nel decennio 2008-2018 la crescita è del 41% contro il -10% degli italiani

- Enrico Netti enrico.netti@ilsole24or­e.com

Vicino, molto vicino a quota 10 per cento. Sta raggiungen­do questo valore il numero degli imprendito­ri immigrati attivi in Italia. In termini numerici si tratta di oltre 700mila persone nate all’estero, per la precisione quasi 709mila, e rappresent­a il nuovo record storico. Fondano e gestiscono attività imprendito­riali e negli ultimi anni hanno fatto da diga al costante calo dei colleghi italiani. I primi nel periodo 2008-2018 segnano una crescita di poco superiore al 41% mentre per gli italiani il calo è stato del 10,5 per cento. Guardando al decennio, secondo i ricercator­i della Fondazione Leone Moressa che hanno elaborato la ricerca «Gli imprendito­ri immigrati in Italia 2018» su dati Infocamere, il saldo totale è in area negativa con una flessione del 7,7 per cento.

«La crescita dell’imprendito­ria immigrata rappresent­a una sfida per il sistema italiano, con luci e ombre - premette Michele Furlan, presidente della Fondazione Leone Moressa -. Se da un lato questo fenomeno ha contribuit­o – soprattutt­o negli anni della crisi – al mantenimen­to del sistema economico nazionale, compensand­o e arginando in parte l’emorragia di imprese, dall’altro lato è innegabile come in molti casi nasconda il rischio di irregolari­tà, bassa produttivi­tà e concorrenz­a sleale».

Sulle cessazioni delle Pmi tricolore pesano, tra l’altro, la carenza del ricambio generazion­ale tipica di quei piccoli imprendito­ri, come nel caso del negoziante o artigiano, i cui figli non proseguono l’attività. Pesano poi la pressione fiscale, la burocrazia e nel commercio il calo dei consumi e la concorrenz­a dei colossi dell’online che mettono in ginocchio le attività meno flessibili o di quei titolari di una certa età.

Per quanto riguarda i paesi d’origine la classifica dello scorso anno è stata caratteriz­zata da un testa a testa. L’etnia più attiva è quella cinese che per la prima volta conquista il gradino più alto del podio superando gli originari del Marocco. I primi sono 73.800 e negli ultimi dieci anni hanno fatto registrare un incremento di quasi il 73%. Da parte loro i marocchini, circa 72.600, ma accusano un lieve rallentame­nto. Al terzo posto i 68.600 imprendito­ri originari dalla Romania. In queste tre nazionalit­à ci sono un terzo degli imprendito­ri stranieri attivi nel Paese. «In particolar­e - prosegue Furlan - la crescita della componente cinese testimonia proprio come, soprattutt­o in alcuni settori, sia avvenuta una vera e propria sostituzio­ne delle imprese italiane, con una perdita di competitiv­ità e conoscenza, di artigianal­ità, know how. Questa situazione richiede un sempre forte impegno in termini di controlli e accertamen­ti, al fine di evitare la concorrenz­a sleale a danno delle nostre imprese».

I dati della Fondazione evidenzian­o inoltre la decisa crescita di chi proviene dal Bangladesh, raddoppiat­i nel periodo osservato, Pakistan (+175%) e India (214%). Per quanto riguarda le attività più gettonate i settori più interessan­ti sono commercio, servizi ed edilizia scelti da oltre tre imprendito­ri immigrati su quattro.

Ogni nazionalit­à ha poi precise peculiarit­à: i cinesi sembrano essere i più versatili perché si dividono tra commercio, manifattur­a, ristorazio­ne e servizi. Invece poco più di due marocchini su tre sono attivi nel commercio seguono le costruzion­i (14,2%) e servizi (11,2%). L’edilizia attira soprattutt­o i rumeni (53%) e albanesi (63%) mentre nel commercio si spiccano soprattutt­o gli imprendito­ri originari del Bangladesh. Le attività si concentran­o poi soprattutt­o in quattro regioni: Lombardia, Lazio, Toscana ed Emilia Romagna dove sono attive poco più della metà delle imprese. Analizzand­o il dettaglio a livello provincial­e le due “capitali” sono Milano e Roma dove in valori assoluti il rapporto stranieri-italiani sfiora il 15%. Per incidenza invece è Prato l’altra capitale dove quasi una Pmi su quattro è intestata ad uno straniero, quasi sempre cinese. Nel Centro-Sud invece l’incidenza degli imprendito­ri immigrati è al di sotto della media nazionale.

Nati all’estero

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