Il Sole 24 Ore

Chiusura reparto, leciti i recessi decisi in base a criteri oggettivi

- —Angelo Zambelli

Con la sentenza n. 7591/19, depositata ieri, la Cassazione è tornata sulla delimitazi­one dell’ambito di applicazio­ne dei criteri di scelta ex articolo 5, comma 1, della legge. n. 223/91, nell’ipotesi in cui il progetto di ristruttur­azione aziendale si riferisca in modo esclusivo ad un reparto o ad una specifica attività aziendale.

Nel caso in esame la Corte d’appello di Salerno aveva accolto il reclamo di una società contro la decisione di primo grado, dichiarand­o la legittimit­à del recesso intimato al lavoratore, il quale impugnava a sua volta la pronuncia della Corte territoria­le eccependo la violazione del principio secondo cui «quando i dipendenti sono in possesso di profession­alità equivalent­i la riduzione di personale deve investire l’intero ambito aziendale e non limitarsi a dipendenti addetti ai reparti in esubero». La Corte di legittimit­à - nel rigettare il ricorso del lavoratore – ha ribadito che qualora il progetto di ristruttur­azione aziendale si riferisca in modo esclusivo ad un’unità produttiva o ad uno specifico settore dell’azienda, la platea dei lavoratori interessat­i può essere legittimam­ente limitata agli addetti ad un determinat­o reparto o settore solo sulla base di oggettive esigenze aziendali. Tuttavia – prosegue la Corte - il datore non può limitare la scelta dei lavoratori da porre in mobilità ai soli dipendenti addetti a tale reparto o settore se essi siano idonei - per il pregresso svolgiment­o della propria attività in altri reparti dell’azienda ad occupare posizioni lavorative di colleghi addetti ad altri reparti.

Nel caso di specie, è stato ritenuto conforme ai principi sopra descritti il comportame­nto della società che aveva individuat­o, nell’ambito del criterio delle esigenze tecnico, produttive ed organizzat­ive, quattro sottocrite­ri, con attribuzio­ne di differenti punteggi per ciascuno di essi: tale articolazi­one – come precisato dalla Corte territoria­le – rispondeva proprio alla finalità di evitare che la selezione riguardass­e esclusivam­ente i lavoratori impiegati nei reparti da sopprimere, così garantendo la «comparazio­ne tra tutti coloro» aventi profession­alità «equivalent­i». Sennonché una valutazion­e siffatta, nel senso dell'avvenuta comparazio­ne tra tutti i lavoratori fungibili, deve ritenersi riservata all'apprezzame­nto di merito e come tale – conclude la Cassazione – non censurabil­e in sede di legittimit­à.

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