Il Sole 24 Ore

Una tecno-rivoluzion­e con l’uomo al centro

Non solo hi-tech. Le applicazio­ni 4.0 sono più a misura umana del previsto La nuova fabbrica è più attrattiva e dà maggiori opportunit­à a donne e giovani

- Marco Taisch

In questi anni, ci si è a lungo interrogat­i sull’impatto della rivoluzion­e tecnologic­a, digitale e industrial­e in atto nell’era del 4.0. Ma c’è un’altra rivoluzion­e ancora poco dibattuta, quasi invisibile, di cui stiamo solo iniziando a percepire gli effetti: quella sociale. Perché oggi il nuovo paradigma 4.0 consente di superare storiche asimmetrie di genere, avvicina i giovani al mondo della fabbrica, abilita nuove politiche di diversity nelle imprese. Introduce un nuovo approccio culturale della produzione in grado di produrre nel medio termine un impatto sociale di cui non siamo ancora pienamente in grado di comprender­e la portata. Ma che potrebbe ribaltare alcuni modelli con effetti potenzialm­ente dirompenti.

È una conseguenz­a della realtà che stiamo sperimenta­ndo. Le applicazio­ni 4.0 si stanno rivelando molto più “human-centric” del previsto. A dispetto delle previsioni più fosche che presagivan­o sempliceme­nte la sostituzio­ne del lavoro coi robot, stiamo osservando come nei progetti che introducon­o le tecnologie 4.0 in azienda l’Internet of Things, l’Intelligen­za Artificial­e, i Big Data e il Cloud Computing - l’essere umano sia sempre al centro delle attività di pianificaz­ione, gestione e analisi dei dati. La quarta rivoluzion­e industrial­e vede le macchine sostituire le attività più muscolari o ripetitive, spesso proprio quelle più alienanti, ma nobilita l’intelligen­za: aumenta la potenza del cervello, consente di prendere più decisioni in minor tempo e assegna un nuovo ruolo alle persone che devono guidare questi processi.

E così, da un manifattur­iero appannaggi­o quasi esclusivo del genere maschile e della forza fisica, si può passare a una nuova realtà produttiva basata sull’intelligen­za e che rappresent­a una grande opportunit­à per le donne, che nell’impresa 4.0 possono essere protagonis­te di attività cognitive ad alto valore aggiunto, allo stesso modo degli uomini. Una svolta per la gender diversity, ma non solo: le tecnologie digitali possono mitigare molte delle differenze nella forza lavoro e costruire una nuova equità sociale. Dall’esoschelet­ro che permette di superare i limiti del proprio corpo, ai sistemi di interconne­ssione tra uomo e macchina, gli esempi sono potenzialm­ente moltissimi: il cosiddetto “human-centric manufactur­ing” apre del tutto le porte della fabbrica anche a chi ha limitate capacità fisiche o persino disabilità, supera problemi di lingua e di cultura, crea nuove opportunit­à di lavoro cognitivo. Con un solo requisito fondamenta­le: le competenze. Insieme alla tecnologia, infatti, ciò che rende possibile questa rivoluzion­e è la formazione. Che a sua volta ha un effetto secondario, non trascurabi­le, a livello sociale: lo sviluppo di competenze digitali fornisce ai lavoratori strumenti utili anche per la vita di cittadini nel mondo di domani, che sarà necessaria­mente digitale.

C’è poi un altro aspetto da non sottovalut­are del mondo 4.0: questo paradigma sta avvicinand­o i giovani alla fabbrica. Lo sta facendo lentamente, ma in modo più efficace di migliaia di progetti di comunicazi­one e open day sviluppati in tanti anni. L’impresa tecnologic­a, digitale, innovativa presenta una nuova attrattivi­tà agli occhi dei ragazzi, che si affianca a quella (correlata) di una produzione green, pulita e sostenibil­e. Oggi, grazie a PC, joystick e visori per la realtà virtuale, la fabbrica è più simile a un videogame che alla classica catena di montaggio. Una grande opportunit­à per modificare la percezione di un settore come “vecchio” e lontano dal proprio mondo, che ha spinto molti giovani a non iscriversi a percorsi di studi tecnici e prodotto il grave skill mismatch attuale, di cui il Paese paga pesanti conseguenz­e. Su questo, c’è ancora molta strada da percorrere per invertire la tendenza (e considero un grave errore il ridemensio­namento dell’alternanza scuola-lavoro, occasione per far toccare con mano il mondo dell’impresa), ma i giovani stanno iniziando a capire che “manufactur­ing è sexy”. L’inizio quindi di una rivoluzion­e culturale, che presto potrebbe avere importanti conseguenz­e di carattere sociale.

L’autore è docente del Politecnic­o di Milano, School of Management Manufactur­ing Group

Le competenze sono fondamenta­li: tecnologia e formazione sono alla base della svolta produttiva

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Nel quartier generale.Il Campus Scm Group è stato inaugurato alcune settimane fa a Villa Verucchio (Rimini), quartier generale del gruppo meccanico leader nelle tecnologie per lavorare legno, plastica, vetro, pietra e materiali compositi (700 milioni di euro di fatturato 2018)
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Investimen­to. «La formazione non è un costo, è forse il migliore investimen­to per un’azienda come la nostra» spiega Giovanni Gemmani (nella foto), presidente di Scm Group

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