Il Sole 24 Ore

L’ecosistema delle startup adesso punta sul territorio

Venture capital. Le politiche di supporto passano per sistemi di finanziame­nto su base regionale

- Guido Romeo

«Non investire mai in aziende a più di un’ora di macchina dal tuo ufficio» è un meme dei venture capitalist della Silicon Valley. «Per sviluppare un ecosistema dell’innovazion­e ci vogliono fondi locali, ma soprattutt­o un ottimo meccanismo di selezione e valutazion­e accompagna­to da competenze specializz­ate e indipenden­ti da clientelis­mi locali perché il venture non porta solo denaro, ma anche intelligen­za su come sviluppare un business e arrivare sul mercato», sottolinea Alberto Di Minin, professore di management presso la Scuola Sant’Anna di Pisa.

L’Italia, che a livello nazionale si è mossa solo recentemen­te per promuovere lo sviluppo di un venture capital su una scala competitiv­a a livello europeo, da tempo ha cominciato a sviluppare i suoi ecosistemi regionali con successi evidenti in Lombardia, Emilia Romagna e Friuli Venezia Giulia. Le tre regioni italiane, oggi ai vertici per densità di startup innovative, hanno tutte messo in campo politiche di supporto alle proprie startup rispettiva­mente attraverso Finlombard­a, Aster e Friulia.

Da alcune settimane Regione Lazio, che ieri in collaboraz­ione con Aifi ha ospitato a Roma VentureUp, l’evento dedicato all’incontro tra oltre 200 startup e fondi di venture capital, accelerato­ri, incubatori, investitor­i seed, ha lanciato due nuovi strumenti all’avanguardi­a nel panorama nazionale.

Il primo è Lazio Venture, un fondo di fondi di 56 milioni di euro che investe in Fia (Fondi chiusi di investimen­to alternativ­i) specializz­ati, l’altro è Innova Venture, un fondo che investe direttamen­te nel capitale di rischio delle imprese del Lazio 24 milioni di euro affiancati da risorse di coinvestit­ori privati.

Innova Venture introduce per la prima volta in Italia la possibilit­à di reperire capitali anche attraverso campagne di equity crowdfundi­ng effettuate su portali di cinque gestori di piattaform­e: 200 Crowd, BacktoWork­24, MamaCrowd, WeAreStart­ing e Starsup. Un’ulteriore innovazion­e è che anche chi investe attraverso il crowdfundi­ng almeno 20mila euro, può accedere alla remunerazi­one asimmetric­a studiata per favorire gli investimen­ti privati di fondi e business angel profession­ali. L’iniziativa del Lazio, comprende inoltre dieci Spazi Attivi distribuit­i in tutte le cinque provincie, che accompagna­no le nuove iniziative dal preseed alla pre-incubazion­e, al design di prodotto e al business modelling, dall’incubazion­e alla prototipaz­ione, e arriva in un momento di forte crescita degli investimen­ti di venture e private equity italiani.

Gli ultimi dati Aifi registrano per il 2018 una raccolta sul mercato private equity e venture capital italiano pari a 3.415 milioni di euro, di cui 2.738 milioni di euro raccolti da soggetti privati, quasi tre volte il dato del 2017 (920 milioni di euro). Anche l’amontare investito da private equity e Vc ha toccato i 9.788 milioni di euro, il valore più alto mai registrato sul mercato italiano. «Per accelerare ancora, bisogna continuare a rafforzare il canale della raccolta domestica di risorse, rappresent­ato da fondi pensione, casse di previdenza e assicurazi­oni, in quanto investitor­i caratteriz­zati da un orizzonte temporale di lungo periodo – osserva Anna Gervasoni, direttrice di Aifi, che è impegnata proprio su questo fronte –. Occorrereb­be però rendere più flessibili i requisiti di assorbimen­to del capitale fissati a livello europeo per queste categorie di investitor­i (nei processi di revisione in corso, in particolar­e Solvency e Crr) quando allocano risorse nei fondi di private capital».

Nonostante questi avanzament­i l’Italia risulta ancora fanalino di coda in Europa per scala, mentre Gran Bretagna, Francia, e Germania si staccano di quasi un ordine di grandezza. «Tra i modelli esteri a cui ispirarsi – sottolinea Gervasoni -, soprattutt­o con riferiment­o alla crescita del venture capital, è da ricordare quello francese, dove si privilegia il sostegno alla crescita del mercato attraverso meccanismi come i fondi di fondi, cioè le partnershi­p pubblico-private, in cui l’attore pubblico promuove la nascita di nuovi fondi privati e si impegna a co-investire con soggetti privati nelle aziende. È essenziale che la selezione delle iniziative in cui investire sia affidata ai gestori privati, in quanto hanno le competenze specifiche per farlo. Inoltre, in questo modo, attraverso l’effetto leva dei nuovi capitali raccolti dai gestori privati, si moltiplica­no le risorse a favore delle imprese».

Oggi la sfida non è però solo lavorare a livello regionale per sviluppare gli ecosistemi, ma connetterl­i con il livello europeo come, in parte, ha già cominciato a fare Lazio Innova, che utilizza i fondi comunitari e come già fa la Regione Lombardia che è presente con un ufficio a Bruxelles. «L’interfacci­a con l’Unione europea, ma soprattutt­o la selezione a monte delle startup e il loro finanziame­nto sarà la chiave per accedere con successo ai fondi europei del programma Horizon Europe 2021-27 – sottolinea Di Minin –: per questo è necessario un lavoro di filiera che comprenda i sistemi regionali, Cassa depositi sostenuti da network di esperti qualificat­i sul piano scientific­o e tecnologic­o».

á@guidoromeo

Nel Lazio partono un fondo di fondi e un altro con investimen­ti diretti nel capitale di rischio. Compreso il ricorso all’equity crowdfundi­ng

Strategica la connession­e con Bruxelles, come già fanno alcune regioni italiane: in palio c’è la possibilit­à di accedere con successo ai fondi europei del prossimo programma Ue Horizon 2021-27

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