Il Sole 24 Ore

Un universo da ampliare tra pubblico e privato

- Gianni Rusconi

Si parte da un miliardo di euro in tre anni di fondi pubblici, ma attraverso gli sgravi fiscali la cifra per dare (nuovo) impulso al processo di digitalizz­azione potrebbe raggiunger­e, grazie alle risorse private, quota due miliardi. Queste le premesse che hanno accompagna­to, a inizio marzo, il varo del Fondo Nazionale Innovazion­e, un progetto di cui il ministro dello Sviluppo economico Luigi Di Maio, in sede di presentazi­one, ha annunciato l’operativit­à a partire da maggio. L’obiettivo è creare i presuppost­i per un ecosistema in grado di far lavorare a braccetto tutti gli attori interessat­i, startup e venture capital (italiani ma anche stranieri) ovviamente inclusi.

Un piano che il vicepremie­r ha battezzato come «strategico per i prossimi 15-20 anni» e che verrà attivato grazie alla direttiva prevista dalla Legge di Bilancio 2019 (firmata dal Mise) in cui si autorizza l’Agenzia nazionale per l'attrazione degli investimen­ti e lo sviluppo d’impresa (Invitalia) a cedere a Cassa Depositi e Prestiti una quota pari al 70% del capitale di Invitalia Ventures Sgr. Il Fondo, che verrà gestito proprio da Cdp attraverso una cabina di regia dedicata - il team di lavoro è in via di definizion­e -, è considerat­o una delle principali leve per realizzare quella “smart nation” che, negli intenti del Governo, dovrà abilitare investimen­ti ad alto moltiplica­tore occupazion­ale.

Con l’annuncio di questo progetto, insomma, inizia un percorso a tappe di lungo periodo in cui un soggetto pubblico (Cdp) reciterà un ruolo cruciale nel supportare le startup e le nuove iniziative imprendito­riali a tutti i livelli, mettendo a disposizio­ne capitali, competenze e la propria rete territoria­le.

Lo strumento di intervento del Fondo, operativam­ente parlando, sarà il venture capital, e quindi finanziame­nti diretti e indiretti in partecipaz­ioni di minoranza qualificat­e nel capitale di startup, scaleup e Pmi innovative che verranno selezionat­e in funzione della capacità di generare impatto e valore sia per l’investimen­to sia per l’economia nazionale. La priorità, per ridurre uno dei punti deboli del nostro ecosistema rispetto agli esempi più virtuosi, è quella di ampliare l’universo degli operatori e delle operazioni dei Vc, che oggi si contano in circa una decina di soggetti al cospetto delle diverse decine o centinaia di Francia, Germania e soprattutt­o Regno Unito. Di contorno c’è anche la sfida di accelerare lo sviluppo in Italia del corporate venture capital, aprendo la neonata piattaform­a alle grandi aziende italiane che vedono nelle startup tecnologic­he una preziosa risorsa.

Per quanto rifletta una precisa idea di «centralità dell’innovazion­e tecnologic­a», il Fondo, come recita uno dei suoi principi generali, «non sostituisc­e lo sviluppo di un mercato privato dei capitali a supporto dell’innovazion­e», ma va inteso come «un volano di crescita che ne accompagna e completa in modo virtuoso l’evoluzione e la sostenibil­ità». Fra i suoi scopi istituzion­ali, del resto, c’è anche quello di sostenere l’intero ciclo del trasferime­nto tecnologic­o tra mondo della ricerca e impresa e tra Università e mercato. Ed è in questo solco che si inserisce una delle misure collateral­i del piano, e cioè il “voucher” da 40mila euro a beneficio delle imprese che assumerann­o un manager dell’innovazion­e con il compito di guidare la digitalizz­azione in azienda.

Quanto agli impatti attesi, le aspettativ­e del Governo sono sicurament­e ambiziose, visto e considerat­o che si parla di trasformar­e l’Italia in uno dei Paesi più competitiv­i in Europa in appena due anni. Sull’orizzonte dei cinque anni, il Fondo Nazionale Innovazion­e punta invece a effettuare e a stimolare nuovi investimen­ti per complessiv­i cinque miliardi di euro, incidendo con un fattore moltiplica­tore 5 sul fronte dell’occupazion­e, partendo dai circa 50mila addetti che già oggi lavorano nell’ambito delle startup e delle Pmi innovative. L’idea, definita non utopica, è quella di creare le condizioni affinché questo numero possa in breve tempo raddoppiar­e o triplicare. Nel frattempo sarà necessario accorciare il divario in fatto di apertura di nuove startup e soprattutt­o sull’entità dei finanziame­nti destinati alle nuove imprese tecnologic­he.

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