Il Sole 24 Ore

Tremonti: «La Cina ha in mente un progetto geopolitic­o globale»

Giulio Tremonti. «Pechino ha inserito il piano nella Costituzio­ne, non si tratta solo di un’alleanza commercial­e. Grandi rischi per l’ambiente»

- Alessandro Graziani

L’ex minstro dell’Economia Giulio Tremonti esprime dubbi dell’operazione: «Pechino ha inserito il piano nella Costituzio­ne, non si tratta solo di un’alleanza commercial­e. Grandi rischi per l’ambiente»

«Da martedì la Via della Setafatapp­ain Italia. Più del Memorandum­che il Governo italiano si appresta a firmare, va letta la Costituzio­ne cinese dove nell’ottobre del 2017 è stata introdotta la Via della Seta come strumento di proiezione geopolitic­a della Cina ». L’ ex ministro dell’Economia Giulio Tremonti è stato protagonis­ta per anni di tutti i principali consessi internazio­nali (dal G7 in giù), ha più volte messo in guardia dai rischi di una globalizza­zioneaccel­erata ed è da sempre un attento osservator­e della Cina (il suo saggio “Rischi Fatali” risale al 2005). In questa intervista a Il Sole 24 Ore invita a ragionare su item piche stiamo vivendo, sulla rottura dell’ ordine mondiale, sui primi segnali di una possibile guerra fredda trai due“elefanti globali” Usa e Cina. Una guerra neanche troppo sotterrane­a,che dall’ economia tradiziona­le arriva fino ai big data. In mezzo ai due mondo, una fragile Italia all’ interno di un’ Europa divisa e a breve orfana del Regno Unito.

Professor Tremonti, diceva Mao Tse-tung: «grande è la confusione sotto il cielo». Che sta succedendo nel mondo?

Le rispondo anche io con una citazione: «Il tempo è uscito fuori asse, è andato fuori dai cardini», scriveva Shakespear­e nell’Amleto. Si era nel 1602, nel tempo convulso e drammatico portato in Europa da quella che, dopo la scoperta

‘‘ Tra Usa e Cina è guerra fredda su dazi e Big Data, l’Europa è assente e divisa

delle Americhe, è stata la prima globalizza­zione. Ora il tempo si sta di nuovo sgangheran­do con questa seconda globalizza­zione, soprattutt­o per effetto della sua crisi. Come allora a rivoluzion­are il mondo furono la bussola, la polvere da sparo e la stampa, così ora il mercato globale e Internet hanno rivoluzion­ato il volto del mondo.

Due grandi potenze dominano il pianeta: Usa e Cina. L’India è per ora l’outsider, l’Europa pare ai margini. Che cosa può accadere?

Faccio una premessa. Al suo inizio la globalizza­zione èsta taglobalor­der, oggi èg lo baldi sorder. E al posto del vecchio« Washington consensus» abbiamo un opposto e crescente« Washington dissensus ». Il vecchio mondo era stabile perché immobile: Occidente contro Oriente, liberalism­o contro comunismo. Anche il mondo globale è stato finora ugualmente stabile, ma per la ragione opposta: stabile perché tutto era continuame­nte e liberament­e mobile. Oggi invece il mondo è diventato instabile per una ragione ancora diversa: peri conflitti trans-continenta­li che trovano espression­e tra l’ altro coni dazi e le quote. Fino a poco fasi diceva che gli Usa erano una potenza in declino, in realtà oggi sembrano più forti che mai. Davvero è America first, great again.

Però sulla scena globale è arrivato anche quello che lei chiama l’elefante cinese. Cosa è cambiato nel mondo dopo l’ingresso di Pechino nel Wto? Diceva Napoleone: il mondo tremerà quando la Cina si sveglierà. L’elefante cinese si è messo in moto. Per decenni la politica degli Usa nel commercio internazio­nale è stata basata sul free trade: il mercato come valore politico assoluto. Anche il rapporto con la Cina, dopo l’ingresso di Pechino nel Wto, è stato “free” e addirittur­a con clausole di favore perché veniva considerat­o un Paese in via di sviluppo e in evoluzione verso la democrazia. Si noti che al principio della globalizza­zione la politica era caratteriz­zata da un approccio multilater­ale. Questa politica stava entrando in crisi già nell’ultima

‘‘ Altri Paesi hanno fatto accordi con Pechino? L’Italia ha un ruolo diverso e decisivo nel Mediterran­eo ed è un’economia del G7

fase dell’ amministra­zione Obama ed è terminata con la presidenza Trump che ha comportato deregulati­on, dazi e quote, difesa della proprietà intellettu­ale, riforma fiscale attrattiva e passaggio da multilater­ale a bilaterale.

La seconda fase è quella in cui la Cinanon è più un Paese invia dis viluppo ma una grande potenza politica ed economica globale?

L’attuale balzo della Cina ormai va ben oltre la manifattur­a, punta ai beni del futuro, all’intelligen­za artificial­e. Per arrivare alla supremazia globale. O forse per evitare il destino prossimo e terribilep­ortato da una demografia avversa, perché mai nella storia dell’ umanità si è visto un così massiccio agglomerat­o di anziani in una enorme area rurale.

L’attivismo geopolitic­o della Cina che ricadute avrà all’Occidente?

La storia, che si pensava fosse finita, è tornata con il carico degli interessi arretrati e accompagna­ta dalla geografia. Sulle carte geografich­e e sulle “carte” politiche si vedono i segni premonitor­i di una escalation. Non più solo guerre commercial­i ma una nuova guerra fredda. Non più tra mondo occidental­e e mondo comunista, ma tra Usa e Cina. Non più lotte per il primato ideologico, ma per il primato economico e perciò anche politico. Le segnalo un fenomeno,apparentem­ente marginale: la Cina sta puntando su unti podi cinema eroico o epico per creare culturalme­nte quello che Hollywood è stata per decenni, quando tutti nel mondo vedevano i film e volevano sentirsi americani.

La vera battaglia sarà per la supremazia tecnologic­a? È già evidente che il principale campo di scontro tra Usa e Cina sarà sui Big Data

e l’ intelligen­za artificial­e. La prevalenza di Washington odi Pechino sarà la vittoria della“vecchia” democrazia liberale o del“nuovo” autoritari­smo digitale.

In questo nuovo scenario, la vecchia Europa che ruolo può giocare?

Nel 2001 a firmare ilWto, per conto dell’ Europa, c’ era l’ Europa. Ora è la somma che non fa più il totale. L’ Europa, un tempo signora della storia, si sta esempio? La sottovalut­azione dell’effetto politico dell’uscita dalla Ue del Regno Unitoe /o del l’anglos fera. Persino Nietzsche, un filosofo diciamo “sovranista”, diceva che «un’Europa senza Inghilterr­a non esiste». Davvero a Bruxelles si pensa che l’uscita del Regno Unito, il distacco dai mari, possa essere compensata rafforzand­ola versoi Balcani? La realtà è che l’Europa con il suo mercato è stata al principio l’artefice delle ideologie mercatiste e globaliste più estreme, mentre ora ne è la vittima. Si fa fatica a vedere progetti comuni.

L’Unione Bancaria non è un progetto comune?

Questa Europa ricorda un po’ la fattoria degli animali, dove tutti gli animali sono uguali ma alcuni più uguali degli altri. E così all’Italia si applica il Bail in, in Germania si pianifican­o macro aiuti di Stato. Più che Unione bancaria pare che abbiano in mente fusioni bancarie orchestrat­e dal Governo come quella tra Deutsche Bank e Commerzban­k.

Nello scontro tra i due colossi Usa e Cina, che partita può giocare l’Italia? Aderire al progetto della Via della Seta è nell’interesse italiano? Partiamo dal principio. Nel progetto via della Seta la “cifra” politica è di gran lunga superiore a quella commercial­e. Lo si chiami come si vuole, ma quello che si formalizza è un patto transnazio­nale in una materi achei trattati assegnano all’Europa. Il passaggior­icorda l’ antica storia degli Oriazi e i Curiazi, ma con i cinesi che fanno gli Oriazi e i romani che fanno i Curiazi. Il nome Via della Seta è suggestivo e a anche soft, in realtà non è solo set ama una immensa infrastrut­tura fatta da ferro, cemento, asfalto, costruita per volumi di manifattur­a crescenti su scala iperbolica, finora mai vistanell astoria. Per inciso, forse una riflession­e sull’ambiente dovrebbe essere fatta. Tra l’altro è difficile pensare che il maggiore export sia dall’Italia verso la Cina e non il contrario.

In ambienti del Governo italiano si obietta però che altri 15 Paesi europei hanno firmato accordi commercial­i separati con la Cina. Come dire: così' fan tutti...

I Paesi che hanno siglato questi accordi sono Bulgaria, Croazia, Repubblica Ceca, Estonia, Ungheria, Grecia, Lettonia, Lituania, Malta, Polonia, Portogallo, Slovacchia e Slovenia. Il caso dell’Italia è un po’ diverso. Non solo è un’economia G7 ma soprattutt­o ha una posizione geografica che è da sempre strategica nel Mar Mediterran­eo. E questo ci riporta al punto di partenza, alla effettiva ratio dell’accordo. Per inciso non ci guadagniam­o neanche, perché non c’è neppure la spinta a fare la Tav.

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FOTOGRAMMA Economista. Giulio Tremonti, senatore e professore universita­rio, è stato Vicepresid­ente del Consiglio dei Ministri e ministro dell’Economia e delle Finanze

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