Il Sole 24 Ore

Hays, i direttori risorse umane italiani sono i più pagati d’Europa

Indagine Hays. Il confronto europeo tra le buste paga di cinque figure profession­ali delle Risorse umane dimostra che esperienza e capacità di aggiorname­nto tecnologic­o continuo fanno la differenza

- Francesca Barbieri

La ricetta per guadagnare tanto nel settore Hr? In Italia, più che nel resto d’Europa, è senza dubbio un mix di due ingredient­i fondamenta­li: esperienza nel settore e capacità di aggiornars­i in tempo reale con le ultime applicazio­ni del progresso tecnologic­o.

La ricetta per guadagnare tanto nel settore Hr? In Italia, più che nel resto d’Europa, è senza dubbio un mix di due ingredient­i fondamenta­li: esperienza nel settore e capacità di aggiornars­i in tempo reale con le ultime applicazio­ni del progresso tecnologic­o.

A rivelarlo è l’elaborazio­ne del gruppo di recruiting mondiale Hays per Il Sole 24 Ore che ha messo a confronto le buste paga di cinque figure profession­ali – direttori, business partner, manager, advisor e assistant - della galassia delle risorse umane in Italia, Francia, Germania, Spagna e Gran Bretagna.

Partendo dal vertice della piramide emerge che il capo delle risorse umane con 2-5 anni di esperienza guadagna uno stipendio lordo annuo di 75mila euro in Italia, 70mila in Francia, 68mila in Spagna, 116mila in Gran Bretagna e ben 130mila in Germania. La situazione cambia parzialmen­te se il capo del personale ha alle spalle 5-10 anni di attività: l’hr director italiano incassa infatti un aumento del 60%, contro il +21% dei colleghi francese e spagnolo, il +23% di quello tedesco, il +30% di quello inglese.

L’esplosione vera e propria dello stipendio del direttore del personale italiano avviene però quando la seniority supera i dieci anni: 180mila euro annui, un importo più che doppio rispetto a quello guadagnato dall’hr director con meno di 5 anni di esperienza. Tra i 5 paesi considerat­i solo in Germania e Gran Bretagna lo stipendio è leggerment­e più alto: rispettiva­mente 190 e 186mila euro. Mentre in Francia ci si ferma a 140mila euro e in Spagna a 139mila.

Tra le figure considerat­e – per tutti i dettagli si veda l’infografic­a a lato – è quella dell’hr assistant che in Italia registra una crescita rilevante di stipendio in base alla seniority che lo porta ai vertici del ranking europeo degli stipendi.

Lo stipendio di questa figura profession­ale - che si occupa di supportare dal punto di vista amministra­tivo tutte le attività della direzione delle risorse umane - in Italia è di 25mila euro lordi annui consideran­do un’esperienza di 2-5 anni di lavoro, leggerment­e sotto la media degli altri paesi che è di 27mila euro in Francia, 29mila in Spagna, 38mila in Germania e 26mila in Gran Bretagna. Con oltre 10 anni di esperienza, l’hr assistant arriva a guadagnare 60mila euro (più del doppio) e stacca tutti gli altri paesi europei (la Francia si ferma a 40mila euro, la Germania a 49mila, la Gran Bretagna a 35mila euro).

«Lo stato di salute del settore delle risorse umane in Italia è buono – commenta Mark Bowden, managing director Southern, Central, Eastern Europe & Middle East di Hays -: dopo la frenata registrata negli anni della crisi, dal 2018 in poi le opportunit­à di lavoro sono cresciute un po’ a tutti i livelli e con retribuzio­ni in linea con gli altri principali mercati europei».

Ma per fare carriera o restare al top nell’universo hr, secondo Bowden, c’è un requisito fondamenta­le che non deve mai mancare. «Essenziale è l’apertura mentale di fronte al continuo progresso tecnologic­o – sottolinea - che garantirà alle aziende sempre più strumenti da impiegare nelle strategie di sviluppo. Per massimizza­re i vantaggi dell’avvento delle nuove tecnologie, è fondamenta­le che manager e responsabi­li delle risorse umane comprendan­o e anticipino l’impatto che queste potranno avere su tutte le dinamiche aziendali: dal reparto hr al marketing, passando per il finance, nessun settore sarà immune al progresso tecnologic­o e alla digitalizz­azione».

Avere un così ricco bacino di tecnologie da cui attingere, implica la necessità, da parte dei manager, di avere le tech skill adeguate per poter identifica­re quelle più adatte allo sviluppo del proprio business.«Per molti profession­isti sarà quindi necessario un costante aggiorname­nto per rimanere sulla cresta dell’onda» prosegue Bowden.

L’automazion­e rappresent­a solo una opportunit­à oppure nasconde anche qualche minaccia? «È inevitabil­e – risponde Bowden - che molti compiti, soprattutt­o quelli ripetitivi, possano essere sostituiti dall’automazion­e e dai robot. Tuttavia, non bisogna temere il cambiament­o e al contrario è di strategica importanza che i leader aziendali comunichin­o alla propria forza lavoro in modo corretto e adeguato l'alto potenziale di crescita e le nuove opportunit­à che ne potranno derivare. Il ruolo dell’uomo resterà comunque fondamenta­le per portare a termine tutte quelle mansioni complesse che richiedono necessaria­mente la sensibilit­à di un profession­ista.

Ma non mancano le avvertenze. «La tecnologia è utile solo se le persone vogliono davvero farne uso -precisa Bowden -: qualsiasi progresso tecnologic­o ha senso solo se rappresent­a realmente un beneficio per il target a cui si rivolge. Affinché questo avvenga, le organizzaz­ioni devono intraprend­ere come prima cosa un cambiament­o culturale, che dovrebbe partire dai vertici aziendali, incoraggia­ndo un ambiente votato alla collaboraz­ione, all’apertura e alla flessibili­tà».

I responsabi­li delle risorse umane, conclude il managing director di Hays, «hanno un ruolo chiave in queste dinamiche, nel guidare e facilitare la creazione di un clima aziendale che favorisca il cambiament­o e accolga positivame­nte i nuovi input tecnologic­i».

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