Quattro anni di polemiche che l’Ue poteva risparmiarci
La sentenza del Tribunale Ue sul caso Tercas sconfessa le decisioni della Commissione sui salvataggi bancari degli ultimi anni e certifica che i risparmiatori italiani coinvolti nei crack di alcuni istituti sono stati le “cavie” inconsapevoli di un teorema sugli aiuti di Stato, imposto dalla Dg Competition della Ue. L’intervento del Fondo interbancario di tutela dei depositi non poteva essere impedito, è il senso della decisione della Corte di Giustizia, come invece è stato fatto dalla commissaria Vestager. Dal crack di Banca Etruria in poi, la storia dei salvataggi bancari è da riscrivere. E con essa, anche quattro anni di polemica politica e istituzionale che ha visto coinvolti i Governi Renzi e Gentiloni, istituita una commissione parlamentare d’inchiesta e, a breve, una seconda.
Senza i diktat della Ue, anche buona parte della scorsa campagna elettorale per le politiche del 2018 condotta da Lega e M5S avrebbe perso il suo filo conduttore. Non è eccessivo dire che le decisioni della commissione Ue nel piccolo caso Tercas hanno inconsapevolmente condizionato il confronto democratico in Italia e penalizzato un bene costituzionalmente protetto come il risparmio. Ora la decisione del Tribunale europeo sul caso Tercas-Bari ribalta i giudizi su tutti i salvataggi che successivamente sono stati impediti al Fondo interbancario di tutela dei depositi a causa dell’improvvido disegno di Vestager & friends di “sperimentare” gli effetti della direttiva Brrd sui risparmiatori-clienti delle banche.
Se l’intervento del Ftid, finanziato interamente dalle banche aderenti non fosse stato configurato come aiuto di Stato, anche l’operazione di salvataggio delle quattro banche poste in risoluzione nel novembre 2015 - a cominciare da Banca delle Marche, per la quale erano stati già stanziati 800 milioni - non avrebbe comportato il sacrificio dei diritti dei creditori subordinati e sarebbe avvenuta valutando le sofferenze delle banche a valori di bilancio.
Il tribunale dell’Unione europea ha finalmente ristabilito le regole ma, oltre ai danni subiti dai risparmiatori coinvolti nei vari default, servirà tempo per ripristinare la fiducia nelle banche compromessa da una normativa mal concepita come quella del “bail in”. Solo la fretta di far partire un esperimento concepito in “vitro” a Bruxelles, poteva prevedere che fin da subito le perdite andassero a carico degli obbligazionisti, compresi quelli che le avevano sottoscritte anni prima, e senza dare il tempo alle banche di emettere a investitori professionali le nuove passività soggette a bail in.
Ora si apre un mondo nuovo. Che nell’immediato, sarà certamente un caso, fa gioco soprattutto alla Germania alle prese con il salvataggio di Nord Lb. Non trovando investitori disponibili sul mercato, potrà entrare in campo un fondo interbancario promosso dai Land tedeschi.