L’Abi: «Ora l’Ue risarcisca risparmiatori e banche»
Chieste le dimissioni della commissaria Vestager Prime aperture da Bruxelles: per Gualtieri la richiesta è «legittima»
I rappresentati del sistema bancario italiano, ma in verità anche il governatore e gli alti dirigenti della Banca d’Italia, lo avevano detto in tutte le sedi. L’interpretazione della Direzione concorrenza della Ue, guidata da Margrethe Vestager, che nel 2015 ha equiparato ad aiuti di Stato l’intervento del Fondo interbancario di tutela dei depositi (Fitd) sino a quel momento utilizzato in Italia per prevenire le crisi bancarie, ha impedito di affrontare tempestivamente le difficoltà di alcuni istituti e ha accresciuto i costi.
Per questo motivo non sorprende la soddisfazione espressa dal presidente, Antonio Patuelli, e dal direttore generale dell’Abi, Giovanni Sabatini, alla notizia della sentenza del Tribunale Ue. E ora, è la richiesta del sistema bancario italiano, chi ha sbagliato paghi. E ancora: la Vestager deve dimettersi, chiede Patuelli.
«Quell’intervento era totalmente legittimo e ora il Tribunale europeo lo dimostra: così erano pure legittimi sottolineano Patuelli e Sabatini - gli interventi pensati dal Fondo interbancario di tutela dei depositi per le quattro banche, predisposti innanzitutto per la Cassa di risparmio di Ferrara, ma bloccati dalla Commissione europea in modo illegittimo, come ora evidenziato dal Tribunale Ue».
Patuelli e Sabatini chiedono che la «Commissione Ue rimborsi i risparmiatori e le banche concorrenti danneggiate dalle conseguenze delle sue non corrette decisioni che hanno imposto nel 2015 la risoluzione delle quattro banche e altri interventi di salvataggio bancario più onerosi delle preventive iniziative del Fitd che da questa sentenza del Tribunale europeo trae nuova legittimità per recuperare in pieno le sue funzioni statutarie». La richiesta di un ristoro trova fondamento giuridico nel diritto comunitario. «È leggittimo chiedere il risarcimento del danno», commenta Roberto Gualtieri, presidente della commissione Econ del parlamento Ue.
La vicenda fu innescata dalla crisi di Tercas che era già stata risolta con l’intervento del fondo e per la quale il sistema ha dovuto in tutta fretta trasformare il proprio intervento da obbligatorio, come previsto dal Fidt, a volontario. Banca Tercas fu poi acquisita dalla Popolare di Bari, uno dei soggetti - assieme allo ministero dell’Economia e allo stesso Fitd - che hanno presentato ricorso alla Corte europea e che ha dovuto sostenere costi più elevati per assorbire l’istituto in crisi rispetto a quelle prevedibili dopo l’intervento del Fondo. Ma poi c’è il caso Cassa di Ferrara, dove l’intervento del Fitd era già stato approvato dall’assemblea e che nei fatti costituiva un processo perfezionato, come del resto ha più volte rilevato il responsabile della vigilanza di Banca d’Italia, Carmelo Barbagallo. Nel 2015 il governo Renzi ha dovuto decidere il salvataggio anche di Banca Marche e Popolare dell’Etruria, ricorrendo al meccanismo del burden sharing, in base al quale azionisti e obbligazionisti subordinati devono sacrificare il loro investimento prima che fosse utilizzato il denaro pubblico. Il costo complessivo di questi salvataggi è stato calcolato in oltre 5 miliardi.
Per sostenere il fondo di risoluzione il sistema ha dovuto sborsare almeno 2,6 miliardi, con un differenziale di oneri che il Fitd ha calcolato in circa 1,5 miliardi. Ci sono anche i risparmiatori che hanno i soldi investiti nei bond subordinati sottoposti al burden sharing e gli azionisti. Oggi il governo Conte vorrebbe ristorare quella platea con il Decreto rimborsi sul quale proprio Bruxelles storce il naso. «È corretto pretendere dalla Commissione europea rimborsi per chiunque abbia subito danni dalla risoluzione delle ex good bank. Senza il fondamentale intervento di UbiBanca e Bper sarebbero rimasti senza lavoro migliaia di dipendenti bancari, con gravi danni alle economie locali», osserva Lando Maria Sileoni, segretario generale Fabi.