Il Fondo torna tra le armi anticrisi
Per gli interventi preventivi sugli istituti medio-piccoli vale lo schema stile Tercas
L’effetto più dirompente della sentenza di ieri è riportare le lancette delle crisi bancarie alla fine del 2014. Cancellare gli effetti determinati in questi 5 anni su istituti di credito italiani e risparmiatori della interpretazione voluta dalla Direzione concorrenza della Ue è impossibile. Ripristinare la prassi in uso in Italia per risolvere le crisi bancarie contenendo i danni invece si può fare. E magari compiere anche qualche passo in avanti in più.
Il riconoscimento del fatto che la stessa Commissione ha commesso un errore nell’equiparare l’intervento dei Fondi interbarcari di tutela dei depositi ad aiuti di Stato ora apre il varco a una nuova strada per la gestione delle crisi di banche minori, non aventi dunque le dimensioni di una banca sistemica. Un percorso che consente l’utilizzo dei Fitd per interventi preventivi nel rispetto della regola del minor costo, in base alla quale l’utilizzo di questo strumento implica minori oneri per tutti gli attori coinvolti rispetto a una risoluzione, che resterebbe invece la strada maestra per le crisi degli istituti più grandi.
«Per lungo tempo abbiamo sostenuto che l’interpretazione della Direzione concorrenza non era corretta afferma Roberto Gualtieri, presidente della Commissione Econ del parlamento Ue -. Ma loro replicavano che avevano le mani legate e che i Fitd implicavano l’applicazione della disciplina degli aiuti di Stato. Ora è dimostrato che avevamo ragione. Deve essere applicato l’articolo 11.3 della direttiva europea sulle garanzie dei depositi, che consente l’uso di questi fondi per gli interventi preventivi senza la necessità del burden sharing. La sentenza ora riporta in primo piano la necessità di ragionare su un’armonizzazione che consenta una gestione diversa delle crisi per le banche minori e che potrebbe essere vista con favore anche dalla Germania, visto che anche le banche tedesche ora sono interessate a utilizzare i Fitd».
Del resto non più di un mese fa era stato lo stesso governatore della Banca d’Italia, Ingazio Visco, a proporre l’adozione in Europa del modello statunitense del Fdic, il fondo governativo di assicurazione dei depositi. L’idea può essere traslata sui Fitd, ampliandone il campo di azione. Questi fondi sinora sono intervenuti, ad esempio, a supporto di un processo di fusione per limitare l’impatto sui ratio della banca che acquisisce un altro istituto in crisi o per rilevare crediti deteriorati. Il ruolo dei Fitd potrebbe essere esteso anche alla possibilità di acquisire temporaneamente il controllo di una banca in difficoltà e gestirla in attesa di trovare un compratore, come avviene negli Usa. Ciò che appare assodato, in ogni caso, è che se ora dovesse malauguratamente entrare in crisi qualche altra piccola banca, il sistema potrebbe intervenire a supporto con il Fondo di tutela dei depositi. E questo metterebbe al riparo molti risparmiatori dal rischio che i loro risparmi possano andare in fumo per l’applicazione del burden sharing, che l’intervento del fondo scongiura.
C’è ancora un’altra implicazione che la “riabilitazione” dei Fondi interbancari obbligatori può avere e ha a che fare con il completamento dell’Unione bancaria. Uno degli step che manca è l’assicurazione europea sui depositi, alla quale gli Stati più virtuosi si oppongono perché non vogliono far gravare sui bilanci delle loro banche i maggiori rischi presenti negli istituti di credito degli Stati più indebitati. L’idea proposta dall’Abi è quella di dare vita a un network europeo di Fitd, abilitati a intervenire per scongiurare le crisi delle banche minori. Su questa base i Fitd potrebbero prestarsi mutue garanzie che garantiscano il supporto finanziario al fondo che si trovasse temporaneamente in difficoltà. Il percorso potrebbe essere più digeribile rispetto alle garanzie per i depositi che dovrebbero fornire direttamente gli Stati, ovvero Edis (European deposit insurance scheme). Tutto questo potrà essere materiale per la riapertura di una ragionamento su direttive bancarie e Unione bancaria per la Commissione europea che verrà eletta con le consultazioni di maggio.
Guardando al passato, però, l’interpretazione della Dg Competition ha contribuito in Italia all’aggravarsi di altre crisi bancarie. E ha pesato nel drammatizzare la questione dei crediti deteriorati: l’applicazione della risoluzione sul caso Tercas aveva portato a far emergere una valutazione eccessivamente bassa degli npl, presto diventata un benchmark.
Strada in discesa per il completamento dell’unione bancaria con l’assicurazione unica sui depositi