Gas, il deposito Socogas di Chioggia è legittimo ma è off limits per le navi
Ieri a Roma il Mise ha preso atto della sentenza del Consiglio di Stato Il dg Giampaolo Zucchi: «Siamo preoccupati per il futuro aziendale»
Il grande deposito costiero di Gpl del gruppo Socogas al porto di Chioggia sarà completato: il Mise – nel tavolo tecnico di ieri a Roma con Mit, Mibac, autorità portuale ed enti locali, e azienda - non ha potuto che prendere atto della sentenza del Consiglio di Stato che il mese scorso ha confermato la totale e piena legittimità della contestata opera, pronta il prossimo mese per il collaudo. Il rischio, ora, è che la grande struttura rettangolare (3 serbatoi da 3mila mc l’uno, tumulati in un parallelepipedo di 60 metri per 15 e alto 12) autorizzata nel 2015 da un decreto interministeriale e considerata infrastruttura strategica per l’approvvigionamento energetico del Paese resti una cattedrale nel deserto. E i 35 milioni di euro investiti fin qui dalla famiglia Zucchi, che da tre generazioni guida il gruppo parmense Socogas (che dal 2014 controlla anche Costa Bionergie Srl, titolare del deposito chioggiotto) sarebbero gettati al vento.
«Il decreto interministeriale non prevede alcuna autorizzazione all’avvio delle attività per il traffico di navi gasiere all’interno della laguna di Venezia e la commercializzazione di materiali petroliferi. L’eventuale transito di navi gasiere necessita, infatti, di una modifica del piano regolatore portuale che attualmente non consente tale attività», sentenzia il comunicato diffuso ieri dopo l'incontro dal vicecapo di Gabinetto del Mise, Elena Lorenzini, e dal consigliere Francesco Vanin. Insomma, visto che l’opera tanto invisa ad ambientalisti e grillini – saliti nel frattempo al Governo e anche al Comune di Chioggia - non si può più bloccare, si tenta di impedire che possano attraccare le navi gasiere per portare il Gpl nel deposito di Val da Rio. Come se un amministratore autorizzasse una famiglia a costruirsi la casa per poi proibirle, una volta completata, di andarci ad abitare. Il Consiglio di Stato, peraltro, ha ribadito la totale legittimità non solo della realizzazione, ma anche della messa in esercizio del deposito, che certo non è bello esteticamente (come non lo sono le banchine portuali) ma rispetta tutti i parametri di sicurezza della normativa italiana, considerata la più rigida nell’emisfero occidentale. Il deposito coprirebbe il 10% del fabbisogno di Gpl di Veneto, Emilia-Romagna, Friuli-Venezia Giulia e Trentino-Alto Adige .
Serve dunque adesso la variante al piano regolare del porto di Chioggia per autorizzare l’arrivo di gasiere, «navi medio-piccole che caricano al massimo 3.500 tonnellate ed entrano tranquillamente con quel pescaggio nel porto», precisa Giampaolo Zucchi, direttore generale di Socogas e figlio del fondatore dell’azienda di Fidenza, nel Parmense, che opera dal ’67 nel mercato italiano del Gpl con una filiera completa, dalla progettazione tecnica alla logistica fino ai distributori (una novantina sparsi nel Nord Italia) servendo sia famiglie sia imprese, «senza mai un incidente», rimarca il dg, a capo di una realtà di circa 250 dipendenti, 400 milioni di euro di fatturato e un Ebitda tra i 12 e 15 milioni di euro l’anno.
Zucchi è uscito dal tavolo al Mise preoccupato per il futuro aziendale: l’investimento a Chioggia ha drenato ben più dei 25 milioni previsti inizialmente a budget, a causa di intoppi burocratici e ricorsi amministrativi, «e se l’amministrazione decidesse di bloccare il deposito la situazione per noi diventerebbe davvero critica. Svalutare in bilancio 35 milioni significa presentare il giorno dopo istanza al ministero del Lavoro per lo stato di crisi». Così, invece dei 70 nuovi posti di lavoro previsti da Socogas a Chioggia – tra una ventina di dipendenti diretti del deposito, autisti e personale per servizi e logistica – il Governo si troverebbe a gestire l’ennesimo tavolo di crisi.
Pino Musolino, presidente dell’Autorità di sistema portuale del Mare Adriatico settentrionale, non ci sta ad essere additato dal Mise come colui che ora ha la palla in mano, in quanto competente per la variante al piano regolatore e il rilascio della concessione marittima delle banchine. «Delle due l’una – afferma -. Se l’opera rientra nel Piano nazionale strategico dell’energia e ci sono tutte le autorizzazioni, le varianti sono conseguenti. Se così non fosse significa che il manufatto è abusivo e va o sanato o distrutto». Le sentenze prima del Tar e poi del Consiglio di Stato sono chiare: l’opera è legittima. «Io ora non posso arbitrariamente non concedere la banchina al terzo che ha investito 35 milioni in buona fede e in coerenza alle disposizioni normative, perché mi esporrebbe a una legittima richiesta danni – aggiunge Musolino -. Se invece il Governo ritiene che l’opera non rientri più tra quelle del Piano strategico per l’energia, si assuma la responsabilità della decisione e noi ci muoveremo di conseguenza».