La bioeconomia cresce in Italia Terza in Europa
Studio di Intesa Sanpaolo: produzione a 330 miliardi con 2 milioni di addetti
Difficile è mettere i confini definiti e disegnare un perimetro netto, ma si può stimare che la bioeconomia in Italia generi un valore della produzione di circa 330 miliardi (per l’esattezza, 328 miliardi di euro) con due milioni di occupati. A queste cifre arriva la quinta edizione del rapporto «La bioeconomia in Europa» che oggi sarà presentato a Bari dagli economisti di Intesa Sanpaolo insieme con le imprese aderenti all’Assobiotec.
Che cos’è la bioeconomia? La definizione afferma che con questo termine si intende l’insieme dei settori che trattano materie prime rinnovabili di origine biologica. Quindi nella bioeconomia entrano l’agricoltura, la pesca, tutto il settore forestale, l’allevamento e altri segmenti del settore primario. Ma vanno calcolati anche i comparti a valle nella filiera: la carta e il cartone, l’industria della gomma naturale, la produzione di mobili, la lavorazione dei pellami e la produzione di articoli di pelle (come abbigliamento, borse, calzature), i tessuti di fibre naturali di origine vegetale (lino, cotone e così via) o animale (lana, seta). Ma vanno computate anche le attività dei servizi e del riciclo (per esempio, la rigenerazione della carta) e le nuove frontiere come quelle legate ai biofarmaci e alle tecnologie biologiche.
Secondo gli economisti che hanno lavorato a questo studio con il coordinamento di Stefania Trenti di Intesa Sanpaolo, in questi anni il peso della bioeconomia sul totale delle attività economiche è in crescita e in dieci anni è saluto dall’8,8% della produzione 2008 fino al 10,1% nel 2017.
Come peso relativo sull’economia nazionale, l’Italia si colloca al secondo posto tra i principali Paesi europei, dopo la Spagna caratterizzata da una maggiore rilevanza dell’agricoltura sul valore della produzione nazionale, ma è sul podio anche in termini di peso assoluto dopo la Germania (402 miliardi) e la Francia (valore complessivo della bioeconomia pari a 357,7 miliardi di euro).
Un’attenzione particolare merita il segmento del legno e della carta. L’Italia è il sesto Paese dell’Ue per superficie boschiva in termini assoluti ma primo per aumento dei boschi (+6,7% negli ultimi 25 anni) ed è fortissimo per utilizzo di legno, legname e carta. Per esempio, nell’industria del taglio e della piallatura del legno le imprese italiane, con 104mila addetti (il 2,8% degli addetti del manifatturiero), sono seconde in Europa solamente alla Germania, come anche nel segmento cartario, mentre il tasso di riciclo degli imballaggi di legno è pari al primato del 60% contro un obiettivo europeo che esige il 25% entro il 2025 e la carta viene riciclata per l’80%.
«Le nostre stime originali sulla componente biocompatibile dei rifiuti — stima Trenti di Intesa Sanpaolo — portano ad un valore della produzione pari a 6,8 miliardi di euro nel 2017, in crescita dell’1,6% rispetto al 2016 e del 21,8% rispetto al 2008».
Il settore della lavorazione del legno genera un fatturato complessivo di 13,3 miliardi di euro e vede l’Italia in seconda posizione in Europa dietro la Germania.