I complessi equilibri della governance societaria
Se ne parla nel nuovo libro di Umberto Tombari, presidente di Cr Firenze
Lo scopo di lucro. O, come è entrato nel lessico finanziario da qualche lustro, la “creazione di valore”. Il totem al centro di ogni società per azioni, specie se quotata in Borsa, è stato messo (un po’) in mora dalla grande crisi economica e finanziaria, frutto anche dell’evoluzione del diritto societario e del contesto dell’economia mondiale. La tendenza è la ricerca dell’equilibro tra interessi diretti della società (azionisti, manager, dipendenti) e quelli diffusi, degli stakeholder (clienti, fornitori, ma anche comunità locali e ambiente). Un equilibrio difficile - e qui entra il tema chiave della social responsibility - rimesso alla discrezionalità degli amministratori che devono fare sintesi tra le due esigenze, in continuo movimento. Una guida per “leggere” lo stato della governance societaria arriva dal libro “Poteri e interessi nella grande impresa azionaria” di Umberto Tombari, presidente dell’Ente Cr Firenze, presentato ieri in Abi dalla Fondazione Cesifin in un incontro moderato dal direttore del Sole 24 Ore, Fabio Tamburini. «Le imprese che stanno bene hanno sempre avuto attenzione agli stakeholder - ha detto l’ad di Tim, Luigi Gubitosi - è impensabile che non ci sia, ma nel rispetto ciascuno dei propri ruoli». Un equilibro, quindi, complesso che segue lo stato della realtà: «Non ci possono essere norme che rimangono stabili nel tempo, ci deve essere un’evoluzione, ma anche la discrezionalità deve avere dei limiti», ha aggiunto Gubitosi, che si è detto favorevole al mantenimento delle comunicazioni trimestrali al mercato dei conti delle quotate, per evitare fuoriuscite di notizie sensibili. Per Antonio Patuelli, presidente Abi, «il governo societario è un bilanciamento di funzioni» e ha aggiunto: «Se qualcuno pensa di poter creare valore rapidamente deve aspettarsi di creare disvalore altrettamento rapidamente». Insomma, l’impresa al centro, con tutti i suoi valori, sia di sana gestione per perseguire quello che un tempo era lo «scopo di lucro» - su cui si è soffermato Giuseppe Morbidelli, presidente Cesifin - sia di tutela di interessi generali. «La creazione di valore è una grande favola, nasce dalla narrazione che ha portato a dominare una fase storica» ha detto Tombari, e ora invece «è tutto cambiato» ha ribadito il commissario Consob, Carmine Di Noia, illustrando come le dimensioni abbiano creato «paradigmi inconcepibili». Ed è evidente, per esempio, come «i nuovi sistemi tecnologici permettono a piccole imprese di competere con quelle grandi» ha aggiunto il giurista Andrea Zoppini, mentre per Mario Stella Richter «le dimensioni delle imprese sono divenute tali per cui non è più è più possibile rimettere le regole ai singoli diritti nazionali».