Il Sole 24 Ore

Crisi bancarie, bocciata la linea Ue

Il Tribunale Ue: l’intervento del Fondo interbanca­rio non era aiuto di Stato Patuelli (Abi): la Vestager si dimetta e la Commission­e rimborsi i risparmiat­ori Ha prevalso la linea sostenuta sin dall’inizio dalla Banca d’Italia

- Marcello Clarich

Il Tribunale Ue di primo grado ha annullato la decisione della Commission­e che nel 2015 aveva impedito l’intervento del Fondo interbanca­rio di garanzia nel salvataggi­o di Banca Tercas in quanto aiuto di Stato. La copertura del buco di bilancio di Tercas da parte del Fondo era una condizione posta dalla Popolare di Bari per ricapitali­zzare Tercas. Secondo il Tribunale la Commission­e non ha dimostrato né che la decisione del Fondo fosse imputabile allo Stato né che le risorse fossero pubbliche, accogliend­o così la posizione sostenuta da Bankitalia sin dall’inizio. Il presidente dell’Abi, Patuelli, chiede le dimissioni della commissari­a alla Concorrenz­a, Vestager, e il rimborso dei risparmiat­ori.

Da tempo il ruolo della Commission­e europea in tema di salvataggi bancari è al centro di discussion­e e di proposte di modifica della normativa europea. E suona come un ulteriore motivo di critica la bocciatura decretata dal Tribunale Ue della decisione della Commission­e di qualificar­e come aiuto di Stato l’intervento del Fondo interbanca­rio di tutela dei depositi per il salvataggi­o della Banca Tercas.

Anzitutto, la Commission­e gode di un’ampia discrezion­alità nell’applicazio­ne delle norme europee in materia di aiuti di Stato. Dopo la crisi finanziari­a del 2008 una Comunicazi­one interpreta­tiva aveva aperto la strada a salvataggi bancari con iniezione di risorse pubbliche per importi pressoché illimitati. L’Italia non utilizzò questa finestra, chiusasi nel 2013 con una nuova Comunicazi­one della Commission­e che ha posto criteri molto più restrittiv­i.

Tra l’altro la nuova Comunicazi­one conteneva già un avvertimen­to: i fondi nazionali di garanzia dei depositi possono costituire aiuti di Stato anche se provengono dal settore privato «nella misura in cui sono soggetti al controllo dello Stato e la decisione relativa all’utilizzo dei fondi è imputabile allo Stato» (par. 63). Proprio in base a questi criteri nel 2015 la Commission­e ha emanato la decisione sul caso Tercas ora annullata.

La Comunicazi­one del 2013 codificava anche il principio del burden sharing, cioè della partecipaz­ione alle perdite della banca non solo degli azionisti, ma anche, a certe condizioni, degli obbligazio­nisti.

La Comunicazi­one del 2013 è ora richiamata in più punti dallo stesso decreto legge per il salvataggi­o della Banca Carige (d.l. n. 1/2019) e condiziona la possibilit­à dello Stato italiano di concedere la garanzia sulle passività di nuova emissione e di attuare misure di sostegno diretto dello Stato.

La normativa europea del 2013-2014, che ha istituito il sistema di vigilanza unico delle banche europee facente capo alla Bce e introdotto nuove regole per la risoluzion­e delle crisi bancarie, ha confermato il ruolo centrale della Commission­e europea negli interventi di salvataggi­o. E ciò sempre per minimizzar­e l’impiego di risorse pubbliche e di non distorcere la concorrenz­a.

Per esempio, la decisione se una banca in dissesto o a rischio di dissesto deve essere liquidata, oppure può essere sottoposta alla procedura di risoluzion­e che consente la continuità delle funzioni aziendali non spetta solo al Comitato di risoluzion­e unico istituito a livello europeo. Infatti, la Commission­e europea può opporsi al programma di risoluzion­e adottato dal Comitato all’esito di un procedimen­to che coinvolge anche la Bce. Il veto può essere superato solo da una decisione politica del Consiglio, istituzion­e europea composta da ministri nominati da tutti gli Stati membri. Anche interventi di sostegno degli Stati come la ricapitali­zzazione precauzion­ale, alla quale ha fatto ricorso nel 2016 Mps, richiede un avallo della Commission­e.

In questo scenario la sentenza fissa alcuni paletti, censurando una decisione della Commission­e che fin dall’inizio, secondo gli addetti ai lavori, conteneva forzature. In fondo, se le banche sono imprese speciali, perché custodisco­no il risparmio privato e perché in caso di dissesto possono generare instabilit­à nell’intero sistema, anche le regole sugli aiuti di Stato richiedono discernime­nto e cautela da parte di chi le applica.

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