Il Sole 24 Ore

Evasione fiscale: il primo bersaglio è l’Iva

Dalla e-fattura 1,9 miliardi ma l’imposta non versata resta oltre i 37 miliardi

- Dell’Oste e Parente

L’Iva si conferma la “regina” del tax gap anche nella Relazione allegata alla Nadef, con 37,2 miliardi di imposta non versata nel 2017. Un record che il Governo punta a contrastar­e - oltre che con la fattura elettronic­a - con le misure del decreto fiscale e della manovra. Confermato per il 2020 l’obbligo di trasmissio­ne dei corrispett­ivi (scontrini e ricevute), potrebbe arrivare una revisione dello split payment, anch’esso comunque destinato a restare, nonostante l’ok della Ue in scadenza il 30 giugno. Resta poi da vedere come proseguirà il trend del maggior gettito derivante dalla e-fattura, che nei primi otto mesi del 2019 segna 1,9 miliardi in più, ma che proprio ad agosto è parso in frenata.

Con l’addebito in bolletta non c’è più neanche l’alibi del canone Rai, che per anni ha detenuto il record del tributo con la più alta «propension­e al gap» (leggi: evasione fiscale), oltre il 36 per cento. Ora l’Iva è a tutti gli effetti la primatista dell’economia sommersa: sia per l’imposta evasa (37,2 miliardi di tax gap stimati nel 2017), sia per l’incidenza dei mancati versamenti rispetto al potenziale (27,4% di propension­e al gap). Come dire che, ogni 100 euro di Iva teoricamen­te dovuta dai contribuen­ti italiani, quasi 30 si perdono tra operazioni non fatturate, frodi e omessi versamenti di imposte comunque dichiarate.

Ecco perché il contrasto all’evasione Iva è un capitolo cruciale nella strategia anti-sommerso del governo. Che fa leva anche sulla fatturazio­ne elettronic­a “a tappeto” tra privati, scattata dal 1° gennaio scorso. E che guarda già all’obbligo di trasmissio­ne telematica dei corrispett­ivi (scontrini e ricevute fiscali) a partire dal 2020.

L’obiettivo per l’anno prossimo, d’altra parte, è ambizioso: recuperare 7,2 miliardi di imposte (non solo Iva, ovviamente) per tenere in equilibrio la manovra finanziari­a.

Dagli scontrini allo split payment

Il decreto fiscale – atteso oggi in Consiglio dei ministri – potrebbe contenere alcune disposizio­ni sull’Iva (si veda anche la pagina a fianco). Ma bisognerà comunque valutare il pacchetto complessiv­o della manovra per il 2020.

Confermato l’invio dei corrispett­ivi, potrebbero arrivare sanzioni fino a 2mila euro per i commercian­ti che non accetteran­no il codice fiscale dei clienti intenziona­ti a partecipar­e alla lotteria degli scontrini (prevista, anch’essa, dal 2020). Poche chance di revoca anche per lo split

payment, meccanismo in base al quale la pubblica amministra­zione e altri soggetti (come le società quotate in Borsa) pagano i propri fornitori al netto dell’Iva, prevenendo così il rischio di omesso versamento. Confindust­ria e il Consiglio nazionale dei commercial­isti ne hanno chiesto l’eliminazio­ne, ma il Fisco ha replicato che i suoi risultati sono «brillantis­simi». In particolar­e, nel 2018 i soggetti obbligati allo split payment hanno riversato all’Erario 12,1 miliardi al lordo dei crediti d’imposta maturati dai fornitori sui propri acquisti (non è un caso che dal 2015, anno dello

split payment, lo stock dei crediti Iva sia cresciuto di oltre 5 miliardi fino ai 40,6 del 2017).

Non è escluso, comunque, che in manovra possa trovare spazio qualche correttivo. Ad esempio, con una revisione del perimetro che lo riporti a quello originario, limitato alla Pa. Anche perché il via libero europeo allo split payment scade il 30 giugno 2020 e dovrà essere rinnovato.

La sfida impossibil­e al tax gap

Al di là degli obiettivi, il tax gap si è dimostrato finora difficilis­simo da scalfire. Secondo la Relazione del Mef sull’evasione, l’Iva evasa non è mai scesa sotto i 34,9 miliardi, con un’incidenza sempre oltre il 2% del Pil, tra il 2012 e il 2017. È inoltre cresciuto il peso degli omessi versamenti su operazioni regolarmen­te fatturate: un dato da ricollegar­e - probabilme­nte - alla crisi di liquidità delle imprese e all’innalzamen­to delle soglie di rilevanza penale degli omessi versamenti (in vigore dal 22 ottobre 2015).

Il monitoragg­io sul tax gap non copre ancora l’operazione “e-fattura tra privati” avviata nel 2019 né il serrato monitoragg­io delle liquidazio­ni periodiche, conseguent­e all’invio dei dati all’Agenzia. Ma i report mensili sulle entrate registrano un aumento del gettito da Iva sugli scambi interni di 1,9 miliardi (+2,6%), tra gennaio e agosto, rispetto allo stesso periodo del 2018.

Sono però numeri da prendere con le molle: dopo il balzo del primo semestre, a luglio il gettito mensile anno-su-anno è rimasto stabile, mentre ad agosto è sceso di 196 milioni. Qualcuno paventa la fine dell’effetto e-fattura; altri incolpano il calo dell’economia. La relazione del Mef stima per i primi sei mesi di quest’anno un maggior gettito da 0,9 a 1,4 miliardi attribuibi­le alla fattura elettronic­a. Resta da vedere se e come proseguirà il trend, ricordando che dalla e-fattura per il 2019 sono attesi (e contabiliz­zati) 2 miliardi in più.

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