Ristrutturazioni: due vie per saldare i debiti con il Fisco
Gli istituti deflattivi possono convivere con la transazione con criteri ed effetti diversi In caso di «patto» diretto con il Fisco niente novazione ma più tempo per pagare
Transazione fiscale o istituti deflattivi come adesione, mediazione o conciliazione. Sono le due strade per chiudere la partita dei debiti fiscali in caso di ristrutturazioni aziendali. Se si sceglie la transazione, la definizione può avvenire concordando un importo che tenga conto della situazione finanziaria dell’impresa debitrice e una dilazione di pagamento più ampia.
Gli istituti deflattivi del contenzioso si fondano su presupposti diversi da quellichecaratterizzanolatransazione fiscale e hanno finalità differenti. L’accertamento con adesione, infatti, pur prevedendo il consenso del contribuente, rimane pur sempre un procedimento che deve determinare le imposte dovute da chi è sottoposto a un controllofiscale,siapureconsiderando fattieargomentirappresentatidaquest’ultimo. Nella mediazione e nella conciliazione giudiziale il Fisco deve invece valutare l’opportunità di un accordoconilcontribuente,apprezzando anche aspetti diversi dalla determinazione dell’imponibile, quali il rischio di soccombenza nel giudizio alla luce dei motivi di difesa dispiegati e dell’indirizzogiurisprudenzialeel’opportunità di definire una controversia, risparmiando tempo e risorse che in alcuni casi sono maggiori del vantaggio derivante dalla prosecuzione della stessa.
La transazione fiscale, invece, non attiene a nulla di tutto ciò: fonda il proprio presupposto sull’incapacità del contribuente di pagare i propri debiti tributari, indipendentemente dal fatto che si tratti, o meno, di somme pacificamente dovute e deve consentire al Fisco il recupero dei suoi crediti nella misura più elevata possibile, alla luce della situazione di crisi finanziaria in cui l’impresa che vi ricorre deve necessariamente trovarsi per potersene avvalere, favorendo, ove possibile, la prosecuzione dell’attività e salvaguardandone dipendenti e fornitori, anche nell’ottica della produzione di ulteriori redditi tassabili.
Ciò nonostante i suddetti istituti, accertamento con adesione, mediazione e conciliazione giudiziale, da un lato, e la transazione fiscale, dall’altro lato, possono convivere sia nel concordato preventivo sia nell’ambito di un accordo di ristrutturazione dei debiti. Nel secondo caso (per il concordato si veda l’articolo qui sotto) si possono verificare le seguenti situazioni, a ognuna delle quali corrisponde una differente disciplina.
Istituti deflattivi
Se la definizione del credito del Fisco ha luogo mediante adesione, mediazione o conciliazione nell’ambito delle trattative relative all'accordo di ristrutturazione, si applicano le norme che disciplinano tali istituti e la rideterminazione dell’importo dovuto ha natura novativa. Il suo pagamento non è ostacolato, al contrario di quanto accade nel concordato preventivo per effetto dell’articolo 168 della legge fallimentare, da alcuna disposizione e può essere quindi eseguito dall’impresa debitrice senza autorizzazione del competente Tribunale, ferme restando le ordinarie scadenze e l’esclusione della falcidia dell’importo dovuto. La definizione ha effetto novativo e pertanto l’ammontare determinato non subisce variazioni in caso di risoluzione della transazione fiscale ai sensi del comma 6 dell’articolo 182-ter della Lf.
Transazione fiscale
La definizione del credito contestato dal Fisco avviene con la sottoscrizione dell’atto di transazione fiscale proposta dalla debitrice alle Entrate, senza ricorso agli istituti deflattivi del contenzioso. La definizione può essere conseguita direttamente con la transazione fiscale, concordando la debenza di un importo che tenga conto anche della situazione finanziaria dell’impresa debitrice e una dilazione di pagamento più ampia di quella prevista dagli istituti deflattivi del contenzioso. L’omologazione dell’accordo di ristrutturazione dei debiti e della connessa transazione fiscale consente anche l’estinzione dei giudizi pendenti, fermo restando che, in caso di risoluzione della transazione fiscale ai sensi del citato comma 6 dell’articolo 182-ter, rivive il debito tributario nel suo importo originario, non producendo la transazione un effetto novativo.