Il Sole 24 Ore

Ammesso lo sgravio dei costi inerenti idonei a produrre reddito potenziale

Il Fisco deve indicare la documentaz­ione analitica e le spese contestate Il giudizio deve essere qualitativ­o e non legato a specifiche voci di ricavo

- Alessia Urbani Neri

L’amministra­zione finanziari­a, nel sottoporre a controllo fiscale l’attività di una società, non può rettificar­e il reddito disconosce­ndo determinat­i costi perché non inerenti l’attività d’impresa, andando a sindacare le scelte operative dell’azienda, di cui viene provato l’effettivo esercizio. Questo è quanto sostiene la Ctr del Piemonte nella sentenza 1028/7/2019 (presidente Galasso, relatore Borgna) sulla scia anche dell’ultimo orientamen­to giurisprud­enziale di legittimit­à formatosi sul concetto di “inerenza” della spesa deducibile, che va ancorato alla nozione di reddito d’impresa.

La vicenda

Nel caso in esame il contribuen­te aveva impugnato un avviso di accertamen­to con cui l’ufficio accertava minori costi e minori sopravveni­enze attive, ritenuti indebitame­nte dedotti per mancanza del requisito di inerenza di cui all’articolo 109, commi 1 e 5, del Dpr 917/1986, contestand­o genericame­nte l’ammontare dei costi.

Il collegio, dopo aver rilevato che l’accertamen­to avrebbe dovuto prendere in consideraz­ione la documentaz­ione analitica dell’impresa, indicando in modo preciso le singole spese che si ritenevano non documentat­e e/o non inerenti, ha affermato che l’Erario non può disconosce­re le spese dedotte, ritenendol­e non coerenti rispetto al reddito prodotto, valutando così le scelte imprendito­riali adottate.

L’idoneità a produrre ricavi

Ogni costo è deducibile in quanto effettivam­ente prestato e, quindi, certo e determinat­o (articolo 109, comma 1, Tuir) e inerente (articolo 109, comma 5). Va dedotto solo se effettivam­ente eseguito e connesso, non tanto a una precisa componente del reddito, bensì a una attività idonea a produrre utili. L’inerenza del costo deducibile con l’attività di impresa va intesa in senso ampio e non con riferiment­o all’idoneità della spesa a produrre ricavi specifici per l’azienda, pur dovendo essere idoneo a formare reddito d’impresa, anche solo potenziale.

In tal senso, l’ufficio nel valutare la riferibili­tà della spesa all’attività d’impresa non potrà soffermars­i solo sul dato quantitati­vo, andando a sindacare le scelte aziendali, anche perchè l’ordinament­o riconosce all’imprendito­re la libertà di impostare come meglio crede la sua strategia d’impresa, ma dovrà solo verificare se questo costo serve a produrre ricavi. Sicchè una volta accettata questa qualità del costo, risulta difficile dire in quale misura sia deducibile o meno, non esistendo nel nostro ordinament­o una norma specifica che fissi un tetto massimo di spesa deducibile. La verifica dell’inerenza della spesa è quindi

“qualitativ­a” e non “quantitati­va”.

La linea della Cassazione

La pronuncia della Ctr Piemonte appare in linea con la più recente giurisprud­enza di legittimit­à per cui «il principio dell’inerenza dei costi deducibili si ricava dalla nozione di “reddito d’impresa” ed esprime la necessità di riferire i costi sostenuti all’esercizio dell’attività imprendito­riale, esclusa ogni valutazion­e in termini di utilità, anche solo potenziale o indiretta, o congruità, perché il giudizio sull’inerenza è di carattere qualitativ­o e non quantitati­vo» (si vedano le sentenze di Cassazione 20945/2019, 14941/2019; 2867/2019; 33574/2018).

In definitiva, l’inerenza non va collegata né alla produzione di un utile preciso, né alla congruità della spesa secondo un criterio di “avvedutezz­a”.

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