Divisione con cessione delle quote: in bilico se non c’è azienda
Per le Entrate l’operazione deve essere finalizzata alla riorganizzazione
L’Agenzia si è più volte espressa, sia in passato che recentemente, sui profili di elusione /abuso della scissione finalizzata al successivo trasferimento (a titolo oneroso o gratuito) delle partecipazioni nella scissa o nelle beneficiarie.
Può infatti accadere che un soggetto sia interessato all’acquisto di un singolo ramo d’azienda posseduto da una società, ma che non intenda rilevare direttamente il compendio aziendale. Oppure che un imprenditore sia intenzionato a trasferire per donazione il proprio patrimonio agli eredi, previa suddivisione degli asset in società destinate ad ogni erede.
In vigenza della norma antielusiva di cui all’articolo 37-bis del Dpr 600/1973, le scissioni preordinate al successivo trasferimento delle partecipazioni erano ritenute elusive da parte dell’agenzia delle Entrate, in quanto non finalizzate a riorganizzazioni societarie, bensì al successivo trasferimento di beni di secondo grado (le quote di partecipazione), meno oneroso rispetto al trasferimento di beni di primo grado (gli asset). Il che comportava, secondo il Fisco, un indebito risparmio d’imposta (si vedano, tra le altre, le risoluzioni 56/E/2007, 97/E e 256/E, entrambe del 2009).
In seguito all’abrogazione della previgente norma antielusiva e all’introduzione della disciplina dell’abuso del diritto, l’Agenzia è tornata a esprimersi.
Già con la risoluzione 97/E/2017, riguardante una scissione proporzionale finalizzata alla vendita della scissa, l’Agenzia ha sostenuto la non abusività dell’operazione, non rinvenendo un indebito vantaggio fiscale derivante dalla scelta di far circolare un’azienda in via indiretta (tramite la cessione delle quote della società) anziché in via diretta. Nella stessa risoluzione è stato peraltro precisato che, affinché la scissione non presenti profili di abuso, è necessario che si caratterizzi come un’operazione di riorganizzazione aziendale, non comportando quindi la costituzione di società con singoli beni.
La non abusività della scissione preordinata alla successiva cessione è stata confermata con la risposta ad interpello 13/2019, pur trattandosi di società prive del requisito della commercialità (peraltro sia ante che post operazione).
Da ultimo, nella risposta 343/2019, l’Agenzia, pur occupandosi di una scissione non proporzionale finalizzata al passaggio generazionale (si veda l’articolo in apertura), ha precisato che il giudizio di non abusività sull’operazione avrebbe potuto essere diverso qualora la scissione fosse stata preordinata alla creazione e successiva cessione di una società titolare di soli immobili, evitando quindi la tassazione derivante dal trasferimento diretto degli asset.
Tale presa di posizione (già manifestata nella risoluzione 98/E del 2017 e criticata dall’Assonime nella circolare 20 del 2017) pare in contraddizione con quanto l’Agenzia, a sostegno del proprio parere sulla non abusività delle scissioni, ha affermato in varie risposte ad interpello (tra le quali la stessa 343), ovvero che «i plusvalori relativi ai componenti patrimoniali trasferiti dalla società scissa alla/e società beneficiaria/e, mantenuti provvisoriamente latenti dall’operazione in argomento, concorreranno alla formazione del reddito secondo le ordinarie regole impositive vigenti al momento in cui i beni verranno ceduti».
Sarebbe auspicabile che tale concetto (applicabile anche alle scissioni di singoli beni) consenta di superare la tematica, tenendo conto che la norma anti-abuso permette al contribuente di scegliere liberamente tra alternative che comportino un diverso carico fiscale.