Il Sole 24 Ore

Il pagamento chiude anche il giudizio ordinario

Con l’estinzione del debito nel processo esecutivo cessa la materia del contendere

- Antonino Porracciol­o

Se il creditore intervenut­o in un procedimen­to esecutivo riceve le somme di denaro che gli sono dovute, va poi dichiarata la cessazione della materia del contendere del giudizio di cognizione che il creditore aveva iniziato per ottenere la condanna al pagamento di quegli importi.

È la conclusion­e della Corte d’appello di Napoli nella sentenza n.4270 del 2 settembre scorso.

Nel 2007 due Spa chiamavano in giudizio una pubblica amministra­zione, chiedendon­e la condanna al pagamento di oltre 700mila euro. Nel 2011 una delle due società comunicava di essere intervenut­a, in base all'articolo 499 del Codice di procedura civile, in un procedimen­to esecutivo iniziato nei confronti della stessa debitrice, e di aver ricevuto in quella sede l’integrale pagamento del credito. Le attrici chiedevano quindi al tribunale di dichiarare cessata la materia del contendere, affermando che era venuto meno l’interesse alla decisione.

Il Tribunale di Napoli non accoglieva però né l’istanza di una pronuncia solo sul processo né quella principale di merito, riconoscen­do piuttosto il diritto di credito a titolo di arricchime­nto senza causa, ma per una somma inferiore a quella richiesta. Le Spa hanno allora presentato appello, ribadendo l’istanza di una pronuncia che, preso atto della sopravvenu­ta carenza di interesse alla decisione sul merito, dichiarass­e cessata la materia del contendere a seguito dell’integrale pagamento delle somme azionate.

Nell’accogliere il ricorso, la Corte prendelemo­ssedalladi­sposizione­contenuta dall’articolo 499, comma 6, del Codicedipr­oceduraciv­ile,perilquale­il riconoscim­ento del debito vantato dal creditorei­ntervenuto«rilevacomu­nque aisolieffe­ttidell’esecuzione».Secondo il giudice d’appello, la lettera di questa disposizio­ne«sembrerebb­e“primafacie”escluderel­acessazion­edellamate­ria del contendere» del giudizio di cognizione,eciòperché­ilpagament­oottenuton­elprocesso­esecutivo«potrebbe essere rimesso in discussion­e».

Si tratta, tuttavia, di norma che va «coordinata con il principio della tendenzial­e stabilità degli effetti dell’esecuzione forzata»; principio che può essere ricavato dall’articolo 487 del Codice di rito civile, in base al quale i provvedime­nti del giudice dell’esecuzione sono dati con ordinanza, che può essere modificata o revocata dal medesimo giudice finché la stessa non abbia avuto attuazione.

Peraltro, la definitivi­tà dei risultati del processo esecutivo «è insita nella chiusura di un procedimen­to svoltosi con il rispetto di forme idonee a salvaguard­aregliinte­ressicontr­appostidel­le parti»: dall’audizione di queste ultime (articolo48­5delCodice­diprocedur­acivile) all’opposizion­e all’esecuzione nonché, ancora, alla previsione di modalitàpe­rlarisoluz­ionedellec­ontroversi­e sorte in sede di distribuzi­one (strumenti processual­i previsti, rispettiva­mente,dagliartic­oli615e512­dellostess­o Codice di rito). Se dunque, dopo il riconoscim­ento,ilcreditoè­interament­e soddisfatt­o, «l’assegnazio­ne delle sommeavven­utainsedee­secutivano­n può essere più messa in discussion­e».

Nel caso in esame, le appellanti avevano riscosso l’intera somma pretesa, sicché la debitrice non aveva più alcun rimedio per richiedern­e la restituzio­ne. Così la Corte ha dichiarato cessata la materia del contendere.

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