Il Sole 24 Ore

Indigenti, lo Stato anticipa anche le parcelle dei periti

Consulenti, notai e custodi equiparati agli avvocati nel gratuito patrocinio La Consulta ha dichiarato incostituz­ionale l’istituto della prenotazio­ne a debito

- Selene Pascasi

Compensi anticipati direttamen­te dall’Erario, in caso di ammissione al patrocinio a spese dello Stato, anche per notai, consulenti o custodi che abbiano svolto la loro attività in favore di parti indigenti. Lo stabilisce la Corte costituzio­nale (sentenza 217/2019, relatore Carosi) dichiarand­o l’illegittim­ità dell’istituto della prenotazio­ne a debito previsto dall’articolo 131, comma 3, del Testo unico sulle spese di giustizia (Dpr 115/2002). Norma che, quindi, va disapplica­ta nella parte in cui prevede che gli onorari e le indennità dovuti ai profession­isti siano «prenotati a debito, a domanda», «se non è possibile la ripetizion­e», anziché anticipati dallo Stato.

La decisione

Cade, così, la distinzion­e tra gli avvocati – già destinatar­i del pagamento diretto – e le altre figure coinvolte nelle liti con spese a carico delle casse erariali. Si tratta, si legge nel comunicato stampa della Consulta, di un parziale mutamento di indirizzo rispetto al precedente che aveva portato i giudici a respingere altre censure nei confronti della norma oggi dichiarata incostituz­ionale. Ma è una svolta annunciata, coerente con la giurisprud­enza precedente che ha escluso che gli oneri di tutela del meno abbiente gravassero su alcune categorie profession­ali.

La prenotazio­ne a debito, chiarisce la Corte costituzio­nale, non può dirsi una vera e propria anticipazi­one dei compensi perché impedisce che il pagamento avvenga prima dell’effettivo recupero del credito. E ciò, trattandos­i di indigenti, è raro che avvenga. Ci si può prenotare, poi, solo dopo aver inutilment­e intimato le parti tenute in solido al pagamento delle spese di consulenza (Cassazione, ordinanza 3239/2018). Un sistema “convalidat­o” dal ministero della Giustizia (circolare dell’8 giugno 2016) quando afferma che non deve essere dato seguito ai decreti di liquidazio­ne dei consulenti se è impossibil­e ottenere la ripetizion­e delle somme.

I precedenti

La sentenza 217/2019 accoglie, in sostanza, le tesi via via caldeggiat­e dai giudici rimettenti quali il rischio che, ammessa la parte al beneficio, «l’ausiliario del magistrato svolga la sua opera gratuitame­nte» (Tribunale di Trapani, ordinanza 8 gennaio 2007; Corte costituzio­nale 287/2008). Ancora, i Tribunali di Catania e Torino (ordinanze 9 gennaio 2008 e 12 novembre 2007; Corte costituzio­nale 408/2008) avevano denunciato l’irragionev­olezza della norma e la disparità di trattament­o tra i consulenti e gli avvocati, dato che i primi erano impossibil­itati a rifiutare l’incarico o a condiziona­re il sorgere e il concluders­i della lite.

Circa gli onorari del Ctu, invece, le critiche formulate dal Tribunale di Caltanisse­tta (ordinanza 28 febbraio 2012) – respinte dalla Consulta (ordinanza 12/2013) – puntavano il dito sulla circostanz­a che, onerando gli ammessi al patrocinio a spese dello Stato del pagamento dei compensi dovuti al consulente, si determiner­ebbe una inaccettab­ile gratuità della prestazion­e. Questo, sia nei processi di volontaria giurisdizi­one, dove non è individuab­ile un soccombent­e, sia in quelli in cui la parte ammessa soccombe ma non si vede revocare il beneficio.

Posizione analoga a quella del Tribunale di Caltanisse­tta (ordinanza 22 giugno 2012; Corte costituzio­nale 88/2013) che, criticando la norma del Testo unico del 2002 dichiarata incostituz­ionale, accendeva i riflettori sull’esigenza che il profession­ista nominato d’ufficio, esperito inutilment­e il tentativo di ottenere l’onorario dalla parte, potesse contare su una liquidazio­ne diretta da parte dello Stato e «non subordinat­a al previo recupero da parte dell’Erario».

È figlia di un graduale lavoro di smantellam­ento dei paletti fissati dalla legge, allora, la recente pronuncia di accoglimen­to della Corte costituzio­nale che – rispondend­o ad aspettativ­e più volte invocate – ufficializ­za la possibilit­à che consulenti, notai e custodi incassino onorari e indennità direttamen­te dallo Stato, senza dover affrontare un percorso farraginos­o e spesso inutile. Come dire: tutela dell’indigente sì, ma anche garanzie più effettive per tutti i profession­isti.

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