Indigenti, lo Stato anticipa anche le parcelle dei periti
Consulenti, notai e custodi equiparati agli avvocati nel gratuito patrocinio La Consulta ha dichiarato incostituzionale l’istituto della prenotazione a debito
Compensi anticipati direttamente dall’Erario, in caso di ammissione al patrocinio a spese dello Stato, anche per notai, consulenti o custodi che abbiano svolto la loro attività in favore di parti indigenti. Lo stabilisce la Corte costituzionale (sentenza 217/2019, relatore Carosi) dichiarando l’illegittimità dell’istituto della prenotazione a debito previsto dall’articolo 131, comma 3, del Testo unico sulle spese di giustizia (Dpr 115/2002). Norma che, quindi, va disapplicata nella parte in cui prevede che gli onorari e le indennità dovuti ai professionisti siano «prenotati a debito, a domanda», «se non è possibile la ripetizione», anziché anticipati dallo Stato.
La decisione
Cade, così, la distinzione tra gli avvocati – già destinatari del pagamento diretto – e le altre figure coinvolte nelle liti con spese a carico delle casse erariali. Si tratta, si legge nel comunicato stampa della Consulta, di un parziale mutamento di indirizzo rispetto al precedente che aveva portato i giudici a respingere altre censure nei confronti della norma oggi dichiarata incostituzionale. Ma è una svolta annunciata, coerente con la giurisprudenza precedente che ha escluso che gli oneri di tutela del meno abbiente gravassero su alcune categorie professionali.
La prenotazione a debito, chiarisce la Corte costituzionale, non può dirsi una vera e propria anticipazione dei compensi perché impedisce che il pagamento avvenga prima dell’effettivo recupero del credito. E ciò, trattandosi di indigenti, è raro che avvenga. Ci si può prenotare, poi, solo dopo aver inutilmente intimato le parti tenute in solido al pagamento delle spese di consulenza (Cassazione, ordinanza 3239/2018). Un sistema “convalidato” dal ministero della Giustizia (circolare dell’8 giugno 2016) quando afferma che non deve essere dato seguito ai decreti di liquidazione dei consulenti se è impossibile ottenere la ripetizione delle somme.
I precedenti
La sentenza 217/2019 accoglie, in sostanza, le tesi via via caldeggiate dai giudici rimettenti quali il rischio che, ammessa la parte al beneficio, «l’ausiliario del magistrato svolga la sua opera gratuitamente» (Tribunale di Trapani, ordinanza 8 gennaio 2007; Corte costituzionale 287/2008). Ancora, i Tribunali di Catania e Torino (ordinanze 9 gennaio 2008 e 12 novembre 2007; Corte costituzionale 408/2008) avevano denunciato l’irragionevolezza della norma e la disparità di trattamento tra i consulenti e gli avvocati, dato che i primi erano impossibilitati a rifiutare l’incarico o a condizionare il sorgere e il concludersi della lite.
Circa gli onorari del Ctu, invece, le critiche formulate dal Tribunale di Caltanissetta (ordinanza 28 febbraio 2012) – respinte dalla Consulta (ordinanza 12/2013) – puntavano il dito sulla circostanza che, onerando gli ammessi al patrocinio a spese dello Stato del pagamento dei compensi dovuti al consulente, si determinerebbe una inaccettabile gratuità della prestazione. Questo, sia nei processi di volontaria giurisdizione, dove non è individuabile un soccombente, sia in quelli in cui la parte ammessa soccombe ma non si vede revocare il beneficio.
Posizione analoga a quella del Tribunale di Caltanissetta (ordinanza 22 giugno 2012; Corte costituzionale 88/2013) che, criticando la norma del Testo unico del 2002 dichiarata incostituzionale, accendeva i riflettori sull’esigenza che il professionista nominato d’ufficio, esperito inutilmente il tentativo di ottenere l’onorario dalla parte, potesse contare su una liquidazione diretta da parte dello Stato e «non subordinata al previo recupero da parte dell’Erario».
È figlia di un graduale lavoro di smantellamento dei paletti fissati dalla legge, allora, la recente pronuncia di accoglimento della Corte costituzionale che – rispondendo ad aspettative più volte invocate – ufficializza la possibilità che consulenti, notai e custodi incassino onorari e indennità direttamente dallo Stato, senza dover affrontare un percorso farraginoso e spesso inutile. Come dire: tutela dell’indigente sì, ma anche garanzie più effettive per tutti i professionisti.