Casa storica: ok alla clausola di recesso per gravi motivi
Un privato concede in locazione un immobile ad uso residenziale sito in un palazzo storico–vincolato. È valida una clausola contrattuale che preveda il recesso da parte del conduttore solo per gravi motivi? Anche in caso di locazione a canone concordato? Per evitare contestazioni, come si stabiliscono gli eventuali gravi motivi che possono essere causa di recesso?
E.M. - ALESSANDRIA
Le locazioni di immobili di interesse storico artistico, “soggette a vincolo”, fuoriescono dall’ambito di applicazione della legge 431/98 (e quindi delle locazioni a canone concordato). In particolare, l’articolo 1, commi 1 e 2, lettera a, della legge, dispone che: «i contratti di locazione di immobili adibiti ad uso abitativo, di seguito denominati “contratti di locazione”, sono stipulati o rinnovati, successivamente alla data di entrata in vigore della presente legge, ai sensi dei commi 1 e 3 dell’articolo 2. Le disposizioni di cui agli articoli 2, 3, 4, 4–bis, 7, 8 e 13 della presente legge non si applicano: ai contratti di locazione relativi agli immobili vincolati ai sensi della legge 1° giugno 1939, n. 1089, o inclusi nelle categorie catastali A/1, A/8 e A/9, che sono sottoposti esclusivamente alla disciplina di cui agli articoli 1571 e seguenti del Codice civile qualora non siano stipulati secondo le modalità di cui al comma 3 dell’articolo 2 della presente legge». Nulla vieta alle parti, tuttavia, di stipulare un contratto facendo proprie talune disposizioni della legge 431/98. In tale contesto, la clausola che prevede il recesso del conduttore solo in presenza di gravi motivi deve ritenersi legittima, anche in relazione a un immobile vincolato. Tanto più che l’articolo 3, ultimo comma, della legge 431/98, prevede – sia in relazione ai contratti a canone libero, con durata di quatto anni più quattro (ex articolo 2, comma 1, della legge 431/98), sia in relazione ai contratti a canone concordato, con durata di tre anni più due (ex articolo 2, comma 3, della legge 431/98) – che: «il conduttore, qualora ricorrano gravi motivi, può recere in qualsiasi momento dal contratto, dando comunicazione al locatore con preavviso di sei mesi».
In ordine alla definizione dei “gravi motivi”, si veda, per tutte, Cassazione 6553/2016, secondo cui: «le ragioni che consentono al conduttore di liberarsi dal vincolo contrattuale devono essere determinate da avvenimenti sopravvenuti alla costituzione del rapporto, estranei alla sua volontà ed imprevedibili, tali da rendere oltremodo gravosa per il conduttore la sua prosecuzione. La gravosità della prosecuzione deve avere una connotazione oggettiva, non potendo risolversi nella unilaterale valutazione effettuata dal conduttore in ordine alla convenienza o meno di continuare il rapporto locativo, con la precisazione che, rispetto alle locazioni abitative, la gravosità della prosecuzione va valutata non (solo) sotto il profilo economico (come affermato nelle massime relative all’attività aziendale svolta nei locali per cui viene effettuato il recesso (Cass. n. 7217/14), ma anche tenendo conto delle esigenze di vita del conduttore medesimo».