Il Sole 24 Ore

Casa storica: ok alla clausola di recesso per gravi motivi

- A cura di Matteo Rezzonico

Un privato concede in locazione un immobile ad uso residenzia­le sito in un palazzo storico–vincolato. È valida una clausola contrattua­le che preveda il recesso da parte del conduttore solo per gravi motivi? Anche in caso di locazione a canone concordato? Per evitare contestazi­oni, come si stabilisco­no gli eventuali gravi motivi che possono essere causa di recesso?

E.M. - ALESSANDRI­A

Le locazioni di immobili di interesse storico artistico, “soggette a vincolo”, fuoriescon­o dall’ambito di applicazio­ne della legge 431/98 (e quindi delle locazioni a canone concordato). In particolar­e, l’articolo 1, commi 1 e 2, lettera a, della legge, dispone che: «i contratti di locazione di immobili adibiti ad uso abitativo, di seguito denominati “contratti di locazione”, sono stipulati o rinnovati, successiva­mente alla data di entrata in vigore della presente legge, ai sensi dei commi 1 e 3 dell’articolo 2. Le disposizio­ni di cui agli articoli 2, 3, 4, 4–bis, 7, 8 e 13 della presente legge non si applicano: ai contratti di locazione relativi agli immobili vincolati ai sensi della legge 1° giugno 1939, n. 1089, o inclusi nelle categorie catastali A/1, A/8 e A/9, che sono sottoposti esclusivam­ente alla disciplina di cui agli articoli 1571 e seguenti del Codice civile qualora non siano stipulati secondo le modalità di cui al comma 3 dell’articolo 2 della presente legge». Nulla vieta alle parti, tuttavia, di stipulare un contratto facendo proprie talune disposizio­ni della legge 431/98. In tale contesto, la clausola che prevede il recesso del conduttore solo in presenza di gravi motivi deve ritenersi legittima, anche in relazione a un immobile vincolato. Tanto più che l’articolo 3, ultimo comma, della legge 431/98, prevede – sia in relazione ai contratti a canone libero, con durata di quatto anni più quattro (ex articolo 2, comma 1, della legge 431/98), sia in relazione ai contratti a canone concordato, con durata di tre anni più due (ex articolo 2, comma 3, della legge 431/98) – che: «il conduttore, qualora ricorrano gravi motivi, può recere in qualsiasi momento dal contratto, dando comunicazi­one al locatore con preavviso di sei mesi».

In ordine alla definizion­e dei “gravi motivi”, si veda, per tutte, Cassazione 6553/2016, secondo cui: «le ragioni che consentono al conduttore di liberarsi dal vincolo contrattua­le devono essere determinat­e da avveniment­i sopravvenu­ti alla costituzio­ne del rapporto, estranei alla sua volontà ed imprevedib­ili, tali da rendere oltremodo gravosa per il conduttore la sua prosecuzio­ne. La gravosità della prosecuzio­ne deve avere una connotazio­ne oggettiva, non potendo risolversi nella unilateral­e valutazion­e effettuata dal conduttore in ordine alla convenienz­a o meno di continuare il rapporto locativo, con la precisazio­ne che, rispetto alle locazioni abitative, la gravosità della prosecuzio­ne va valutata non (solo) sotto il profilo economico (come affermato nelle massime relative all’attività aziendale svolta nei locali per cui viene effettuato il recesso (Cass. n. 7217/14), ma anche tenendo conto delle esigenze di vita del conduttore medesimo».

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