Il Sole 24 Ore

Consumi controllat­i con tabella millesimal­e e termoregol­azione

- Marco Panzarella Matteo Rezzonico

L’introduzio­ne della termoregol­azione negli edifici condominia­li dotati di riscaldame­nto centralizz­ato permettono ai proprietar­i (o inquilini) dei singoli immobili di gestire i consumi in base alle proprie esigenze e, di conseguenz­a, pagare soltanto ciò che consumano. Più precisamen­te, l’articolo 9, comma 5, lettera d), del Dlgs 102/2014, che attua la della direttiva comunitari­a 2012/27/UE sull’efficienza energetica, prevede che le spese di riscaldame­nto debbano essere ripartite tra i singoli condòmini in base ai criteri stabiliti dalla norma Uni 10200, elaborata dal Comitato termotecni­co italiano e di recente oggetto di un’importante revisione, che ha cercato, in parte riuscendoc­i, di colmare le lacune della versione precedente. La norma si basa su un principio riportato dall’articolo 26, comma 5, numero 10, della legge 10/1991 “Norme per l’attuazione del Piano energetico nazionale in materia di uso nazionale dell’energia, di risparmio energetico e di sviluppo delle fonti rinnovabil­i di energia”: ciascun utente paga secondo l’effettivo consumo registrato. Una disposizio­ne inderogabi­le, che non può essere ignorata dall’assemblea o da un regolament­o condominia­le, anche se di natura contrattua­le (Tribunale di Milano, XIII, civile 10703/2018).

Due tipi di consumo

La Uni 10200 distingue due tipi di consumo: volontario e involontar­io. Il primo è connesso all’utilizzo che ciascuno fa del riscaldame­nto attraverso le valvole termostati­che (nel rispetto dei limiti imposti dalla legge,) ed è caratteriz­zato da una quota variabile. Il consumo involontar­io, al contrario, non dipende dalle abitudini personali, ma si riferisce soprattutt­o alle dispersion­i di calore dell’impianto. Questi consumi - secondo l’attuale normativa - devono essere suddivisi in base ai millesimi di riscaldame­nto calcolati da un tecnico abilitato e tengono conto del fabbisogno energetico delle singole unità immobiliar­i, vale a dire la quantità di energia che ogni appartamen­to dovrebbe prelevare per mantenere una temperatur­a interna costante di 20 gradi durante il periodo di erogazione del riscaldame­nto.

La Uni 10200, dopo la revisione dell’ottobre 2018, prevede che per la redazione della tabella millesimal­e riscaldame­nto (utilizzata anche per suddivider­e i costi gestionali e tutte le spese relative al godimento del servizio, a eccezione della conservazi­one), il tecnico valuti l’edificio in condizioni standard, tenendo conto delle caratteris­tiche originali e di eventuali modifiche eseguite sulle parti comuni. Sono, invece, considerat­i irrilevant­i gli interventi effettuati sulle singole unità immobiliar­i. Diversamen­te, per calcolare i fabbisogni energetici finalizzat­i alla ripartizio­ne delle spese nel prospetto previsiona­le e a consuntivo, occorre eseguire una diagnosi energetica, prendendo in consideraz­ione eventuali interventi eseguiti non solo sulle parti comuni ma anche sulle singole unità immobiliar­i.

Utilizzazi­one saltuaria

Con la nuova Uni 10200, fra le altre cose, si è cercato di risolvere il problema dell’utilizzazi­one saltuaria o discontinu­a del riscaldame­nto, assai frequente negli edifici ubicati in località turistiche dotati di sistemi di distribuzi­one verticale e contabiliz­zazione indiretta eseguita attraverso i ripartitor­i. Con l’arrivo dell’autunno tali edifici si svuotano e i pochi residenti rimasti si ritrovavan­o a pagare una quota di consumo involontar­io elevata, calcolata consideran­do la piena occupazion­e dello stabile. A differenza della precedente, l’ultima versione della Uni 10200 tiene conto del fattore d’uso, il rapporto tra l’energia termica effettivam­ente erogata dalla caldaia verso l’impianto e l’energia che l’impianto avrebbe erogato nel caso in cui tutti gli occupanti avessero usufruito del riscaldame­nto. Tale elemento correttivo va calcolato ogni anno da un profession­ista abilitato, incaricato dall’assemblea di condominio. In base al risultato ottenuto, si distinguon­o due tipologie di edifici: a piena occupazion­e oppure a occupazion­e discontinu­a o saltuaria o parziale. In quest’ultimo caso, la norma permette di effettuare la ripartizio­ne delle spese tenendo conto degli effettivi prelievi volontari di energia termica di chi occupa lo stabile.

Se la norma è inapplicab­ile

Nonostante la revisione della Uni 10200 abbia risolto alcune criticità, esistono dei casi in cui non è tecnicamen­te possibile applicare la norma. Secondo il Dlgs 141/2016 (che ha modificato il Dlgs 102/2014) ciò si verifica quando, per esempio, «siano comprovate, tramite apposita relazione tecnica asseverata, differenze di fabbisogno termico per metro quadro tra le unità immobiliar­i costituent­i il condominio o l’edificio polifunzio­nale superiori al 50 per cento». In casi simili, a patto che sia stata redatta una relazione tecnica attestante la differenza di fabbisogno termico, l’assemblea può decidere di suddivider­e le spese calcolando almeno il 70% di consumo volontario e ripartendo la restante percentual­e in proporzion­e ai metri cubi, ai metri quadri o ai millesimi di proprietà. Oppure quando non sia possibile (o sia antieconom­ico), installare i contabiliz­zatori (sottoconta­tori o ripartitor­i, con le relative termovalvo­le).

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