LE PRONUNCE
1 MOTIVO APPARENTE
Quando il motivo del licenziamento è apparente il lavoratore va reintegrato, con obbligo di risarcirgli il danno, se la domanda è stata proposta dal lavoratore che deduca la nullità del licenziamento per il suo carattere ritorsivo. La verifica di fatti allegati dal lavoratore richiede l’accertamento della insussistenza della causale posta a fondamento del recesso, allegata dal datore, ma non provata in giudizio: la nullità per motivo illecito ex articolo 1345 del Codice civile richiede infatti che questo abbia carattere determinante e che il motivo addotto a sostegno del licenziamento sia solo formale e apparente. Cassazione civile, sentenza 23583 del 23 settembre 2019
2 MOTIVO DETERMINANTE
In tema di licenziamento nullo perché ritorsivo, il motivo illecito addotto ex articolo 1345 del Codice civile deve essere determinante, cioè costituire l’unica effettiva ragione di recesso, ed esclusivo, nel senso che il motivo lecito formalmente addotto risulti insussistente nel riscontro giudiziale. La verifica dei fatti allegati dal lavoratore, per l’applicazione della tutela prevista dal modificato articolo 18, comma 1, dello Statuto dei lavoratori, richiede l’accertamento della insussistenza della causale posta a fondamento del licenziamento. Cassazione civile, sentenza 9468 del 4 aprile 2019
3 SERVE UNA GIUSTA CAUSA
L’allegazione, da parte del lavoratore, del carattere ritorsivo del licenziamento non esonera il datore di lavoro dall’onere di provare, ex articolo 5 della legge 604/1966, l’esistenza di una giusta causa o di un giustificato motivo del recesso. Solo quando questa prova sia stata almeno apparentemente fornita incombe sul lavoratore l’onere di dimostrare l’illiceità del motivo unico e determinante del recesso. La Corte ha ritenuto esente da critiche la sentenza che aveva dichiarato nullo il licenziamento collettivo di alcuni dipendenti, desumendone il carattere ritorsivo da gravi e concordanti elementi. Cassazione civile, sentenza 26035 del 17 ottobre 2018
4 PRESUNZIONI AMMESSE
Il lavoratore che effettui sul luogo di lavoro fotografie di beni aziendali per produrle in giudizio nella causa di lavoro proposta da un altro dipendente contro il datore non ha natura illecita e neppure disciplinarmente rilevante, perché accede a un comportamento tenuto dal lavoratore che agisce in giudizio, che integra un’ipotesi di esercizio di un diritto (la Cassazione, in via tendenziale, ritiene prevalente la tutela del diritto di difesa in giudizio rispetto a quella della riservatezza). L’onere di provare che la ritorsione ha costituito il motivo unico e determinante del licenziamento può essere assolto dal lavoratore anche tramite presunzioni. Tribunale Trento, sez.lav.sentenza 131 del 12 settembre 2019