Terreno coltivato: partita Iva e iscrizione registro imprese
Qual è il modo più semplice per vendere all’ingrosso o al dettaglio i prodotti agricoli di un piccolo terreno ereditato, senza incorrere a problemi fiscali e amministrativi? Non sono un imprenditore agricolo e mi occupo di tutt’altro. Mi è stato detto che per casi simili al mio, e quindi se non si esercita abitualmente questo mestiere, se il reddito derivante dalla coltivazione e dalla vendita dei prodotti agricoli è al di sotto di una certa soglia si rientra negli articoli 32, 56 e 56–bis del Tuir (Dpr 917/1986), è vero? Quale sarebbe questa soglia? Infine, per la vendita è necessaria la partita Iva?
A.I. - PALERMO
La coltivazione del fondo è un’attività agricola che per essere esercitata richiede l’apertura della partita Iva e l’iscrizione al registro delle imprese con la qualifica di impresa agricola. Una volta ottenuta la partita Iva e l’iscrizione, la vendita dei prodotti agricoli ottenuti dalla coltivazione del fondo può essere effettuata mediante l’emissione di fattura o, se venduti al dettaglio, mediante l’emissione di una ricevuta, senza l’obbligo di certificazione dei corrispettivi.
Se il volume d’affari è inferiore a 7mila euro ed è formato per almeno due terzi dalla vendita di prodotti agricoli, l’imprenditore agricolo, pur tenuto all’apertura della partita Iva e all’iscrizione al registro imprese, può adottare un regime di esonero dagli adempimenti Iva. In base a tale regime, sarà il cessionario dei prodotti agricoli a emettere autofattura per i prodotti acquistati.
Il reddito derivante dallo svolgimento dell’attività agricola di coltivazione, se esercitato da un imprenditore individuale o da società semplice, rientra nel reddito agrario, disciplinato dall’articolo 32 del Dpr 917/1986, indipendentemente dall’ammontare dei ricavi. Rientrano in tale categoria anche i redditi derivanti dallo svolgimento dell’attività di allevamento non intensivo e di produzione di vegetali in serra su non più di due piani. Inoltre, vi rientrano anche i redditi che derivano dalle attività connesse di manipolazione e trasformazione dei prodotti ottenuti prevalentemente dalla coltivazione del fondo o dallo svolgimento della attività di allevamento, a condizione che tali attività siano elencate nel Decreto delle attività connesse pubblicato dal ministero delle Finanze ogni due anni. Le attività connesse non elencate in tale decreto sono tassate secondo il disposto dell’articolo 56–bis del Dpr 917/1986, che prevede la forfettizzazione del reddito nella misura del 15% dei corrispettivi relativi a tali attività.