Il Sole 24 Ore

Imu-Tasi al capolinea, attenti al saldo

Da verificare l’impatto sul conguaglio di eventuali delibere 2019 dei Comuni

- Dell’Oste e Lovecchio

Ultimo appuntamen­to alla cassa per Imu e Tasi prima della “fusione” tra le due imposte prospettat­a dalla legge di Bilancio per l’anno prossimo. Il saldo 2019 in scadenza lunedì prossimo – 16 dicembre – sarà probabilme­nte l’ultimo in cui circa 18 milioni di contribuen­ti, tra famiglie e imprese, dovranno calcolare e pagare i due tributi. Il saldo va pagato usando le delibere per il 2019 pubblicate sul sito del dipartimen­to delle Finanze entro il 28 ottobre (www.finanze.it: l’unico ad avere valore legale) e andando a conguaglio in caso di variazioni. Con l’addio alla Tasi, novità significat­ive dal 2020 anche per proprietar­i e inquilini.

Ultimo appuntamen­to alla cassa per Imu e Tasi prima della “fusione” prospettat­a dalla legge di Bilancio per l’anno prossimo. Il saldo 2019 in scadenza lunedì prossimo – 16 dicembre – sarà probabilme­nte l’ultimo in cui circa 18 milioni di contribuen­ti, tra famiglie e imprese, dovranno calcolare e pagare i due tributi.

Obiettivo 10,1 miliardi

Partendo dal gettito dell’anno scorso, si può stimare che i Comuni e l’Erario incasseran­no almeno 10,1 miliardi di euro (di cui 9,5 dall’Imu e 0,6 dalla Tasi). Il conto a consuntivo, però, sarà un po’ più alto. In virtù della manovra firmata da Lega e Movimento 5 stelle, infatti, da quest’anno i consigli comunali sono liberi di votare aliquote più elevate ed eliminare sconti o agevolazio­ni. Intendiamo­ci: non ci sono rincari a tappeto, dato che in molte città il livello del prelievo è già al massimo. Ma Il Sole 24 Ore la scorsa primavera ha rilevato rialzi dell’Imu per almeno un tipo di aliquota in quasi un capoluogo su dieci (il 9,4%). E l’effetto si farà sentire proprio al saldo, secondo le regole Imu (applicabil­i anche alla Tasi):

1. l’acconto dello scorso 17 giugno – il 16 era domenica – avrebbe dovuto essere versato secondo le delibere comunali per il 2018, salva la possibilit­à di tenere conto già in quel momento di eventuali aliquote 2019 più favorevoli;

2. il saldo di lunedì prossimo va pagato usando le delibere per il 2019 pubblicate sul sito del dipartimen­to delle Finanze entro il 28 ottobre (www.finanze.it: l’unico ad avere valore legale) e andando a conguaglio in caso di variazioni.

Il saldo di quest’anno sarà anche l’ultimo in cui gli inquilini e gli altri occupanti degli immobili – come i comodatari – dovranno versare la propria quota della Tasi (dal 10 al 30% secondo la delibera comunale; 10% se il Comune non ha deciso nulla in merito). Dal 2020 l’importo ricadrà sul proprietar­io, e ci sarà anche un rincaro, perché gli inquilini che usano la casa come abitazione principale dal 2016 non pagano la propria fetta di Tasi. L’effetto è stimato in 14,5 milioni dalla relazione tecnica al disegno di legge di Bilancio. Più in generale, sparirà anche la vaga idea di service tax rappresent­ata dalla Tasi come tributo sui servizi comunali indivisibi­li e ci sarà un prelievo di tipo puramente patrimonia­le.

Alcuni contribuen­ti, in realtà, sperimente­ranno il passaggio dalla Tasi all’Imu già lunedì. Capiterà nei Comuni che quest’anno hanno azzerato la Tasi su alcuni tipi di fabbricato sostituend­ola con l’Imu. La maggior parte dei proprietar­i, comunque, dovrà ancora usare i codici tributo della Tasi (come il 3961 per gli «Altri fabbricati»). E i codici non saranno dismessi per molto tempo, perché dovranno essere utilizzati dai ritardatar­i in caso di ravvedimen­to – ricordiamo che nei primi 14 giorni si paga solo lo 0,1% di sanzione in più al giorno – e nelle ipotesi di contestazi­oni da parte del Comune.

Aliquote massime invariate

Se tutto andrà secondo i piani e il Parlamento approverà la manovra così com’è ora, l’appuntamen­to di lunedì prossimo sarà il penultimo in cui i contribuen­ti dovranno decrittare le delibere dei Comuni, spesso scritte a “schema libero”, senza tabelle riepilogat­ive e con allegati non di rado annotati o completati a mano. È solo dal 2021, infatti, che gli amministra­tori locali dovranno inserire le aliquote in un’applicazio­ne sul Portale del federalism­o fiscale, che genererà un «prospetto delle aliquote» più leggibile.

Quello che non cambierà sarà il livello massimo del prelievo. La nuova Imu avrà come limite il 10,6 per mille, che oggi rappresent­a la somma massima di Imu e Tasi. Inoltre, verrà fatto salvo l’aumento dello 0,8 per mille applicato da circa 300 Comuni – tra cui Roma e Milano – che l’hanno introdotto nel 2015 e poi sempre confermato. In queste città il massimale rimarrà l’11,4 per mille.

Il nuovo tributo potrà essere azzerato, cosa oggi impossibil­e a livello normativo per l’Imu. Ma non è difficile prevedere che questa possibilit­à si rivelerà puramente teorica per la stragrande maggioranz­a dei sindaci. Al contrario, l’aliquota base della nuova imposta salirà dal 7,6 all’8,6 per mille. Scelta che non impedisce ovviamente gli sconti, ma che rischia di segnare un nuovo benchmark più elevato, per gli immobili tassati con il livello base.

Insomma, i proprietar­i continuera­nno a subire un tax rate più che doppio rispetto ai 9,2 miliardi del 2011, ultimo anno dell’Ici. Il tutto a fronte di prezzi medi delle abitazioni esistenti che l’Istat nel secondo trimestre 2019 ha misurato ancora in calo del 23,1% rispetto al 2011. Con il risultato che spesso in provincia si pagano i tributi immobiliar­i su valori catastali superiori a quelli di mercato.

Si paga seguendo le delibere per il 2019 e andando a conguaglio con le somme versate in acconto

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