Psicologi, stilisti e light designer Gli hotel chiedono nuovi profili
Le grandi catene internazionali vanno alla ricerca di nuove specializzazioni, anche insolite, in grado di far vivere esperienze di relax e benessere a una clientela molto esigente
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Assicurare un sonno ristoratore agli ospiti resta la priorità per ogni albergo. Far vivere ai clienti un’esperienza fuori dall’ordinario, intercettando altri bisogni oltre al semplice riposo, è però la chiave di volta per guadagnare clienti e vincere la sfida della concorrenza.«Il turismo è sostenibile se costituito da due elementi: innovazione e individualità», ha spiegato Joachim Schöpfer, titolare dell’agenzia Serviceplan Reputation durante il congresso della Fiera Hotel 2019 a Bolzano. Per questo nuove figure professionali si affiancano agli architetti nella ristrutturazione o realizzazione di un immobile ricettivo.
I nuovi specialisti
Light designer, esperti di uso del colore, botanici e giardinieri, tecnici specializzati in isolamento acustico così come consulenti per la qualità dell’aria indoor o nei processi di sanificazione degli ambienti. E ancora: Iot manager ed esperti di domotica, informatici, videomaker e tecnici del suono, fashion stylist e addirittura psicologi, tutte professionalità innovative che si stanno diffondendo perché il benessere è il nuovo focus a cui puntare (dopo il risparmio energetico). Sono tante le figure professionali che intervengono a supporto di progettisti noti ed emergenti. Si tratta di realtà più o meno strutturate, che sul tema hotellerie hanno investito e stanno costruendo tutto il proprio business. In un settore che promette vere rivoluzioni. Tanti i nomi degli studi che si stanno sempre più specializzando nel settore: da VielCitterio (hotel sviluppati in tutto il mondo, specie sotto il marchio Bulgari) a Simone De Micheli, che lo scorso anno ha completato le 35 suite scavate nei Sassi di Matera dell’Aquatio Cave Luxury Hotel & Spa. Da Peter Pichler con la dirimente ristrutturazione eseguita a Castelrotto, ai giovani emergenti di Noa fino a uno studio come Carbelon Caroppi, che in dieci anni ha accumulato un portfolio di oltre 100 strutture progettate in tutto il mondo per clienti come Intercontinental, Hilton, Starwood, Carlson Reizton Hotels group, Marriott o NH o lo studio Alberto Apostoli, tra i leader internazionali nella progettazione integrata di Spa, centri benessere e terme.
«Utilizziamo il reverse thinking spiega Marco Santinato, presidente di Teamwork Hospitality, società di formazione e consulenza -. Il prodotto non viene calato dall’alto, ma si intercettano prima i desideri della clientela a cui intende rivolgersi per costruire una proposta su misura». Le strutture si distinguono in base al pubblico: da chi sogna una vacanza extra-lusso a chi viaggia per affari, da chi si muove con bambini (i family hotel si distinguono addirittura per fascia di età, da 0 a 4 anni, fino a dieci anni o adolescenti) o per i genitori separati con figli. Per chi fa cicloturismo o per chi predilige una vacanza al ritmo della natura, come a San Genesio, a due passi da Bolzano, dove il nuovissimo hotel Saltus «propone - spiega Hedwig Mumelter, proprietaria con le figlie Nadja e Claudia - non solo un soggiorno, ma uno stile di vita. L’edificio è progettato per immergere le stanze nell’atmosfera del bosco circostante, il cibo è a km zero, la televisione in camera è solo su richiesta e dalle dieci di sera alle sei del mattino il wi-fi è disattivato».
Non solo turismo
C’è, infine, una nuova clientela degli alberghi, che cresce a partire dalle città e che è quella del pubblico che usa la struttura senza soggiornarvi. Per mangiare in ristoranti stellati, per incontrare amici o usare una grande hall come spazio per incontri di lavoro o per postazioni di coworking sempre più spesso aperte ai cittadini.
Per architetti e ingegneri lavorare alla definizione di una struttura turistica richiede altissimi gradi di specializzazione. Il rischio di commettere errori è troppo elevato. «La scelta di un layout troppo articolato nella progettazione delle camere così come l’impiego di rivestimenti e arredi difficili da pulire - spiega ancora Santinato - può avere conseguenze pesanti nella gestione dell’attività. Cinque minuti in più per rifare una stanza si traducono in un anno, in una struttura di 100 camere, in 25mila euro. In dieci anni significa una perdita di 250mila euro per l’attività».
La formazione
L’esperienza resta un prerequisito spesso tenuto in conto nei tender promossi dalle grandi catene internazionali per cercare consulenti capaci di sviluppare nuovi layout. I corsi di formazione crescono. Uno dei punti nodali resta formare non solo gli architetti ma i committenti. «Da una precedente esperienza in un’impresa edile - racconta Marco Pignocchi, amministratore di Hospitality project - abbiamo aperto una società che affianca i committenti per stilare capitolati corretti e controllare i costi di gestione. A volte, si dà vita a hotel da favola, senza capacità di ritorno dell’investimento».
Un concept chiaro che tenga conto del target degli ospiti così come del territorio in cui la struttura è inserita. Marco Gilardi è il direttore Operation Italia e New York della catena alberghiera NH che molto ha investito nel rinnovare le proprie strutture. Con hotel come il Now di Milano dove accanto a uno spazio coworking, spiccano un bar mixology e un ristorante pensato per essere aperto alla città al Rio Novo di Venezia, dove insieme all’Università Ca’ Foscari è stato studiato un percorso rivolto all’architettura.
Quali figure professionali lavorano per i nuovi hotel? «Oltre al nostro team di architetti e progettisti interni, che segue i progetti dalle linee guida alla direzione dei cantieri, coinvolgiamo consulenti esterni. Ad esempio, per nuovi concept selezioniamo i partner con gare private e collaboriamo con studi diversi e team diversi a seconda delle esigenze».
Ci sono figure indispensabili? «Non esiste una figura più importante di un’altra. Se però avere un energy manager oggi è scontato, ad esempio pochi conoscono l’importanza di avere un buon consulente del colore. Soprattutto in contesti urbani, lavorare sull’impatto cromatico può essere determinante per l’appeal di una struttura».
Il modello organizzativo è già nel nome dello studio: l’acronimo Noa sta per Network of architects. Ed è così con un’ampia rete di professionisti che Stefan Rier e Lukas Rungger nel 2011 hanno deciso di fondare la propria attività a Bolzano. Oggi sono un marchio riconosciuto nel campo della progettazione di strutture turistiche.
L’alberghiero è per voi una specializzazione. Come l’avete scelto? «Sia io che il mio socio provenivamo da esperienze nel settore con grandi studi internazionali. Ci siamo messi in proprio in un ambito che conoscevamo».
Quali le figure professionali nuove con cui avete interagito? «Sempre più spesso gli psicologi. Ad esempio, per il family hotel Ulrichshof, immerso nelle foreste della Baviera, ci siamo ispirati alle fiabe dei fratelli Grimm. Lo psicologo ci ha aiutato a mettere a fuoco il linguaggio degli allestimenti. Che punta a coinvolgere il bambino senza inserire però elementi che possano creargli insicurezze o paure. A Vienna, invece, abbiamo ideato una struttura alberghiera incentrata su Mozart. Fashion stylist e tecnici audio-video ci hanno aiutato nelle ambientazioni e nelle installazioni sonore e multimediali».
Quale la prossima frontiera su cui lavorerete?
«Coinvolgere l’olfatto? Crediamo in un percorso esperienziale che possa coinvolgere tutti e cinque i sensi».
Nelle camere d’albergo entrano i consulenti per la qualità dell’aria, i tecnici del suono e persino gli psicologi
La sfida è anche sui costi di gestione: la scelta di materiali non facili da pulire può costare molto cara