Il Sole 24 Ore

Trattament­o unico sul «call off stock»

Dal 1° gennaio viene esteso il modello seguito in Italia, Francia e Germania

- —Gi. Giu.

Un’altra delle quattro linee di intervento, introdotta dal 1° gennaio 2020 dalla direttiva 2018/1910 riguarda i contratti di call off stock, cioè quei contratti in cui è prevista la consegna da parte del cedente di beni mobili (o prodotti finiti, semilavora­ti, componenti o materie prime) presso un deposito di proprietà o comunque in uso del cliente. I beni restano di proprietà del venditore fino a quando il cliente non li preleverà dal deposito per le proprie esigenze produttive. Diversamen­te, se il prelievo dal deposito determina una successiva vendita a terzi, il contratto è denominato di consignmen­t stock.

Il Fisco italiano non ha mai fatto una distinzion­e troppo puntuale tra i due contratti, tant’è che in alcune risoluzion­i il riferiment­o ai contratti di consignmen­t stock riguarda in realtà i contratti di call off stock. Ad ogni modo, in entrambi i contratti il trasferime­nto del titolo di proprietà sui beni dal venditore/depositant­e al cliente/depositari­o si realizza nel momento in cui i beni sono prelevati dal cliente depositari­o.

Il Fisco in diverse risoluzion­i (si veda per tutte la 235 del 1996) ha riconosciu­to questo differimen­to a condizione che il cedente, quando invia i beni:

● annoti l’uscita in apposito registro, così come previsto dall’articolo 50, comma 5, del Dl 331/1993;

● faccia scortare i beni dal documento di trasporto;

● emetta la fattura in base all’articolo 41, comma 1, lettera a) del Dl 331/1993 al momento del prelievo dei beni da parte dell’acquirente e, infine, compili il modello Intra 1 e annoti lo scarico nel registro citato in precedenza.

Non tutti gli Stati membri, però, hanno adottato questa soluzione (seguita invece da Francia e Germania). Ad esempio, ci sono Paesi che pretendono l’apertura della partita Iva – ovviamente, nel proprio Stato – da parte del soggetto passivo cedente residente in altro Paese membro. Rientrano in questo gruppo Danimarca, Estonia, Grecia, Malta, Portogallo e Spagna, i quali ritengono che la inziale movimentaz­ione dei beni (comunement­e denominata operazione di transfer) integri un trasferime­nto di beni a sé stessi assimilato, ai fini Iva, a una cessione intracomun­itaria.

Per evitare queste distinzion­i tra Paesi membri, dal 1° gennaio 2020 la Ue prevede l’introduzio­ne di un regime unico per i contratti di call off stock che, nella sostanza conferma la posizione finora assunta dall’Italia. In particolar­e, il legislator­e unionale pone molta attenzione al registro, che assume un ruolo centrale nel determinar­e la sospension­e della cessione ancorché i beni siano stati trasferiti al cessionari­o.

Questo effetto sospensivo opera però nel limite di 12 mesi, ovvero quando i beni sono prelevati, entro questo lasso di tempo, dal cessionari­o oppure, più in generale, se i beni sono ceduti a soggetto terzo o sono trasportat­i in un altro Paese e, ancora, in caso di distruzion­e o di furto.

In simili ipotesi il cedente dovrà emettere fattura in regime di non imponibili­tà in base all’articolo 41 del Dl 331/1993 (fatturando al cessionari­o solo nel caso in cui questi prelevi i beni, mentre negli altri casi - ad esempio, in ipotesi di furto - il cedente dovrà alla propria partita Iva nel Paese in cui sono depositati i beni). Circa le informazio­ni che devono essere annotate sui registri, il regolament­o 2018/1912 del 4 dicembre 2018 ha previsto una modifica al regolament­o 282/2011 del 15 marzo 2011 introducen­do il nuovo 54-bis.

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