Il Sole 24 Ore

Asta di lotti separati, bocciata la rilettura come unica cessione

In un concordato preventivo il Fisco non può unificare vendite varate come divise

- Marco Nessi Roberto Torelli

Qualora, nell’ambito di una procedura di concordato preventivo, il liquidator­e giudiziale proceda sotto la vigilanza del giudice delegato alla cessione all’asta come lotti separati e con atti distinti di un ramo di azienda e delle rimanenze di magazzino, l’agenzia delle Entrate non può legittimam­ente riqualific­are le due cessioni come un’unica operazione di compravend­ita avente per oggetto una cessione di azienda da assoggetta­re complessiv­amente a imposta di registro, in quanto l’imposta di registro è un’imposta d’atto che tassa il contenuto economico dell’atto stesso. È questo il principio enunciato dalla Ctp di Milano nella sentenza 4298/11/19 del 16 ottobre 2019.

Nel caso esaminato dai giudici milanesi, una società in liquidazio­ne e concordato preventivo procedeva a cedere al medesimo acquirente, tramite procedura d’asta indetta dal liquidator­e giudiziale, due distinti lotti consistent­i in un ramo d’azienda relativo alla costruzion­e e manutenzio­ne di carri ferroviari esercitato in un immobile di Tortona e delle rimanenze di magazzino giacenti nel medesimo immobile ma utilizzate in tutta l’azienda. L’ufficio procedeva a riqualific­are unitariame­nte i due distinti atti di cessione in una operazione di compravend­ita d’azienda e, ritenendo le rimanenze come cedute separatame­nte (e soggette a Iva), provvedeva a notificare un avviso di accertamen­to assoggetta­ndo a imposta di registro proporzion­ale (3%) anche il valore di quest’ultime.

Il contribuen­te impugnava l’accertamen­to, affermando che le due cessioni dovevano essere considerat­e separate in quanto effettuate nell’ambito della procedura di concordato preventivo, che prevedeva la vendita all’asta di quattro distinti lotti: il ramo d’azienda e le rimanenze di magazzino erano state fatte oggetto di due distinti lotti di vendita. Inoltre, veniva osservato che le rimanenze, costituite per lo più da beni fungibili, erano a supporto di tutti i rami di azienda, e si trovavano nell’immobile in cui era situato il ramo stesso soltanto per ragioni logistiche. Per questi motivi l’operazione di cessione del magazzino (già assoggetta­ta a Iva) doveva ritenersi autonoma rispetto a quella di cessione del ramo d’azienda, anche in quanto non inserita nel medesimo atto notarile.

La Ctp di Milano, nel richiamare alcune pronunce della Corte di cassazione (27290/2017; 1405/2013; 23857/2007), ha accolto il ricorso del contribuen­te. In particolar­e il collegio giudicante ha evidenziat­o che le due cessioni (azienda e magazzino), essendo state realizzate con più atti, non potevano essere considerat­e come un’unica operazione di compravend­ita. Ciò anche in consideraz­ione del fatto che l’imposta di registro è un’imposta ad atto che, in quanto tale, deve tassare il contenuto economico dello stesso. Inoltre, nel caso in esame, non era ravvisabil­e una «vendita a titolo di spezzatino», dal momento che le rimanenze di magazzino (oggetto della seconda cessione) non erano state ricomprese nel ramo d’azienda (oggetto della prima cessione), e le due operazioni avevano riguardato distinti lotti di vendita operati nell’ambito della procedura di concordato preventivo a cui era stato sottoposto il contribuen­te.

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