Il Sole 24 Ore

Il fisco digitale alza la posta: 1,2 miliardi con gli scontrini

Rush finale per l’adeguament­o dei registrato­ri digitali in vista del 1° gennaio Oltre a compliance e controlli, si punta sull’effetto-deterrenza in chiave antievasio­ne

- di Cristiano Dell’Oste e Giovanni Parente

I numeri. Un milione e mezzo di esercenti ma l’adeguament­o dei registrato­ri è in corso. All’Agenzia 35 miliardi di documenti l’anno

Vista la difficoltà con cui si cercano le coperture per la manovra 2020 – tra vertici notturni e diktat dei leader – il tesoretto degli scontrini diventa un obiettivo irrinuncia­bile. Circa 1,2 miliardi di gettito sottratto all’evasione fiscale, già messi a bilancio per il 2020 dal decreto collegato alla manovra dello scorso anno (il Dl 119/2018). Per arrivare a questa cifra, però, bisogna perfeziona­re un percorso tutt’altro che agevole in vista del prossimo 1° gennaio. Data in cui almeno un milione e mezzo di esercenti dovranno essere pronti per l’invio telematico al Fisco di scontrini e ricevute fiscali.

Gli ultimi dati – aggiornati al 23 ottobre scorso – dicono che i modelli di registrato­re telematico approvati dal Fisco sono 132 (di cui 75 adattati, 51 nativi e 6 server). Alla stessa data, gli apparecchi censiti erano 670mila e gli esercenti già accreditat­i 345mila. Anche se è probabile che sia cresciuto nelle ultime settimane, questo dato dimostra che c’è ancora tanta strada da fare.

In effetti, secondo la relazione tecnica al decreto fiscale 2018 gli esercenti che emettono scontrini sono quasi 1,2 milioni e hanno 1,6 milioni di misuratori fiscali, per lo più da adeguare (97%) o da cambiare (il restante 3%). Mentre sono 600mila i soggetti che operano solo tramite ricevute fiscali e devono procurarsi un registrato­re telematico. Anche escludendo gli esercenti con un volume d’affari oltre i 400mila euro annui – per i quali l’obbligo di invio è scattato lo scorso 1° luglio – la platea degli interessat­i resta nell’ordine del milione e mezzo.

Arriveremo in tempo? I correttivi introdotti con la conversion­e del decreto crescita (Dl 34/2019) dovrebbero garantire un debutto meno traumatico, con la moratoria sulle sanzioni prevista per i primi sei mesi (a patto che l’Iva venga liquidata e versata correttame­nte). Ma resta il fatto che il nuovo obbligo è una sfida – anche tecnologic­a – di tutto rispetto. A regime si tratta di inviare alle Entrate circa 35 miliardi di documenti all’anno, almeno dieci volte di più dei file trasmessi con la fattura elettronic­a.

L’aspettativ­a dei tecnici è che la moratoria sulle sanzioni non si rifletta in modo negativo sul recupero di gettito. Tant’è vero che si è scelto di lasciare inalterate le stime iniziali. L’idea, insomma, è che il Fisco possa intercetta­re una parte dell’enorme tax gap Iva (37,2 miliardi secondo l’ultima rilevazion­e) grazie alla disponibil­ità in tempo quasi reale dei dati sulle operazioni. Facendo leva, in particolar­e, su tre linee d’azione:

 sollecitar­e la compliance(adempiment­o)di chi ha emesso lo scontrino, ma poi non ha versato l’Iva (come avvenuto con le 55mila lettere spedite grazie alla fattura elettronic­a, si veda Il Sole 24 Ore del 18 novembre scorso);

 attivare controlli più rapidi e precisi;

 sfruttare le ricadute positive a livello di imposte dirette (nel caso di chi emette la ricevuta, ma poi non dichiara i proventi).

È chiaro che tutta questa operazione non serve contro l’evasione fiscale “da consenso”, cioè quelle situazioni in cui lo scontrino o la ricevuta non vengono emessi. In questi casi, se mai, si vedrà se la voglia di concorrere alla lotteria degli scontrini basterà a far sì che i clienti pretendano il nuovo “documento commercial­e” (l’erede dello scontrino).

C’è, però, un altro aspetto che andrebbe meglio quantifica­to: la deterrenza pura e semplice. In pratica, quella minore propension­e a evadere derivante dalla consapevol­ezza che i dati dello scontrino o della ricevuta appena emessi sono in mano al Fisco. E che si intravede già nel gettito Iva del 2019, in relazione alla fattura elettronic­a, cresciuto di quasi tre miliardi nei primi dieci mesi di quest’anno rispetto allo stesso periodo del 2018.

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