Crescita: l’Fmi abbassa le stime per la frenata degli emergenti
Nel 2020 l’economia mondiale rallenterà con un aumento del 3,3%, mentre l’Eurozona non dovrebbe andare oltre l’1,4%. Per l’Italia espansione fiacca (0,5%)
Il Forum di Davos.
«Non siamo ancora al punto di svolta». Kristalina Georgieva fa il suo debutto a Davos nel nuovo ruolo di managing director del Fondo Monetario Internazionale presentando un Outlook in cui l’Fmi ha di nuovo tagliato - sia pure di poco - le sue stime sulla crescita dell’economia globale, a dispetto dell’allentamento delle tensioni commerciali Usa-Cina e dei diminuiti timori su una Brexit disordinata: dopo aver rallentato al 2,9% l’anno scorso, ai minimi dalla crisi finanziaria, il Pil mondiale dovrebbe registrare una espansione limitata al 3,3% nel 2020 e al 3,4% nel 2021. Se il Forum di Davos intende proporsi, alla sua 50esima edizione, come un punto di svolta per la consapevolezza delle élite industriali e finanziarie sulla necessità di affrontare con più decisioni i cambiamenti climatici, il clima economico congiunturale rimane piuttosto freddo, anche se la temperatura di questi giorni sulle montagne svizzere è superiore alla media.
La revisione al ribasso della crescita mondiale (tra -0,1 e -0,2 punti percentuali), ha precisato la capo economista dell’Fmi Gita Gopinath, riflette soprattutto le sorprese negative arrivate da alcuni Paesi emergenti, a partire da un’India appesantita dai problemi del settore finanziario non bancario. Se pure le economie avanzate danno segnali di stabilizzazione, a fronte di un rallentamento della locomotiva Usa, l’Eurozona recupererà molto lievemente dall’1,2 all’1,3% e non dovrebbe andare oltre l’1,4% l’anno prossimo. Le tensioni commerciali restano sullo sfondo e potrebbero tornare a incidere negativamente, compreso un eventuale ritorno ai ferri corti tra Washington e Pechino e uno scontro tra Usa e Ue. Su questo punto, sono attese a breve indicazioni proprio da Davos, dove è in arrivo Donald Trump con l’intero suo team economico: previsti delicati incontri diretti , tra cui un vertice tra il presidente Usa e la presidente della Commissione Ursula von der Leyen.
Su un punto di contenzioso transatlantico - la web tax - Gopinath si dice favorevole, ma la “necessaria” tassazione delle imprese digitali dovrebbe essere concordata sul piano internazionale e non decisa da singoli Paesi. Se al Forum dell’anno scorso l’allora neocapo-economista del Fondo aveva citato l’Italia tra i Paesi che facevano da freno all’economia globale, quest’anno il nostro Paese non ha meritato menzioni particolari: si è visto confermare una stima di crescita fiacca dal +0,2 del 2019 (alzato in precedenza) al +0,5% di quest’anno, con una revisione al ribasso di 0,1 punti percentuali allo 0,7% per l'anno prossimo. «Abbiamo alzato leggermente le stime, ma stiamo ancora parlando di numeri molto piccoli. L’Italia ha beneficiato come altri Paesi europei delle misure di politica monetaria», ha detto, aggiungendo il refrain secondo cui che servono riforme per aumentare il potenziale di crescita e per prepararsi a future contingenze sfavorevoli. Se Georgieva ha citato in modo positivo l’approccio sincronizzato verso politiche monetarie espansive nell’attuale ciclo economico, con 71 tagli dei tassi in 49 Paesi - il che spingerà da solo dello 0,5% la crescita anche nel 2020 - , l’Fmi sottolinea che alla leva monetaria devono affiancarsi o subentrare altri strumenti. Germania e Olanda citate dalla Gopinath - hanno spazi di manovra fiscale, a differenza dei Paesi che devono assicurare la sostenibilità del loro debito.
In questi Paesi «se l’attività dovesse indebolirsi in modo sostanziale» e «se le condizioni di mercato lo permettessero» l’Fmi approverebbe un «rallentamento del passo del consolidamento fiscale» in modo da evitare un prolungato periodo di crescita al di sotto del potenziale. Quanto alla Cina, le proiezioni sul 2020 sono state migliorate di 0,2 punti percentuali al 6% e leggermente peggiorate al 5,8% per l’anno prossimo: l’impatto sull’anno in corso della tregua commerciale con gli States sarebbe anche superiore, ma a questo punto sono attese misure governative più blande a supporto dell’economia, mentre a più lungo termine resta difficile trarre conclusioni precise. L’incertezza, ha evidenziato Georgieva, resta il «New Normal». La nuova normalità.
DAVOS
L’Agenzia critica comunque l’atteggiamento delle major sollecitandole a una più rapida transizione