Il Sole 24 Ore

Blocco dei porti, azzardo di Haftar

Entrambi i governi rivali dipendono dal greggio, il Paese rischia di sfasciarsi

- —R.Bon.

Il petrolio è per la Libia come il sangue per il corpo umano. La mantiene in vita. Ne irrora tutte le parti. Ossigena gli organi vitali.

D’altronde il quarto Paese dell’Africa per estensione nasconde nel proprio ventre le prime riserve di greggio del Continente. Non solo. Anni di sanzioni e di instabilit­à hanno impedito alle major straniere di procedere a nuove esplorazio­ni. Ma è opinione comune che vi siano ancora altre riserve. Come molti altri Paesi esportator­i di idrocarbur­i di Africa e Medio Oriente, anche la Libia ha sviluppato una pericolosa malattia: la petro-dipendenza. Con un risultato sotto gli occhi di tutti: il 95% dell’export in valore e oltre il 90% delle entrate governativ­e arriva dal greggio.

Il petrolio è dunque indispensa­bile. Per entrambi i governi della Libia. Quello della Cirenaica, il regno del generale Haftar. E quello di Accordo nazionale di Tripoli, il solo riconosciu­to dall’Onu, guidato dal premier Fayez Serraj.

L’attuale perdita per il blocco dei terminali petrolifer­i deciso sabato scorso da Haftar provochere­bbe l’arresto di 800mila barili al giorno, oltre il 70% dell’attuale produzione nazionale. La chiusura di altri due oleodotti rischia di gettare tutta la Libia in ginocchio. In pochi giorni, ha fatto sapere la compagnia petrolifer­a di Stato (Noc),la produzione precipiter­ebbe da 1,2 milioni di barili al giorno di fine anno a 70mila barili. Se i Paesi stranieri non convincera­nno Haftar a riaprire i porti, la Libia affronterà una «situazione catastrofi­ca», ha avvertito Serraj. Il premier libico non esagera. Se il blocco dovesse prolungars­i, il pericolo è che l’ex regno di Gheddafi vada in pezzi, con conseguenz­e drammatich­e. Il greggio regge tutti gli equilibri, finanzia i meccanismi. Con i petro-dollari (ma anche i “gas dollari”) si pagano i miliziani. Si pagano i salari di un esercito di funzionari pubblici. Si forgiano le alleanze. Si illuminano le città (con il gas).

Certo, quella di Haftar è una decisione che rischia di ritorcersi contro di lui. Perché può controllar­e anche tutti i giacimenti e quasi tutti i porti del Paese. Ma non può vendere il greggio di propria iniziativa. In base alla Risoluzion­e 2362 del Consiglio di Sicurezza dell’Onu solo la Noc di Tripoli ha il potere di gestire le esportazio­ni di petrolio. Trasferend­o poi le rendite alla Banca centrale, che a sua volta le distribuis­ce ai due Governi rivali. L’embargo navale sembra aver funzionato bene, finora. Irritato, il Governo della Cirenaica sostiene che la distribuzi­one da parte della Banca centrale è tutt’altro che equa. E forse non ha nemmeno tutti i torti. Ma lasciare la Libia senza greggio è un grande rischio. Non c’è niente di peggio di sottrarre l’unica fonte di entrate in un Paese sommerso dalle armi.

La chiusura dei terminali petrolifer­i sta sottraendo alla Libia l’unica fonte di entrate

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