Caso Gregoretti, via libera della giunta: processo a Salvini con i voti della Lega
La maggioranza diserta Ora il dossier in Aula solo se lo chiedono venti senatori
Matteo Salvini si manda a processo da solo. La seduta della Giunta per le immunitàdelSenatohavistoieriserauna scena un po’ surreale: da una parte la maggioranza giallo-rossa, favorevole all’autorizzazione a procedere contro Matteo Salvini per il caso della nave Gregoretti (l’accusa del Tribunale dei ministri è sequestro di persona), che non ha votato disertando l’Aula; dall’altra la Lega, che naturalmente sarebbecontrariaall’autorizzazioneaprocedere contro il suo leader, che ha votato a favore. Alla fine contro hanno votato solo i rappresnetanti di Fi e di FdI, ma il conto è stato a favore del sì al processo.
Parti invertite, dunque. E qualcuno nel Palazzo ricorda il lontano 1987, quando la Dc impose le dimissioni di Bettino Craxi da Palazzo Chigi per non fargli gestire la campagna elettorale e il presidente della Repubblica Francesco Cossiga incaricò Amintore Fanfani (il VI) di formare un governo elettorale con la sola Dc e alcuni “tecnici”. Accusando l’alleato di falsità Craxi decise di votare sì la fiducia, e a quel punto fu il capogruppo alla Camera Mino Martinazzoli ad annunciare il no alla fiducia della Dc, contro il “suo” presidente del Consiglio, per evitare il possibile rinvio delle elezioni.
Anche ieri sulla questione calda dei migranti si è consumato un gioco delle parti invertite che ha per posta le elezioni in Emilia Romagna di domenica prossima. M5s, Pd, Iv e Leu avevano richiesto di rimandare il voto in Giunta proprio per non dare a Salvini il palcoscenico per poter recitare la parte del “martire” ma la richiesta è stata respinta la scorsa settimana con il voto decisivo della presidente azzurra del Senato Elisabetta Casellati. Da qui la protesta della maggioranza: disertare l’Aula. Il leader della Lega, diversamente da quanto accaduto durante il primo governo Conte sul caso Diciotti, ha a quel punto deciso di votare a favore del processo in vista del voto in Emilia Romagna - vestendo così la parte del difensore dei confini ingiustamente accusato - nella consapevolezza che comunque in Aula non ci sarebbe il numero per far passare il no (il no all’autorizzazione, a differenza del sì, deve passare con la maggioranza assoluta in base alla legge costituzionale 1 del 1989 e all’articolo 135 bis del regolamento del Senato). «Lo scrittore Giovannino Guareschi diceva che ci sono momenti in cui per arrivare alla libertà bisogna passare dalla prigione. Siamo pronti, sono pronto - ha detto ieri Salvini durante un comizio a Comacchio -. Scriverò “Le mie prigioni” come Silvio Pellico, faccio un nuovo format televisivo».
Che cosa accadrà ora? Entro i prossimi 30 giorni dovrebbe arrivare il voto dell’Aula, e Salvini ha già detto che anche in Aula i suoi senatori voteranno a favore. Dovrebbe. Perché un possibile esito di questa surreale vicenda è che alla fine l’Aula neanche si esprima: in caso di sì all’autorizzazione da parte della Giunta il regolamento del Senato prevede che il voto in Aula si svolge solo se lo richiedono 20 senatori, altrimenti vale il sì in Giunta. Certo, ci sono Fi e FdI che vogliono votare contro come già fatto ieri in Giunta, ma da qui a 30 giorni le cose potrebbero cambiare.