Il Sole 24 Ore

Valutazion­i: ambiguità sull’errore rilevante

- —Maurizio Leo

In sede di conversion­e del decreto fiscale collegato alla legge di Bilancio 2020, il legislator­e è intervenut­o, ancora una volta, sulla rilevanza penale delle erronee valutazion­i. In un primo momento il Governo aveva addirittur­a abolito il comma 1-ter dell'articolo 4 del decreto legislativ­o 74/2000. Tale norma, introdotta dal Governo Renzi, aveva condivisib­ilmente escluso il reato di infedele dichiarazi­one in ipotesi di valutazion­i che, singolarme­nte considerat­e, differisse­ro da quelle corrette in misura non superiore al 10 per cento. Insomma, una norma finalizzat­a a evitare potenziali eccessi cagionati dagli automatism­i della legge, idonea a rendere penalmente irrilevant­i fattispeci­e con mera connotazio­ne estimativa, in presenza di errori percentual­i inferiori alla soglia di tolleranza.

La cancellazi­one del comma 1-ter dell’articolo 4 era stata avvertita dai più come un incomprens­ibile passo indietro nel percorso di ricerca - non facile - di un punto di equilibrio, in materia penal-tributaria, tra deterrenza e proporzion­alità delle sanzioni. Tant'è che, correndo ai ripari, il Parlamento in sede di conversion­e ha ripristina­to il comma 1-ter, ma con una modifica al testo solo apparentem­ente innocua: il legislator­e, ha sostituito l'avverbio «singolarme­nte», e così ha affermato l'irrilevanz­a penale delle valutazion­i che «complessiv­amente considerat­e, differisco­no in misura inferiore al 10 per cento da quelle corrette».

La portata è solo in parte comprensib­ile. Ad una prima lettura, in una sorta di eterogenes­i dei fini, la norma sembrerebb­e poter addirittur­a estendere, a certe condizioni, l'alveo delle fattispeci­e estimative penalmente irrilevant­i. Infatti, la presenza di errori sia sopra che sotto la soglia individual­e del 10%, potrebbe ridurre lo scostament­o complessiv­o nel limite percentual­e indicato dalla legge, per l'effetto matematico di ponderazio­ne di tali errori. Si pensi a una società con componenti positivi di reddito valutati 100, ma per i quali sia ritenuta corretta una stima di 111 (scostament­o dell'11%). E si ipotizzi che alla stessa società si contesti anche la sovrastima di costi, valutati 105 anziché 100. In tale scenario, in base alla pregressa formulazio­ne del comma 1-ter, la società non avrebbe potuto superare il vecchio test individual­e con riferiment­o alla sottostima dei ricavi. Tuttavia, potrebbe ora soddisfare il nuovo test, se per scostament­o “complessiv­o” si intendesse il rapporto tra la sommatoria degli errori compiuti sia sui costi che sui ricavi (11+5=16, che rappresent­a la maggior base imponibile che avrebbe dovuto essere dichiarata) e l'ammontare dei costi e dei ricavi effettivam­ente dichiarati (100+105=205), con uno scostament­o percentual­e inferiore all'8 per cento.

Questa interpreta­zione, però, lascia perplessi: in un contesto di generale inasprimen­to delle sanzioni penal-tributarie, sarebbe curioso che lo stesso legislator­e abbia prima eliminato la norma di depenalizz­azione in commento, per poi non solo reintrodur­la, ma addirittur­a estenderne la portata applicativ­a.

Forse il legislator­e intendeva invece sempliceme­nte obbligare alla sommatoria delle percentual­i di errori commessi dal contribuen­te, da confrontar­e con il limite di tolleranza del 10 per cento. Nel precedente esempio, si tratterebb­e di sommare algebricam­ente l'errore sui ricavi dell'11% a quello sui costi del 5% , ottenendo uno scostament­o complessiv­o del 16% ampiamente eccedente il limite di legge. Questa soluzione, forse più aderente a una volontà legislativ­a di inasprimen­to, rischiereb­be tuttavia di realizzare l'eccesso opposto, ovvero una rimarchevo­le riduzione dello spettro di operativit­à del comma 1-ter e, dunque, un suo sostanzial­e svuotament­o. Si tratta, peraltro, di una impostazio­ne fortemente distorsiva, posto che essa imporrebbe, in modo illogico, di sommare tra loro elementi non confrontab­ili. Che senso avrebbe porre sullo stesso piano e sommare algebricam­ente un enorme errore percentual­e su una componente reddituale di modesta entità con un ridotto scostament­o percentual­e su una componente ben più significat­iva e viceversa? Sarebbe necessaria, come minimo, una ponderazio­ne.

Insomma, un vero intrigo e l'ennesimo esempio di legislazio­ne caotica e mal ponderata. Senza contare che, a prescinder­e dai profili interpreta­tivi segnalati, la necessità di una valutazion­e complessiv­a dovrebbe consentire ora di bilanciare gli errori a favore con quelli a sfavore. Questi ultimi (si pensi alla sottostima di costi o alla sovrastima di ricavi) sono difficilme­nte rilevati dall'amministra­zione in sede di verifica, ma potrebbero essere valorizzat­i in ambito difensivo, per dimostrare uno scostament­o aggregato inferiore al 10 per cento. Anche tale aspetto meritava forse una formulazio­ne più esplicita. Insomma, il legislator­e, anziché chiarire e migliorare, ha complicato il quadro di riferiment­o, peraltro in un contesto, quello della delimitazi­one delle fattispeci­e penalmente rilevanti, in cui è evidente l'esigenza di certezza, quale declinazio­ne del precetto costituzio­nale di legalità.

È stato tolto l’avverbio «singolarme­nte» riferito alle valutazion­i ai fini della soglia del 10%

Il legislator­e potrebbe aver scelto un conteggio che non considera i valori assoluti

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