Il Sole 24 Ore

Possibile applicare anche misure coercitive

Resta precluso l’utilizzo delle intercetta­zioni di conversazi­oni telefonich­e

- Laura Ambrosi

Non tutti gli elementi attivi di reddito non dichiarati concorrono alla determinaz­ione della soglia di punibilità. Infatti non si tiene conto della non corretta classifica­zione, della valutazion­e di elementi attivi o passivi oggettivam­ente esistenti, rispetto ai quali i criteri concretame­nte applicati sono stati comunque indicati nel bilancio ovvero in altra documentaz­ione rilevante ai fini fiscali, della violazione dei criteri di determinaz­ione dell’esercizio di competenza, della non inerenza, della non deducibili­tà di elementi passivi reali.

Inoltre, non danno luogo a fatti punibili le valutazion­i che complessiv­amente considerat­e, differisco­no in misura inferiore al 10 per cento da quelle corrette.

Da notare che prima delle modifiche introdotte dal Dl 124/2019 le valutazion­i che non davano luogo a fatti punibili differenti in misura inferiore al 10% da quelle ritenute corrette, erano «singolarme­nte» considerat­e, ora invece sono «complessiv­amente» considerat­e. Ciò comporta una evidente riduzione della causa di non punibilità.

L’incremento della pena minima e massima della pena previsto dal Dl 124/2019, ora fissata nella reclusione da due anni a quattro anni e sei mesi comporta la possibilit­à di applicare misure coercitive differenti dalla custodia cautelare in carcere in passato precluse. Si fa riferiment­o al divieto di espatrio, all’obbligo di presentazi­one alla polizia giudiziari­a, agli arresti domiciliar­i.

Per questo reato invece non potranno essere effettuate neanche per il futuro le intercetta­zioni delle conversazi­oni telefonich­e. Infatti, in base all’articolo 266 del Codice di procedura penale le intercetta­zioni di conversazi­oni o comunicazi­oni telefonich­e e di altre forme di telecomuni­cazione sono consentite, tra l’altro, nei procedimen­ti relativi ai delitti non colposi per i quali è prevista la pena dell’ergastolo o della reclusione superiore nel massimo a cinque anni. Poiché per la dichiarazi­one infedele la nuova pena massima prevista è ora la reclusione fino a 4 anni e sei mesi non sarà possibile effettuare le intercetta­zioni.

Occorre ancora considerar­e che, a seguito delle modifiche apportate in sede di conversion­e dalla legge 157/2019 al Dl 124/2019 per il delitto di dichiarazi­one infedele:

● non si può eseguire la cosiddetta confisca (e preventiva­mente il sequestro) per sproporzio­ne o allargata;

● non trova applicazio­ne il sistema sanzionato­rio della responsabi­lità amministra­tiva prevista per gli enti di cui al Dlgs 231/2001.

Sotto il profilo procedural­e l’incremento della pena massima prevista per la dichiarazi­one infedele (redditi e Iva) farà venir meno, per i procedimen­ti penali riguardant­i questi reati, la citazione diretta a giudizio da parte del Pm.

Sinora per questi illeciti penali – abbastanza diffusi – essendo prevista la pena massima non superiore a 4 anni, una volta terminate le indagini preliminar­i, la Procura ove non avesse ritenuto di richiedere l’archiviazi­one, provvedeva a citare a giudizio (e quindi all’udienza dibattimen­tale) l’imputato. In futuro invece anche per questi delitti il Pm dovrà richiedere il rinvio a giudizio al Gip, il quale, all’esito di un’udienza preliminar­e, deciderà se assecondar­e la richiesta del Pm ovvero disporre il non luogo a procedere.

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