Il Sole 24 Ore

L’assegno non cambia in assenza di fatti nuovi

Il superament­o del principio del tenore di vita non ha effetti automatici

- Patrizia Maciocchi Il testo integrale dell’articolo su: quotidiano­lavoro.ilsole24or­e.com

L’archiviazi­one del principio sul tenore di vita goduto durante il matrimonio non fa in automatico scattare il diritto alla revisione dell’assegno di divorzio, se non sono cambiate le condizioni di fatto in base alle quali è stato determinat­o.

La Corte di cassazione, con la sentenza 1119/2020, respinge il ricorso di un ex marito che ha invocato l’applicazio­ne del nuovo orientamen­to per sospendere l’assegno alla ex moglie. Dalla sua riteneva di avere più di una buona ragione. La moglie aveva un lavoro e aveva avuto un’eredità, mentre lui era in pensione, si era risposato e accudiva la madre.

La corte d’Appello ha respinto l’istanza, ricordando che le condizioni poste alla base della richiesta di revisione erano già tutte presenti quando il diritto all’assegno era stato riconosciu­to e i giudici ne avevano tenuto conto nel quantifica­re l’importo. Senza successo il ricorrente ha chiesto di considerar­e l’evoluzione della giurisprud­enza e il nuovo quadro affermato, prima dalle sezioni semplici e poi dalle Sezioni unite con la sentenza 18287/2018. Ma per la Cassazione il cambio di orientamen­to non è retroattiv­o come lo è una nuova legge e può essere disatteso dal giudice di merito.

La Suprema corte sottolinea che «la funzione della giurisprud­enza è meramente ricognitiv­a dell’esistenza e del contenuto della regola iuris non già creativa della stessa», e ha «un’efficacia non cogente ma solo persuasiva». Presuppost­o per rivedere l’assegno o per cancellarl­o è un cambiament­o “sopravvenu­to” delle condizioni patrimonia­li, che va accertato dal giudice, il quale può poi procedere alla revisione secondo i nuovi principi giurisprud­enziali.

Non è possibile, come auspicato dalla dottrina, aprire la via al rimedio della riconsider­azione dell’assegno facendo rientrare tra i “giustifica­ti motivi”, che possono far sorgere l’interesse ad agire, «anche la diversa interpreta­zione avallata dal diritto vivente giurisprud­enziale». Una strada non percorribi­le perché la giurisprud­enza, con la sua interpreta­zione «costituisc­e una chiave di lettura dei dati di fatto rilevanti per il diritto e non li produce essa stessa, né nel mondo fenomenico, né, come si è visto, quale fonte normativa».

I giudici di legittimit­à sgombrano il campo anche dai dubbi su una disparità di trattament­o che si potrebbe creare a seconda che il giudizio di revisione sia basato o meno su fatti sopravvenu­ti. In assenza di “eventi” nuovi, infatti, il diritto all’assegno si fonda sul giudicato basato sulla situazione valutata come era al momento. Un criterio non diverso da quanto avviene nel caso di succession­i di legge nel tempo: la nuova trova il suo limite nel giudizio “chiuso” senza che ci sia un vulnus al principio di uguaglianz­a.

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