Meningite, perché il batterio diventa cattivo e crea allarme
L’agente batterico è stabile, ma in casi di pressione immunologica sviluppa mutazioni genetiche che lo rendono virulento. Ecco come proteggersi
«Under Pressure». A chiazze, imprevedibili, compaiono in Italiaclusterdimeningitedameningococco con diversi casi concentrati in aree geografiche specifiche. Dopo la Toscana, qualche anno fa, ora sembra lavoltadellaLombardia.Malapressione legata a queste situazioni non è solo l’impegno per il Sistema Sanitario in chiave macroscopica. Anche nell’invisibile, infatti, le trasformazioni che portano un particolare ceppo batterico a essere tanto virulento hanno un significato nello scatenare il quadro epidemiologico.
A fronte di circa 200 casi annui di meningite da meningococco sul territorio nazionale, cifra sostanzialmente stabile,colpisceinfatticomevereeproprie micro-epidemie compaiano in tempi ridotti e in aree geografiche ristrette. «Una chiave di lettura è che il batterio,puressendosostanzialmente stabile, in caso di “pressione immunologica” (meccanismi di controllo immunitariodapartedell’ospite)mettain atto una serie di impercettibili trasformazionigenetichechelorendonoparticolarmente virulento, cui si vanno a sommareancheimutamenti“casuali” che possono avvenire nel patrimonio genetico del germe – spiega Giancarlo Icardi,coordinatoredelGruppoVaccini dellaSocietàItalianadiIgiene,Medicina Preventiva e Sanità Pubblica e docente di Igiene all’Università di Genova -. Sui casiinLombardianonabbiamoancora dati certi in proposito, ma per quanto accadutoinToscanasisachesièsviluppato un ceppo ipervirulento (ST11) che ha colonizzato e colonizza la gola di un certo numero di persone. Rispetto al batterio comune questo ceppo può assumere la capacità di oltrepassare con maggiorfacilitàlabarrieraematoencefalica e quindi determinare meningite esepsi.Ovviamentequestibatteri“trasformati” sono molto più rari di quelli comuni,maproprioperchéparticolarmente “cattivi” possono portare a un numero di casi più elevato».
Sia chiaro: i numeri rimangono sempre bassi, rispetto alla diffusione del meningococco nelle persone – mediamenteunindividuosudiecialberga nellapartealtadell’apparatorespiratorio il germe. Ma proprio questa virulenza eccessiva può “scardinare”- sia pure se con numeri sempre limitatissimiil blocco naturale che i batteri incontrano nell’organismo che li confina in questa sede, dove non danno problemi. «Il cluster, poi, si forma perché il germe patogeno può passare solo attraverso contatti stretti, e questo spiega perché l’intervento di sanità pubblica sia proprio mirato a limitare eventuali rischi in questa popolazione» fa notare Icardi. La vaccinazione, in questi casi, è utile sia per il singolo che per la comunità, perché in qualche modo consente di limitare il numero dei potenziali ospiti del meningococco, sia esso “mutato” o meno. Allo stesso modo, poi, sono importanti altre vaccinazioni per germi diversi, che possono provocare la meningite, come lo pneumococco e l’Haemophilus influenzae di tipo B: grazie alla profilassi vaccinale i casi di malattia (si veda la grafica) sono in continuo calo. Meno preoccupanti, in termini generali, sono invece le meningiti di origine virale. «In ogni caso quando compare un cluster di infezioni da meningococco, bisogna puntare sulle misure di controllo di sanità pubblica – sottolinea Daniel Fiacchini, coordinatore del Gruppo Tecnico Vaccini della Regione Marche -. Questo significa che l’attenzione si deve concentrare sui contatti diretti della persona che ha sviluppato la malattia: prima vanno rintracciati, poi debbono essere sottoposti ad antibiotico-terapia mirata e alla sorveglianza attiva, per vedere se nei dieci giorni seguenti il primo caso sviluppano sintomi».
Attenzione però: per contatti diretti si intendono persone che sono state davvero fianco a fianco per qualche tempo, magari a scuola o al lavoro, con chihasviluppatol’infezione.Nonbisogna insomma drammatizzare, fatta salva la realtà della virulenza del germe inquestione.Masoprattutto,nonbisogna pensare alla vaccinazione solo in caso di allarme. «Ciò che conta è che le vaccinazioni raccomandate siano effettuate: il ciclo per il meningococco B si chiude tra il 13esimo e il 15esimo mese di vita, quando si fa anche la prevenzione vaccinale per il meningococco C – ricorda Fiacchini -. Poi occorre proteggersi nell’adolescenza, tra i 12 e i 18 anni, con il vaccino quadrivalente che protegge contro i ceppi C, A, W, Y e può servire da richiamo per chi è stato vaccinato per il ceppo C. Questo dice la sanità pubblica, oltre a consigliare di preservare anche chi soffre di particolari malattie. Esagerare con le ansie, sulla spinta dell’emotività, non serve».