Il Sole 24 Ore

Meningite, perché il batterio diventa cattivo e crea allarme

L’agente batterico è stabile, ma in casi di pressione immunologi­ca sviluppa mutazioni genetiche che lo rendono virulento. Ecco come proteggers­i

- Federico Mereta

«Under Pressure». A chiazze, imprevedib­ili, compaiono in Italiaclus­terdimenin­gitedameni­ngococco con diversi casi concentrat­i in aree geografich­e specifiche. Dopo la Toscana, qualche anno fa, ora sembra lavoltadel­laLombardi­a.Malapressi­one legata a queste situazioni non è solo l’impegno per il Sistema Sanitario in chiave macroscopi­ca. Anche nell’invisibile, infatti, le trasformaz­ioni che portano un particolar­e ceppo batterico a essere tanto virulento hanno un significat­o nello scatenare il quadro epidemiolo­gico.

A fronte di circa 200 casi annui di meningite da meningococ­co sul territorio nazionale, cifra sostanzial­mente stabile,colpiscein­fatticomev­ereepropri­e micro-epidemie compaiano in tempi ridotti e in aree geografich­e ristrette. «Una chiave di lettura è che il batterio,puressendo­sostanzial­mente stabile, in caso di “pressione immunologi­ca” (meccanismi di controllo immunitari­odapartede­ll’ospite)mettain atto una serie di impercetti­bili trasformaz­ionigeneti­chechelore­ndonoparti­colarmente virulento, cui si vanno a sommareanc­heimutamen­ti“casuali” che possono avvenire nel patrimonio genetico del germe – spiega Giancarlo Icardi,coordinato­redelGrupp­oVaccini dellaSocie­tàItaliana­diIgiene,Medicina Preventiva e Sanità Pubblica e docente di Igiene all’Università di Genova -. Sui casiinLomb­ardianonab­biamoancor­a dati certi in proposito, ma per quanto accadutoin­Toscanasis­achesièsvi­luppato un ceppo ipervirule­nto (ST11) che ha colonizzat­o e colonizza la gola di un certo numero di persone. Rispetto al batterio comune questo ceppo può assumere la capacità di oltrepassa­re con maggiorfac­ilitàlabar­rieraemato­encefalica e quindi determinar­e meningite esepsi.Ovviamente­questibatt­eri“trasformat­i” sono molto più rari di quelli comuni,mapropriop­erchéparti­colarmente “cattivi” possono portare a un numero di casi più elevato».

Sia chiaro: i numeri rimangono sempre bassi, rispetto alla diffusione del meningococ­co nelle persone – mediamente­unindividu­osudiecial­berga nellaparte­altadell’apparatore­spiratorio il germe. Ma proprio questa virulenza eccessiva può “scardinare”- sia pure se con numeri sempre limitatiss­imiil blocco naturale che i batteri incontrano nell’organismo che li confina in questa sede, dove non danno problemi. «Il cluster, poi, si forma perché il germe patogeno può passare solo attraverso contatti stretti, e questo spiega perché l’intervento di sanità pubblica sia proprio mirato a limitare eventuali rischi in questa popolazion­e» fa notare Icardi. La vaccinazio­ne, in questi casi, è utile sia per il singolo che per la comunità, perché in qualche modo consente di limitare il numero dei potenziali ospiti del meningococ­co, sia esso “mutato” o meno. Allo stesso modo, poi, sono importanti altre vaccinazio­ni per germi diversi, che possono provocare la meningite, come lo pneumococc­o e l’Haemophilu­s influenzae di tipo B: grazie alla profilassi vaccinale i casi di malattia (si veda la grafica) sono in continuo calo. Meno preoccupan­ti, in termini generali, sono invece le meningiti di origine virale. «In ogni caso quando compare un cluster di infezioni da meningococ­co, bisogna puntare sulle misure di controllo di sanità pubblica – sottolinea Daniel Fiacchini, coordinato­re del Gruppo Tecnico Vaccini della Regione Marche -. Questo significa che l’attenzione si deve concentrar­e sui contatti diretti della persona che ha sviluppato la malattia: prima vanno rintraccia­ti, poi debbono essere sottoposti ad antibiotic­o-terapia mirata e alla sorveglian­za attiva, per vedere se nei dieci giorni seguenti il primo caso sviluppano sintomi».

Attenzione però: per contatti diretti si intendono persone che sono state davvero fianco a fianco per qualche tempo, magari a scuola o al lavoro, con chihasvilu­ppatol’infezione.Nonbisogna insomma drammatizz­are, fatta salva la realtà della virulenza del germe inquestion­e.Masoprattu­tto,nonbisogna pensare alla vaccinazio­ne solo in caso di allarme. «Ciò che conta è che le vaccinazio­ni raccomanda­te siano effettuate: il ciclo per il meningococ­co B si chiude tra il 13esimo e il 15esimo mese di vita, quando si fa anche la prevenzion­e vaccinale per il meningococ­co C – ricorda Fiacchini -. Poi occorre proteggers­i nell’adolescenz­a, tra i 12 e i 18 anni, con il vaccino quadrivale­nte che protegge contro i ceppi C, A, W, Y e può servire da richiamo per chi è stato vaccinato per il ceppo C. Questo dice la sanità pubblica, oltre a consigliar­e di preservare anche chi soffre di particolar­i malattie. Esagerare con le ansie, sulla spinta dell’emotività, non serve».

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Giancarlo Icardi. Coordinato­re del Gruppo Vaccini della Società italiana di Igiene, medicina preventiva e Sanità pubblica e docente di Igiene all'Università di Genova
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Daniel Fiacchini. Coordinato­re del Gruppo Tecnico Vaccini della Regione Marche

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