Di Maio pronto al passo indietro Ipotesi Crimi reggente
Ieri due parlamentari passati al Misto e altri quattro preparano l’addio Raggi bocciata sulla nuova discarica a Roma: 12 M5s votano con l’opposizione
Crescono in Parlamento le voci su un passo indietro di Di Maio da capo politico del M5S: l’annuncio potrebbe arrivare oggi. L’ipotesi Crimi reggente fino a marzo. Intanto altri due deputati hanno lasciato il M5s. Spaccatura anche a livello locale: a Roma 12 consiglieri hanno votato contro Raggi sulla nuova discarica.
Il passo indietro era nell’aria da settimane: meditato, ma finora sempre smentito. E invece, a sorpresa, Luigi Di Maio potrebbe comunicarlo stamattina alle 10 ai suoi ministri e sottosegretari convocati nella sala della Biblioteca Chigiana, a Palazzo Chigi. Per poi annunciarlo durante la presentazione pubblica dei facilitatori regionali, prevista nel pomeriggio. Tutto ad appena quattro giorni dalle elezioni in Emilia Romagna e in Calabria.
Sullo scenario successivo non c’è certezza. In caso di vacatio, spetta da statuto al componente anziano del comitato di garanzia, Vito Crimi, assumere le funzioni di reggente almeno fino agli stati generali del Movimento, in programma dal 13 al 15 marzo. Ma non si esclude l’istituzione contemporanea di un “comitato dei saggi” che in questi due mesi sia incaricato di lavorare alla futura struttura del partito.
La decisione di Di Maio, che ha sentito sia Beppe Grillo sia Davide Casaleggio, è maturata nel corso dell’ennesima giornata nera per i Cinque Stelle, con altri due deputati passati al gruppo Misto, Nadia Aprile e Michele Nitti, che hanno tuonato contro la «deriva autoritativa» del M5S. Allo stesso tempo, nella Capitale, la sindaca Virginia Raggi andava in minoranza nell’Aula consiliare, dove ben dodici consiglieri pentastellati hanno votato con le opposizioni una mozione per sconfessare la scelta della giunta di aprire la nuova discarica di Roma a Monte Carnevale, nella Valle Galeria. Anche se una successiva riunione di maggioranza ha ribadito piena fiducia nella prima cittadina, l’incidente ha contribuito a consegnare l’immagine di un Movimento in frantumi, dai territori al nazionale. Trentuno i parlamentari persi dall’inizio della legislatura, 13 soltanto negli ultimi due mesi, tra espulsioni e addii spontanei. Altri potrebbero arrivarne già oggi: si parla di quattro deputati pronti a migrare nel Misto. È lì che l’ex ministro dell’Istruzione, Lorenzo Fioramonti, lavora a Eco, la sua nuova creatura politica ambientalista, accarezzando l’idea di radunare i venti deputati necessari a costituire un gruppo autonomo.
Le polemiche hanno esasperato Di Maio, che si è sentito sotto assedio. Non ha nascosto l’ira, bollando le critiche come «coltellate». Ma persino i ministri più distanti dalla linea dimaiana quelli come Federico D’Incà e Stefano Patuanelli, convinti che non ci sia più spazio per un Movimento «ago della bilancia» e che il partito vada traghettato con decisione in un fronte progressista “largo” insieme al Pd - non si attendevano il passo di lato prima del test emiliano. Per questo ieri circolavano le interpretazioni più disparate, alimentate anche dal silenzio del suo staff, chiuso in riunione per ore. Non manca chi sospetta che, sondaggi alla mano, Di Maio si sia convinto che in Emilia possa vincere la Lega di Matteo Salvini e che sia dunque pronto a far saltare il tavolo del Governo per andare a elezioni e tornare ad allearsi con il numero uno del Carroccio. Anche a costo di portare il M5S a una scissione. Altri big non sono dello stesso avviso. «Saranno gli stati generali a definire la prossima struttura del Movimento - affermano fonti parlamentari - e si tratterà di un organismo collegiale. L’Esecutivo non rischia».
Ma le acque agitate preoccupano eccome il premier Giuseppe Conte e gli alleati. «Non mi fa piacere se Di Maio lascia la guida del M5S», ha commentato il segretario dem Nicola Zingaretti a Porta a Porta. Aggiungendo che «non si può governare da avversari» e che i Cinque Stelle sottovalutano l’impatto del «non volere ammettere che di fronte a un centrodestra organizzato non si può dire che Zingaretti e Salvini siano la stessa cosa: non rafforza l’alleanza».