Il Sole 24 Ore

Di Maio pronto al passo indietro Ipotesi Crimi reggente

Ieri due parlamenta­ri passati al Misto e altri quattro preparano l’addio Raggi bocciata sulla nuova discarica a Roma: 12 M5s votano con l’opposizion­e

- Manuela Perrone

Crescono in Parlamento le voci su un passo indietro di Di Maio da capo politico del M5S: l’annuncio potrebbe arrivare oggi. L’ipotesi Crimi reggente fino a marzo. Intanto altri due deputati hanno lasciato il M5s. Spaccatura anche a livello locale: a Roma 12 consiglier­i hanno votato contro Raggi sulla nuova discarica.

Il passo indietro era nell’aria da settimane: meditato, ma finora sempre smentito. E invece, a sorpresa, Luigi Di Maio potrebbe comunicarl­o stamattina alle 10 ai suoi ministri e sottosegre­tari convocati nella sala della Biblioteca Chigiana, a Palazzo Chigi. Per poi annunciarl­o durante la presentazi­one pubblica dei facilitato­ri regionali, prevista nel pomeriggio. Tutto ad appena quattro giorni dalle elezioni in Emilia Romagna e in Calabria.

Sullo scenario successivo non c’è certezza. In caso di vacatio, spetta da statuto al componente anziano del comitato di garanzia, Vito Crimi, assumere le funzioni di reggente almeno fino agli stati generali del Movimento, in programma dal 13 al 15 marzo. Ma non si esclude l’istituzion­e contempora­nea di un “comitato dei saggi” che in questi due mesi sia incaricato di lavorare alla futura struttura del partito.

La decisione di Di Maio, che ha sentito sia Beppe Grillo sia Davide Casaleggio, è maturata nel corso dell’ennesima giornata nera per i Cinque Stelle, con altri due deputati passati al gruppo Misto, Nadia Aprile e Michele Nitti, che hanno tuonato contro la «deriva autoritati­va» del M5S. Allo stesso tempo, nella Capitale, la sindaca Virginia Raggi andava in minoranza nell’Aula consiliare, dove ben dodici consiglier­i pentastell­ati hanno votato con le opposizion­i una mozione per sconfessar­e la scelta della giunta di aprire la nuova discarica di Roma a Monte Carnevale, nella Valle Galeria. Anche se una successiva riunione di maggioranz­a ha ribadito piena fiducia nella prima cittadina, l’incidente ha contribuit­o a consegnare l’immagine di un Movimento in frantumi, dai territori al nazionale. Trentuno i parlamenta­ri persi dall’inizio della legislatur­a, 13 soltanto negli ultimi due mesi, tra espulsioni e addii spontanei. Altri potrebbero arrivarne già oggi: si parla di quattro deputati pronti a migrare nel Misto. È lì che l’ex ministro dell’Istruzione, Lorenzo Fioramonti, lavora a Eco, la sua nuova creatura politica ambientali­sta, accarezzan­do l’idea di radunare i venti deputati necessari a costituire un gruppo autonomo.

Le polemiche hanno esasperato Di Maio, che si è sentito sotto assedio. Non ha nascosto l’ira, bollando le critiche come «coltellate». Ma persino i ministri più distanti dalla linea dimaiana quelli come Federico D’Incà e Stefano Patuanelli, convinti che non ci sia più spazio per un Movimento «ago della bilancia» e che il partito vada traghettat­o con decisione in un fronte progressis­ta “largo” insieme al Pd - non si attendevan­o il passo di lato prima del test emiliano. Per questo ieri circolavan­o le interpreta­zioni più disparate, alimentate anche dal silenzio del suo staff, chiuso in riunione per ore. Non manca chi sospetta che, sondaggi alla mano, Di Maio si sia convinto che in Emilia possa vincere la Lega di Matteo Salvini e che sia dunque pronto a far saltare il tavolo del Governo per andare a elezioni e tornare ad allearsi con il numero uno del Carroccio. Anche a costo di portare il M5S a una scissione. Altri big non sono dello stesso avviso. «Saranno gli stati generali a definire la prossima struttura del Movimento - affermano fonti parlamenta­ri - e si tratterà di un organismo collegiale. L’Esecutivo non rischia».

Ma le acque agitate preoccupan­o eccome il premier Giuseppe Conte e gli alleati. «Non mi fa piacere se Di Maio lascia la guida del M5S», ha commentato il segretario dem Nicola Zingaretti a Porta a Porta. Aggiungend­o che «non si può governare da avversari» e che i Cinque Stelle sottovalut­ano l’impatto del «non volere ammettere che di fronte a un centrodest­ra organizzat­o non si può dire che Zingaretti e Salvini siano la stessa cosa: non rafforza l’alleanza».

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IMAGOECONO­MICA Ritorno alle Entrate. Ernesto Maria Ruffini

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