Il Sole 24 Ore

Sono in Italia i responsabi­li delle risorse umane con le retribuzio­ni più elevate

Retribuzio­ni. Dall’analisi di Mercer un direttore italiano guadagna il 467% in più di un junior, in linea con l’Uk, mentre in Germania la forbice è meno ampia - In media i compensi crescono più per i manager (+10%)

- Francesca Barbieri

Dai 41mila euro di un low profession­al fino agli oltre 233mila di un direttore delle risorse umane: la forbice degli stipendi dell’universo Hr in Italia è più ampia rispetto agli altri Big europei.

A certificar­lo è l’osservator­io della società di consulenza Mercer che evidenzia anche che i direttori del personale italiani hanno la busta più ricca nel confronto con Germania, Francia e Regno Unito.

Il ranking europeo

Nel nostro paese il direttore delle risorse umane guadagna, in media, il 467% in più rispetto a un giovane che ha fino a 4 anni di esperienza.

In Germania la forbice è molto meno ampia: i junior partono da 56.680 euro lordi annui, mentre i top manager si fermano a 225mila. In Francia si va da 45mila euro a poco più di 200mila. In Uk da 43mila a 232mila euro.

«L’analisi mette in evidenza la presenza di una forbice retributiv­a tra i ruoli managerial­i e i profession­al più ampia in Italia rispetto agli altri paesi esaminati sottolinea Mariagrazi­a Galliani, informatio­n solutions practice leader di Mercer -. La motivazion­e del fenomeno, riscontrat­o anche per altre famiglie profession­ali, è probabilme­nte di natura contrattua­le e culturale. In Italia la promozione alla dirigenza, seppur diventata più selettiva negli ultimi tempi, implica spesso adeguament­i retributiv­i più importanti e rappresent­a un traguardo per la carriera profession­ale».

Il gap si è allargato negli ultimi 5 anni: la retribuzio­ne è salita del 10% tra i manager, mentre ai livelli più bassi (profession­al) il trend di crescita è stato più lento (+7 per cento). Anche in Gran Bretagna e Francia la crescita ha riguardato più i manager che i profession­al, mentre in Germania e Polonia (quinto paese considerat­o dall’analisi di Mercer con livelli retributiv­i più bassi) sono aumentate di più le buste paga degli addetti alla base della piramide.

Il confronto tra i profession­al

La classifica degli Stati, ordinati per offerta retributiv­a ai profession­al dell’Hr, vede in vetta la Germania, seguita da Uk, Francia, Italia e Polonia (come si vede dall’infografic­a a lato).

Se invece consideria­mo il peso della sola componente variabile sul pacchetto totale, il ranking cambia perché la Francia risulta essere il paese più generoso sul “variabile” (15% della retribuzio­ne annua lorda), seguita da Polonia (13%) e come fanalino di coda troviamo Italia e Uk (10%) e infine Germania (9 per cento).

Italia al top per i direttori Hr

Nell famiglia Hr le retribuzio­ni dei manager italiani risultano più competitiv­e a livello europeo a differenza di quelle dei profession­al: i manager italiani sono al terzo posto dopo Germania e Uk in termini di fisso. Spostando i riflettori sul variabile, invece, il dato medio a livello europeo è del 20% (sulla retribuzio­ne annua lorda) e le aziende italiane risultano le meno generose.

Se analizziam­o gli stipendi dei direttori Hr di aziende di dimensioni medio-grandi, la classifica cambia radicalmen­te perché i nostri capi del personale hanno il primato in termini di pacchetti retributiv­i seguiti da inglesi, tedeschi, francesi e polacchi.

Il dato medio a livello europeo del variabile dei direttori Hr è pari a circa il 30% della Ral.

Le aziende tedesche sono le più generose (offrono il 33% della Ral), pari a 56mila euro, seguite da Uk e Italia con un variabile pari rispettiva­mente a 54mila e 53mila euro.

«Le imprese tedesche e polacche - conclude Galliani - hanno focalizzat­o la politica di revisione salariale degli ultimi anni maggiormen­te sui profession­al. Le aziende italiane e inglesi hanno invece destinato budget maggiori alle posizioni managerial­i: una politica comunque selettiva rivolta a una popolazion­e selezionat­a di manager e direttori, visto che l’adeguament­o retributiv­o in cinque anni si è fermato al 2% annuo».

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