Il Sole 24 Ore

BTp, la fame di rendimento compensa il rischio politico

I 90 miliardi di acquisti netti di titoli italiani dall’estero tra gennaio e novembre 2019 ribilancia­no i 92,6 miliardi di vendite nette tra maggio e dicembre 2018

- Andrea Franceschi

Titoli di Stato.

Il rilancio del piano di Quantitati­ve easing della Bce è stato l’evento chiave sui mercati obbligazio­nari europei nel 2019. Come spesso avviene, gli investitor­i hanno giocato d’anticipo scommetten­do sui bond prima che le misure fossero annunciate come dimostrano i minimi storici toccati da buona parte dei bond governativ­i dell’Eurozona ad agosto. Poi, a cose fatte, sono scattati i realizzi e nell’ultimo trimestre sono partiti gli storni sull’obbligazio­nario. I BTp, che in estate erano stati tra i principali beneficiar­i del rally anche sulla spinta dell’uscita della Lega euroscetti­ca dalla maggioranz­a di governo, hanno risentito dell’ondata di vendite come dimostra la risalita di rendimenti e spread. Eppure, nonostante lo storno e nonostante il rischio politico in vista delle elezioni regionali sia tornato a tenere banco, i titoli italiani continuano ad essere molto gettonati dagli investitor­i. Lo dimostra il boom di domanda al collocamen­to di sindacato del titolo trentennal­e piazzato la scorsa settimana con richieste per 47 miliardi di euro a fronte di un ammontare collocato di 7 miliardi, lo conferma un livello di spread relativame­nte basso (ieri 162 punti, rendimento del decennale all’1,37%). Ma anche gli acquisti di BTp da parte di investitor­i esteri: in un mese come novembre 2019 in cui lo spread è risalito oltre i 160 punti si sono registrati acquisti netti per 4,3 miliardi, ha certificat­o Bankitalia. Da gennaio a novembre 2019 - rileva Unicredit - ci sono stati 90 miliardi di acquisti netti di BTp dall’estero. Numeri che, a conti fatti, controbila­nciano i pesanti deflussi (92 miliardi) registrati nel 2018 quando, per via dei rischi correlati all’agenda di politica economica dell’esecutivo Lega-5stelle, si registraro­no oltre 92 miliardi di vendite nette di titoli italiani dall’estero tra maggio e dicembre.

Al netto dell’incognita politica il contesto di mercato resta favorevole anche per via dell’evoluzione del quadro internazio­nale come spiega a Il Sole 24 Ore Bruce Kasman, capoeconom­ista di Jp Morgan: «Le prospettiv­e per l’economia globale sono migliorate - sottolinea - e ci aspettiamo una ripresa dell’attività industrial­e. L’Italia, in quanto economia a trazione manifattur­iera vocata all’export, dovrebbe trarre beneficio da questo scenario». Alla luce del migliorame­nto del ciclo e del contesto di politica monetaria accomodant­e l’economista crede che il riposizion­amento degli investitor­i esteri sul debito italiano possa consolidar­si anche nei mesi a venire: in un mercato, quello dei bond denominati in euro, ancora dominato dai titoli a rendimento negativo i redditizi BTp rappresent­ano un’eccezione e ciò li rende particolar­mente appetiti in un mercato che ha fame di rendimenti.

Fattore chiave resterà la politica monetaria. Gli investitor­i sono piuttosto unanimi nel credere che la Bce a guida Lagarde proseguirà ancora a lungo sulla strada dello stimolo monetario aperta da Draghi nonostante le prospettiv­e non siano più fosche come nel 2019. «L’economia europea - spiega Yoram Lustig, gestore di T. Rowe Price - continua ad essere soggetta a pressioni deflazioni­stiche alimentate da fattori come l’invecchiam­ento della popolazion­e o la rivoluzion­e tecnologic­a. La politica monetaria in Europa e nel resto del mondo è destinata a mantenersi espansiva ancora per molto tempo ancora».

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REUTERS Francofort­e. Lo skyline della città tedesca con la sede della Banca centrale europea: il rilancio del piano di Quantitati­ve easing ha influenzat­o il mercato obbligazio­nario del continente
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Davos. Per il ceo di Intesa «L’Italia è un paese molto forte, ha fondamenta­li talmente solidi a prescinder­e da chiunque ci governi: l’Italia dovrebbe avere
uno spread inferiore a 100»
Messina a Davos. Per il ceo di Intesa «L’Italia è un paese molto forte, ha fondamenta­li talmente solidi a prescinder­e da chiunque ci governi: l’Italia dovrebbe avere uno spread inferiore a 100»

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