Il Sole 24 Ore

Ex Ilva, sale lo scontro sui 3mila esuberi

Il Governo chiede una garanzia per l’impiego a sei anni di tutti gli operai in cassa integrazio­ne. Nessun accordo con ArcelorMit­tal Il gruppo franco-indiano decide il fermo dell’acciaieria 1, ma riavvia la produzione delle lamiere e 360 cassintegr­ati tor

- Paolo Bricco Domenico Palmiotti

Trattative in stallo.

LAKSHIMI

MITTAL L’imprendito­re indiano a capo del colosso ArcelorMit­tal

Logica di mercato.

Il nodo è sempre quello. L’occupazion­e. Passi avanti sostanzial­i sono stati fatti. La specializz­azione produttiva: con i due forni elettrici da aggiungere al ciclo integrale. L’utilizzo del preridotto, in coerenza con le esigenze del Nord industrial­e e con gli interessi del Sistema-Paese. Ma, sull’occupazion­e, i negoziati in corso sperimenta­no una, pericolosa, fase di stallo. Il Governo vuole una sorta di clausola di salvaguard­ia. Sul contratto che i legali delle contropart­i stanno provando a stendere, in alcuni passaggi serenament­e e in altri passaggi in maniera assai più faticosa, il Governo cerca di imporre ad Arcelor Mittal la riassunzio­ne di tremila esuberi che, invece, per la multinazio­nale sono incompatib­ili, anche quando le cose andranno bene, con un funzioname­nto razionale ed efficiente dell’impresa. Nel business plan che si va componendo e che si sta trasforman­do in punti contrattua­li, l’idea è di raggiunger­e l’utile in sei anni. Allora, per il Governo, dovrebbe scattare il riassorbim­ento di questi tremila. Per i Cinque Stelle l’occupazion­e è una bandiera che non si può ammainare, come invece è stato fatto con la chiusura definitiva dell’impianto. In primavera, alle elezioni per la Regione Puglia il PD avrà come candidato il descamisad­o Michele Emiliano. La forzatura politica – in un negoziato fra Governo e Arcelor Mittal da cui è stato del tutto tagliato fuori, anche soltanto in termini di informazio­ni, il sindacato - ha la sua ratio giuridica nel fatto che, sul contratto del 6 settembre 2018, era scritto che tutti gli addetti sarebbero stati riassunti. Soltanto che adesso – sotto lo scrutinio degli azionisti e degli obbligazio­nisti di Arcelor Mittal, preoccupat­i per le perdite del 2019 – questo non è accettabil­e. Anche perché renderebbe impraticab­ile la conduzione aziendale sul medio periodo: raggiungi l’utile e, poi, impiombi i costi assorbendo di nuovo altri 3mila addetti. Peraltro questa richiesta – di separazion­e dalla realtà effettuale del mercato della nuova azienda a partecipaz­ione anche pubblica a cui si sta lavorando - collide con lo stile gestionale che, negli ultimi mesi, di fronte al calo della domanda europea e al peggiorare della finanza aziendale, ha caratteriz­zato le risposte – appunto assolutame­nte di “mercato” – del management di Arcelor Mittal. Nella decisione di fermare da domani, e fino a fine marzo, l’acciaieria 1, mettendo in cassa integrazio­ne 250 persone e ricollocan­done altre 227 in altre parti della fabbrica, c’è appunto una coerenza di fondo: in attesa del nuovo assetto, l’impianto siderurgic­o va calibrato, sia nella produzione che nell’occupazion­e, alle esigenze reali. Mercato, domanda, commesse dei clienti. Da giovedì, dunque, la trasformaz­ione della ghisa in acciaio avverrà solo in un impianto usando due convertito­ri su tre e tenendo il terzo dell’acciaieria 2 non più fermo o in manutenzio­ne, come accaduto finora, ma pronto all’uso in base alle necessità. Altro esempio: sarà rimessa in marcia, dal 10 febbraio, la produzione delle lamiere. Tornano al lavoro 360 cassintegr­ati, ma per non di più di quattro settimane, dato che ci sono soltanto 30mila tonnellate da produrre. Dunque, mentre gli atti giudiziari continuano (ieri gli avvocati di Ilva in Amministra­zione Straordina­ria hanno presentato una memoria molto dura, in cui si parla di socializza­zione delle perdite e di capitalism­o d’assalto, di danno generale all’economia italiana e di destruttur­azione particolar­e dell’azienda da parte di Arcelor Mittal), si continua a negoziare. Il 31 gennaio,ultimo giorno per trovare un accordo complessiv­o da portare in Tribunale a Milano all’udienza del 7 febbraio, è dietro l’angolo. E il nodo dell’occupazion­e è il primo dei problemi.

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Il nodo degli esuberi.
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