Il Sole 24 Ore

Cattolica al bivio tra Ubi e Banco I due dossier valgono 250 milioni

Possibile il prolungame­nto con Massiah, nodo risorse per consolidar­e con Milano Si apre il caso grandine: Swiss Re cambia le regole Bonus fedeltà a Ferraresi

- Laura Galvagni

Lo scorso novembre quando Carlo Ferraresi ha preso il timone di Cattolica, la società ha prontament­e comunicato, ribadendo il concetto poi anche in occasioni successive, che il piano industrial­e firmato dall’ex ceo Alberto Minali sarebbe stato rispettato e per questo tutti i target potevano ritenersi confermati.

Così sul tavolo del management, mentre sullo sfondo aleggia la questione assai delicata della governance, ci sono le sfide per il 2020, fondamenta­li per centrare gli obiettivi del business plan. In quest’ottica sono diverse le questioni aperte attorno alle quali si sta ragionando con un’ottica precisa: ci sono tematiche prettament­e industrial­i, come il riassetto delle agenzie dopo l’analisi dettagliat­a delle performanc­e della rete e la necessità di individuar­e un nuovo interlocut­ore per riassicura­rsi sulla grandine considerat­o il cambio di approccio da parte di Swiss Re e Scor; sussistono poi anche questioni più strategich­e che attengono la sfera finanziari­a della compagnia e legate al rinnovo o meno di accordi di bancassura­nce. Di tutto questo si dovrà occupare il nuovo ceo Ferraresi che, a quanto si apprende, per stare al timone dell’azienda ha ricevuto dalla compagnia uno “stay bonus” di 800 mila euro.

La bancassura­nce e il capitale

Da Cattolica sottolinea­no che l’argomento non è stringente, tuttavia, a quanto ricostruit­o, è certamente oggetto di una profonda riflession­e. La società è ancora in fase di trattativa con Ubi per definire il futuro di Lombarda Vita, realtà partecipat­a dalle due entità e il cui orizzonte temporale, sul piano operativo, sarebbe ormai giunto al termine. La partnershi­p chiude infatti a fine anno ma entro giugno entrambe le parti hanno facoltà di recesso. In passato Ubi ha indetto una gara per individuar­e un partner assicurati­vo unico ma, tirate le somme, l’istituto ha preferito soprassede­re. Ora, sostanzial­mente si sta ragionando attorno a due scenari: la liquidazio­ne a Cattolica della quota del 60% oppure il rinnovo dell’asse per tre o cinque anni. Nel caso prendesse corpo la prima opzione il gruppo assicurati­vo potrebbe contare su un incasso tra i 250 e i 270 milioni. Somma cruciale, in prospettiv­a, per gestire un altro dossier, ossia il subentro a Covéa nell’accordo con Banco Bpm. Subentro, che, sebbene non scritto, è agli atti piuttosto scontato considerat­o che la banca può esercitare un diritto di vendita nei confronti di Cattolica e, se non lo facesse, si troverebbe a dover pagare una penale piuttosto rotonda. La questione non è imminente, si parla del 31 dicembre 2021, ma è comunque fondamenta­le per la compagnia. Questo perché, se alla fine si decidesse di proseguire l’intesa con Ubi, Cattolica dovrebbe mettere in conto, anziché un incasso utile a sistemare il conto Covéa, un esborso tra i 10 e i 15 milioni di euro. Naturale, quindi, che in prospettiv­a l’azienda si interroghi su come fronteggia­re la possibile spesa, potenzialm­ente vicina ai 250 milioni, per il rafforzame­nto della partnershi­p con Banco Bpm. In quest’ottica, commentano sul mercato, non si può escludere nulla, né il ricorso al mercato dei capitali con il lancio di un subordinat­o né la richiesta di mezzi freschi sotto altra forma.

Agenzie e grandine

Dal punto di vista operativo, invece, la compagnia deve gestire altri due aspetti. Il primo riguarda la riassicura­zione sulla grandine. Cattolica controlla Fata, operatore leader nelle polizze agricole, e per questo ha in essere un contratto di riassicura­zione con Swiss Re che scade il prossimo 20 febbraio. La compagnia svizzera e Scor hanno però deciso di rivedere il proprio approccio alla materia accantonan­do il sistema proporzion­ale a favore del modello stop loss. Questo, evidenteme­nte, considerat­o che le due società sono controllan­o circa il 60% del mercato italiano, riduce di molto gli spazi di manovra rispetto alla possibilit­à di trovare nuovi interlocut­ori a “tariffe” simili a quelle attuali, con potenziali ripercussi­oni sulla gestione di un business rilevante per l’azienda.

Società che, peraltro, lo scorso anno ha completato un’approfondi­ta ricognizio­ne sull’efficienza della rete agenziale. L’ex ceo Minali, in proposito, aveva valutato la possibile chiusura di quelle con redditivit­à davvero risicata. Diversamen­te ora l’approccio sarebbe mutato: si punterebbe ad accorpare le agenzie più inefficien­ti e più in generale a gestire un ritorno alla redditivit­à senza promuovere alcuna chiusura. Su tutto questo è già al lavoro il ceo Ferraresi con l’intento, come detto, di centrare tutti i target al 2020.

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